Il prezzo del grano cala, pane e pasta aumentano… Scandaloso? No, endemico di un mercato non libero e fiscalmente oppresso

Vincenzo Donvito, presidente Aduc

E' “scandaloso” che il dimezzamento del prezzo del grano dall'inizio dell'anno, oltre ad aver provocato una situazione drammatica nelle campagne dove non si riescono piu' a coprire i costi della coltivazione, “non abbia portato alcun beneficio ai consumatori di pane e pasta che hanno registrato aumenti vertiginosi”. E' quanto afferma la Coldiretti in occasione del World Pasta Day: “La situazione e' drammatica con il grano tenero che e' sceso sotto i 16 euro per quintale e quello duro sotto i 22 euro per quintale, valori che non consentono di coprire i costi di produzione in forte ascesa (+56% in un anno per i concimi). A differenza si continua a registrare secondo l'Istat a settembre un record di aumenti della pasta (+24,9%) che ha raggiunto valori medi di 1,6 euro al chilo”.
A noi sembra tutt'altro che scandaloso. Sara' che siamo abituati col prezzo della benzina, che segue il livello del barile di petrolio solo quando questo aumenta, ma l'allarme della Coldiretti ci sembra un po' troppo generico e spuntato per una qualche soluzione tangibile. A noi sembra, infatti, sintomatico di una economia e del rapporto rapace che produttori, mediatori e controllori hanno verso di essa.
I primi due (produttori e mediatori), salvo rare eccezioni, concepiscono il consumatore finale come un pollo da spennare: tutti i vantaggi che hanno quando -per l'appunto- i prezzi dei prodotti sui mercati internazionali calano, li utilizzano solo per il loro guadagno immediato. Non si rendono conto che solidita', continuita' e profitto di un'azienda e di un'attivita' non e' dovuto al presunto guadagno copioso in un certo periodo piu' o meno fortunato, ma dalla solidita' che ne deriva con l'affezione e la conquista dei consumatori; affezione e conquista che deve esser tale in tutti i periodi, da quelli magri a quelli grassi.
Il terzo (i controllori, cioe' lo Stato), pur rendendosi conto di guadagnare percentualmente anche su prezzi gonfiati a dismisura, dilaniato da eterni ammanchi e buchi per la propria incapcaita', persegue solo l'obiettivo di un maggiore introito fiscale. E cosa c'e' di meglio di un costo finale che cresce, visto che i propri introiti sono percentualmente commisurati alla crescita? Stato che, schizofrenicamente, si straccia le vesti per la crescita continua di un'evasione fiscale che, invee, e' proprio lui ad alimentare non commisurando la propria presenza al domanda e offerta del mercato. Lo Stato, poi, ogni tanto elargisce a pioggia e si illude che produttori e consumatori divengano sudditi… ma cresce solo furbizia e l'evasione.
Un guazzabuglio, quindi, in cui l'allarme della Coldiretti, al di la' di suscitare l'attenzione per la piu' che evidente anomalia tra prezzi alla produzione e al dettaglio, rimane li'. A nostro avviso, i produttori possono fare poco oltre a tagliare il piu' possibile la mediazione verso il mercato al dettaglio. Tagli che pero' lasciano a casa un po' di persone con scarse prospettive di riadattamento. A nostro avviso, il primo e piu' importante passo deve essere fatto dallo Stato. Ma non con la “rottamazione” del chicco di grano (vedi acquisto di forme di parmigiano reggiano e grana padano del ministro delle Politiche Agricole), bensi' con la diminuzione della propria presenza fiscale e con la realizzazione di servizi e infrastrutture che facilitino e rendano piu' economiche tutte le fasi della filiera.

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