Le mani sulla consulta

In una Repubblica normale sarebbe difficile spiegare ai cittadini come si possa immaginare un baratto tra le nomine, da una parte, del giudice da anni mancante nella Corte Costituzionale e, dall’altra, del presidente della Commissione di vigilanza sulle telecomunicazioni.

La prima è carica di assoluto rilievo costituzionale: la Corte, come si sa, è l’unico organo che possa giudicare la costituzionalità delle leggi. La seconda è al massimo una carica di rilievo istituzionale, ma soprattutto di rilievo politico: la consuetudine infatti attribuisce all’opposizione la presidenza delle commissioni cosiddette di controllo e quindi anche della Vigilanza sulle telecomunicazioni. Sono entità incommensurabili, non solo per profonda differenza di rango ma anche perché non c’è motivo al mondo per cui i componenti della Corte Costituzionale debbano essere scelti in base all’appartenenza politica, mentre il criterio di scelta politica è naturale e inevitabile nel caso della Vigilanza. Anche se per quest’ultima le parti politiche di solito si impegnano a proporre persone dotate di equilibrio e capacità di dialogo.

Per capire come un fatto impossibile possa invece accadere in Italia, basta svelare a chi non lo sa (forse quasi tutti) che la maggioranza ritiene che il giudice da eleggere deve essere da essa stessa proposto, perché a suo tempo si era dimesso un giudice costituzionale che per generale ammissione era in quota al centrodestra. Si tratterebbe dunque di una sostituzione, anche se procrastinata nel tempo.
Ma in ogni caso non si capisce perché i due atti debbano essere così strettamente connessi. Appare massima l’intenzione di far apparire all’intera opinione pubblica l’evidenza dello scambio reciproco: Pecorella alla Consulta in cambio di Orlando alla Vigilanza. L’avvocato di Berlusconi, e promotore sostanziale di provvedimenti ad personam a suo favore, deve andare a giudicare la costituzionalità delle leggi, se il centrosinistra vuole alla presidenza della Vigilanza Leoluca Orlando, già sindaco di Palermo e deputato dell’Italia dei Valori.

E siccome la votazione per la Corte Costituzionale è stata un discreto disastro per Pecorella, ora Berlusconi dice: scordatevi Orlando alla Vigilanza. Era evidente la duplice debolezza della candidatura Pecorella: coinvolto in un’indagine per favoreggiamento al suo difeso Zorzi, imputato nella strage di Brescia, e per di più gravato da un conflitto d’interessi evidente.
Ma il gioco è truccato. Il disastro nel voto per Pecorella dipende non dal centrosinistra ma dal centrodestra che ha fatto mancare all’appello circa un centinaio di voti: forse metà dovuti alla partenza obbligata dei parlamentari prima dello sciopero dei voli aerei, ma l’altra metà spiegabile solo con disaccordi interni.
Qualche fine interprete immagina che la candidatura Pecorella fosse imposta da opportunità interne alla maggioranza ma che al tempo stesso ne fosse anche previsto il fallimento, per far avanzare altre candidature meno ingombranti e più conformi allo scopo. Se avanza questo gioco, la maggioranza pretenderà comunque un giudice costituzionale favorevole a Berlusconi e al tempo stesso considererà superata la candidatura Orlando per la caduta del “patto di scambio”. Patto impossibile, inesistente e tuttavia accreditato.

Accreditato, ma non da tutti. Qualche giorno fa Berlusconi proclamava: non voglio Orlando a nessun costo; datemi una rosa di nomi, purché non ci sia Giulietti, deputato eletto nell’Italia dei Valori. Il che ha permesso a Giulietti di ribattere, in replica elegante, di sentirsi onorato dall’ostracismo.
Alla fine risalta più che esplicita la pretesa di Berlusconi di mettere le mani sulla Consulta. Vuole garantirsi un controllo amichevole sulle leggi ad personam e in particolare sul Lodo Alfano che lo rende immune e impunibile qualsiasi cosa abbia fatto e faccia. Vuole aggiungere al suo smisurato potere extraistituzionale e al suo altrettanto smisurato potere politico anche il potere di controllo sulla legittimità delle leggi, in particolare quelle che lo riguardano.

E siccome c’è sempre qualcuno disponibile ad aiutare chi ha già mezzi bastanti per aiutarsi da solo, il presidente emerito Cossiga propone uno scambio solo in apparenza simmetrico: la maggioranza voti Violante al posto del mancato Pecorella e il Presidente Napolitano, appena si libererà un posto in Consulta, nomini lui stesso Pecorella.
Non è affatto detto che Napolitano accetti il suggerimento. La proposta è sfacciata: se riuscisse sarebbe la soluzione finale per la Consulta.

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