di Nando Dalla Chiesa
< E così non c’è più Vittorio Foa, uno dei padri della Repubblica che il giornalista del Tg1 ieri sera, con faccia di circostanza, ha chiamato “Foà”. E’ confortante andarsene da padri della patria in questo modo. Io lo ricordo come una delle persone più intelligenti e anche generose conosciute. Nel 1994, quando già montava il “nuovismo”, ebbi la non difficile intuizione che saremmo stati sommersi da una marea di nuovi, ma fessi (o cialtroni). E così, per gusto della sfida, dedicai il mio “I trasformisti” a tre ultraottantenni: Norberto Bobbio, Alessandro Galante Garrone e, appunto, Vittorio Foa. Ora che non c’è più nessuno dei tre, dico che è una delle scelte politiche di cui sono più orgoglioso.
Orgoglioso anche di avere laureato il mio amico Mario molti anni fa. Molti davvero. Al punto che nel frattempo è diventato amministratore delegato di una grande azienda. Almeno fino a pochi giorni fa. Quando l’hanno licenziato dopo un dialogo di venti minuti. Si era rifiutato di licenziare in massa. Fatemi mandare via solo i lavativi, quei cinque o sei con i certificati medici falsi e sempre difesi dal sindacato (sempre complimenti). Fatemi contrattare qualche prepensionamento. Ma gli altri perché? L’azienda non ha bisogno di questa cura, le prospettive operative sono buone. Ha presentato il suo piano alternativo. Che rifiutava l’idea che si dovesse licenziare in massa solo per fare schizzare verso l’alto le azioni in Borsa, perché la Borsa impazzisce di gioia quando la gente viene mandata a casa. Gli hanno detto che non è più in linea con la filosofia del gruppo. Che se ne poteva andare subito. E lui, appena diventato padre disoccupato, è andato a prendersi i bimbi all’asilo. Vi sareste mai aspettati che un amministratore delegato bocconiano, seppur di sinistra, si giocasse il posto per non fare licenziare a casaccio i suoi dipendenti? Ecco un caso in cui la persona modifica il ruolo invece di farsene mangiare l’anima. Bravo Mario! E forza, farai sfracelli da altre parti.
Una bella notizia, come d’obbligo (ma anche quella di prima ha uno sfondo rosa…). Un gruppo di studenti della Cattolica di Milano ha capito la filosofia della Scuola di formazione politica intitolata ad Antonino Caponnetto e ne ha chiesto il logo per organizzare un ottimo ciclo di incontri sulla mafia e sul metodo mafioso. Vengono da due associazioni, la “formica democratica” e la “capra magra”. Sempre detto che degli animali ci si può fidare.
Triste invece l’altra notizia, che coinvolge sempre la Scuola Caponnetto. Maria, una delle sue colonne, qui conosciuta con il nome di Mariaaa, ha visto spegnersi il padre dopo una lunga malattia. D’improvviso, mentre progettava come assisterlo nei giorni di Firenze. Ti siamo vicini tutti, scovatrice di inediti, anche chi non ti conosce. La Catena di San Libero
* * *
Il 24 a Palazzo Vecchio seminario della Scuola Caponnetto su “Crisi della democrazia: sovranità, rappresentanza, regole, costi”.
Info: info@scuolacaponnetto.it