di Primo Mastrantoni, segretario Aduc
Bambini sotto i cinque anni che vivono nei pressi di un impianto nucleare sono piu' sottoposti al rischio di leucemia ma non esiste un legame stringente tra i casi di malattia e la debole radioattivita' emessa dalle centrali atomiche. Cosi' recita un rapporto della Commissione per la tutela dalle radiazioni (SSK, Germania), che ha esaminato i casi di leucemia nelle aree vicine agli impianti. “Le radiazioni delle centrali atomiche dovrebbero essere mille volte superiori per poter spiegare i rischi osservati”, ha detto il direttore della commissione, il prof. Rolf Michel dell'Universita' di Hannover (Germania). Dunque, le cause delle leucemie infantili, registrate in zone comprese nei 5 km di raggio dalle centrali, restano sconosciute. Potrebbe trattarsi della concomitante presenza di pesticidi e di malattie infettive che aggrediscono il sistema immunitario, fattori non considerati dallo studio. Certo e' che occorrono approfondimenti ulteriori, magari anche quelli che servirebbero per capire meglio come si forma la leucemia infantile.
Gia', bisognerebbe approfondire gli studi, necessita' che in Italia non e' avvertita mentre si lanciano programmi per la costruzione di centrali nucleari. Cosi' diverremo meno dipendenti dal petrolio e dal gas, prodotti che vengono importati, si dice. La domanda sorge spontanea: l'uranio che serve per le centrali lo importiamo o no? E se lo importiamo non siamo sempre dipendenti da coloro che posseggono miniere di uranio, in particolare Australia, Canada, Kazakhstan (58% delle riserve)?
Primo Mastrantoni, segretario Aduc