CORSI DI LINGUA E CULTURA: SIAMO ALLA SOLUZIONE FINALE?

Il Sottosegretario Alfredo Mantica ha dato cortese risposta alla lettera da me inviatagli per sollecitare un impegno concreto del Governo volto ad evitare che i corsi in italiano scompaiano dall’Advanced Placement Program (APP) negli Stati Uniti. Lo ringrazio sinceramente della cortesia e della sollecitudine, ma debbo rilevare che le sue parole non solo confermano le preoccupazioni che mi avevano spinto a tale iniziativa, ma aprono uno scenario inquietante per l’intera partita dell’insegnamento dell’italiano all’estero.
Il Sottosegretario, infatti, dopo avere ricordato che in passato il MAE è intervenuto con misure una tantum nel 2002 e nel 2005 a sostegno dei corsi APP in vista di un auspicabile autofinanziamento degli stessi, aggiunge testualmente: “Purtroppo questa previsione non si è verificata, e come ben sai non siamo in grado di continuare a finanziare i corsi in parola”. Il che significa, in buona sostanza, che le associazioni e fondazioni che negli USA si stanno facendo in quattro per garantire il versamento al College Board di 1 milione di dollari entro questo mese e di 4 milioni di dollari entro il prossimo giugno se la debbono sbrigare da soli. Le istituzioni italiane ci possono mettere contribuire solo con gli auguri e le belle parole.
La cosa, però, ancor più allarmante è l’affermazione del Sottosegretario in merito alla politica generale di promozione della lingua italiana all’estero: “Purtroppo, allo stato dell’arte ed in presenza della difficile congiuntura economica italiana e internazionale, non credo si possa ancora sperare nell’aiuto pubblico per l’insegnamento dell’italiano all’estero. Si dovrà piuttosto pensare a forme capaci di autofinanziarsi ricorrendo sempre più al sostegno dei privati”.
Se le parole del Sottosegretario hanno un senso, questo significa che i tagli del 50% previsti dalla finanziaria del 2009 per i corsi di lingua e cultura italiana sono solo il primo atto della soluzione finale del sistema di sostegno pubblico alla diffusione della lingua italiana nel mondo.
Che si apra un processo nel quale l’autofinanziamento, combinato con il contributo dei privati, possa progressivamente spostare l’asse dell’intervento verso una maggiore autonomia, lo comprendiamo e lo auspichiamo. Che dall’oggi al domani si decida per ragioni finanziarie e contabili di eliminare qualsiasi partecipazione pubblica a questo sistema di presenza dell’Italia nel mondo, significa semplicemente avviare una fase tellurica, dopo la quale resteranno solo macerie. Non è in gioco solo la sopravvivenza di quegli enti gestori ai quali non molti anni fa lo stesso governo italiano volle affidare le attività di diffusione dell’italiano all’estero, è in gioco anche la rete di rapporti e di presenze che l’Italia ha costruito nel corso di molti anni in campo internazionale.
Gli enti gestori, le associazioni, i genitori di fronte a queste prospettive non hanno niente da dire? Prima che sia troppo tardi – e i tempi delle decisioni parlamentari sono ristrettissimi – tutti coloro che hanno a cuore l’interesse delle collettività italiane e il prestigio dell’Italia nel mondo si facciano sentire. Lo ripeto: prima che si superi la soglia di non ritorno.

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