‘CheBanca!’ e’ razzista e illegale perche’ non vende i propri prodotti agli extracomunitari

Emmanuela Bertucci
avvocato, responsabile Aduc-Immigrazione

“Siamo spiacenti, ma non vendiamo prodotti agli extracomunitari, nemmeno se residenti in Italia da lungo tempo”. Sono piu' o meno queste le parole con cui un consumatore che si e' rivolto poi all'Aduc si e' visto respingere la propria richiesta di acquisto di un prodotto finanziario commercializzato da CheBanca!
Il nostro consumatore, extracomunitario che vive da tempo in Italia, e' coniugato con cittadino italiano e lavora qui' da due anni; allettato da questo prodotto invia online -come richiesto- tutta la documentazione necessaria, ma si vede negare il prodotto. Chiede spiegazioni e riceve la seguente mail:
“Buongiorno Signor xxx xxxxx,
Desideriamo informarLa che CheBanca! non sottoscrive i propri prodotti per persone extracomunitarie, indipendentemente dagli anni di residenza in Italia. In futuro potrà capitare che questa indicazione verrà ampliata anche a cittadini extracomunitari.
Restiamo a disposizione,
Cordiali saluti
Luca Vaccari, Servizio Clienti CheBanca!”

Un po' increduli, benche' il consumatore non avesse alcun motivo per raccontarci fandonie, ci interessiamo direttamente della vicenda chiamando il call center di CheBanca!. L'operatore “si occupa personalmente” della nostra richiesta, e dopo qualche minuto di attesa ed essersi confrontato con i propri responsabili, ci comunica che e' effettivamente cosi': CheBanca! vende i propri prodotti solo a cittadini italiani o a cittadini comunitari che vivano in Italia da almeno tre anni; in ogni caso, non vende mai prodotti agli extracomunitari! E' tutto scritto in una circolare interna della banca, che non puo' assolutamente inviarci.
Il comportamento di questo istituto di credito e' grave e illegale. Secondo la legge italiana chiunque “[…] si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalità” compie un atto di discriminazione razziale (art. 43 del testo unico in materia di immigrazione d.lgs. 286 del 1998).
Il nostro consumatore, e chiunque si venga a trovare in situazioni simili, puo' rivolgersi al giudice del luogo in cui vive e proporre, anche personalmente senza bisogno di un legale, una azione civile contro la discriminazione, con la quale chiedere al giudice la cessazione del comportamento discriminatorio ed il risarcimento del danno. In caso di condanna da parte del giudice –inoltre- l'impresa che si e' resa colpevole di comportamenti discriminatori, qualora abbia ricevuto benefici e agevolazioni economiche o fiscali da parte dello Stato o delle regioni, se li vedra' revocare d'ufficio, cosi' come verranno revocati eventuali contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di forniture. Nei casi piu' gravi l'amministrazione puo' anche disporre l'esclusione del responsabile per due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie, ovvero da qualsiasi appalto.
E' proprio il caso di dirlo: Che Banca!

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