E’ cambiato tutto nel mondo: non può non cambiare anche la scuola

di Enrico Baroncelli*

Apre le danze e, come si dice a Lecco, “va giò col falciòtt” il noto commentatore del Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia, in un lungo editoriale di giovedi scorso 21 agosto. Ripartirà tra meno di un mese – scrive – “una macchina gigantesca ma senz'anima..fatta di circa un milione di dipendenti, di migliaia di edifici frequentati da milioni di studenti.. pronta ad allestire milioni di iniziative le più varie, a sfornare tra circolari, lettere, verbali e registri il solito astronomico numero di tonnellate di carta”. Una macchina “senz'anima che non sa perchè esiste né a cosa serva”. Galli della Loggia ricorda poi i pessimi risultati degli studenti italiani, soprattutto in Matematica, che la scuola si sente “un'istituzione inutile e in realtà lo è”, che “non riesce più a conferire alcuna autorevolezza a nessun fatto, pensiero o personaggio” né “alcun amore o alcuna gerarchia culturale”. Conseguenza è il “sostanziale disinteresse, venato di disprezzo” di cui gode anche presso il ceto politico, perciò Tremonti “può impunemente tagliare i fondi destinatiall'istruzione” perchè tanto non si sa “ a cosa quasta scuola possa davvero servire” non essendo altro che “una macchina sperperatrice di risorse”. Fin qui il “j'accuse” dell'editorialista, che gira il coltello nella piaga (devo onestamente dire anche con alcune ragioni): ma avevo letto anche di peggio vent'anni fa sul “Sole 24 Ore”, si sa che la scuola non gode di buona fama. Gli rispondono a tempo di record (il giorno dopo, sempre sul Corriere della Sera) sia il Ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini che, come dice il Senatore Antonio Rusconi (di cui mi piacerebbe leggere una risposta) “il vero titolare anche di questo Ministero”, cioè Tremonti stesso. Per quanto riguarda la Gelmini , neoarrivata in un ambiente che finora aveva conosciuto solo da dietro un banco di scuola, una difesa d'ufficio abbastanza scontata e prevedibile. L'editoriale “è ingeneroso”, stiamo lavorando “per cambiare uno stato di cose non più tollerabile”, quindi ritorno al “voto di condotta, la divisa scolastica” e soprattutto al maestro unico. Naturalmente tutti i problemi della scuola sono stati causati dal Sessantotto: è a mio parere abbastanza sconcertante che chi abbia responsabilità così elevate a livello ministeriale possa ragionare in termini così banalmente semplicistici. Cari amici e colleghi insegnanti, ecco la geniale soluzione a tutti i problemi della scuola: “dimenticatevi” del '68 (anche quelli di voi che all'epoca non erano ancora nati) e vedrete che di colpo la scuola riacquisterà autorevolezza, serietà, profondità e rispetto. Su questo “numero da dimenticare”, cioè il '68, interviene anche Giulio Tremonti, che però si lancia in una dissertazione che riguarda il fatto che i “giudizi” , un concetto aritmeticamente insostenibile, hanno sostituito i voti. “I giudizi sono spesso confusi”, bizantini e ambigui, e non responsabilizzano gli alunni come i voti. Ora chi scrive ha insegnato 12 anni nella Scuola Media, e ormai dieci in quella Superiore: devo ammettere che fino a dieci anni fa la pensavo un po' come Tremonti, ma riflettendo sulla mia esperienza devo dire che non c'e' una grande differenza tra il dare “Gravemente Insufficiente” e un 3 o un 4 . In entrambi i casi le reazioni sono più o meno sempre le stesse: un'alzata di spalle, nel caso di alunni poco “motivati”, un pianto a dirotto nel caso di alunni (pochi) che invece lo vivono come un incidente di percorso nella loro media-voti generalmente più alta. Tralascio quello che Tremonti afferma sui libri scolastici (troppe variazioni e troppo cari, su questo in parte si può anche essere d'accordo) , il Ministro conclude affermando che la scuola “si presenta come un mondo fatto al contrario .. in cui non è la scuola a servire le famiglie, ma un “kombinata” (a dire il vero si dice “kombinat”, caro Ministro, lo lasci dire a chi conosce la storia dell'Unione Sovietica) buro-scolastico” che si serve di loro per salassarle e sopravvivere a se stesso. Che dire in conclusione ? Il tema, come si suol dire in questi casi, è ampio e meritevole di approfondimento. Potremmo anche abolire la scuola (almeno così come la conosciamo, che risale ai secoli antichi del MedioEvo, altro che '68 !). Forse i Ministri non lo sanno, ma c'è qualcuno che dubita davvero che da qui ai prossimi decenni (non dico nel prossimo secolo) la scuola possa sopravvivere, almeno nella su aforma attuale. Tecnicamente è già possibile, tramite la telecomunicazione, l'insegnamento online, che già utilizzano ampiamente alcune Università per dei veri e propri corsi di Laurea via internet. Pensate che risparmi enormi ci sarebbero: meno spostamenti (quindi ad esempio meno traffico e meno mamme che stazionerebbero in terza e quarta fila davanti alle scuole cittadine !), e quindi grandi risparmi di carburante, minor inquinamento, meno consumo di carta, un solo professore che può gestire anche più di un centinaio di allievi via computer (non ditelo a Tremonti!) automatizzando le prove e le correzioni con uno scanner (come già si fa nei grandi concorsi). Gli alunni potrebbero imparare non solo dai libri, ma soprattutto da strumenti multimediali (filmati, corsi, video ecc.). Può resistere qualche cosa al progresso ? Se però non si è ancora presa questa strada (che probabilmente è il futuro, che lo si voglia o no) è per un motivo che già prospettava il più grande autore di fantascienza, Isaac Asimov (“Chissà come si divertivano”, un noto racconto scritto addirittura nel 1951) , ed è un motivo soprattutto pedagogico ( o “docimologico”, termine che il Ministro non sopporta) . Non ci sarebbero più le classi, i ragazzi rimarrebbero isolati nel loro ambiente, senza conoscere più i loro compagni: in un mondo di solitudine, aggiungerne altra non è una bella prospettiva, e molti ragazzi potrebbero demotivarsi e smettere di studiare. Ma se si risolveranno anche questi aspetti (per esempio organizzando degli incontri in presenza, oppure anche momenti piacevoli, meeting, “gite” o altro) , tutto il resto diventerà probabilmente un ricordo del passato. Su una cosa credo che tutti dobbiamo essere d'accordo: la scuola del XXI secolo, e soprattutto i suoi metodi di insegnamento, non può più essere uguale a quella delle Scuole Gesuite e dei Collegi cardinalizi del XVII secolo, con i gessetti, i banchi e la lavagna. E' cambiato tutto nel mondo: non può non cambiare anche la scuola.

*direttore di www.leccoprovincia.it

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy