… E POI ARRIVà’ BAVA BECCARIS

di Mario Pancera

Anniversario. Nel 1898 il regio esercito cannoneggia a Milano chi protesta per la fame

Erano gli anni di Kakania cioè dell’imperial regio governo degli Asburgo così come l’avrebbe poi immortalato lo scrittore Robert Musil, partendo dalle «k» iniziali: Kakania arrivava fin qua dalle Alpi. Per prendersi quello che oggi è per noi il Trentino-Alto Adige, l’Italia entrò nella prima guerra mondiale. Kakania si dissolse, era il 1918.

Quattro anni dopo, 1922, in Italia nasceva il fascismo; ma dieci anni prima, 1898, a Milano il re Umberto I permetteva al suo generale Fiorenzo Bava Beccaris di prendere a cannonate in piazza a Milano il popolo che protestava contro il carovita. In soli quattordici anni, una monarchia «liberale» e intoccabile militarizzò l’Italia «egoista e marcia» (come l’aveva definita Giuseppe Mazzini) portandola da un massacro legalizzato a una dittatura.

Con la scusa di «ordine e sicurezza» l’autorità suprema del Paese, cioè il sovrano ovvero la più alta autorità dello stato, dava il via libera all’esercito armato per le strade delle principali città, a fermare i teppisti, i pezzenti, i mendicanti d’ogni risma. Per fronteggiare la cosiddetta emergenza, Bava Beccaris era stato nominato commissario straordinario. L’emergenza era dovuta alla fame.

Il regio esercito italiano non era formato da ricchi che cannoneggiavano i poveri che li importunavano, ma da poveri che erano al soldo (soldati) dei ricchi disturbati dalle proteste, anche violente, di altri poveri. Che cosa volevano questi poveri? Il pane. E i ricchi? Mah.

In difesa dell’ordine e della sicurezza (del re e dei partiti al potere), l’esercito dei poveri dislocato nelle strade al comando dei ricchi difese il governo e il sovrano uccidendo un’ottantina di poveri. Bava Beccaris ebbe una medaglia e venne fatto senatore del regno. Esponenti socialisti e cattolici, invece, furono arrestati. Troppa libertà al popolo. Alcuni giornali furono fatti chiudere. Se non sbaglio, tra la folla milanese la Provvidenza infilò anche un anarchico ventenne, un certo Gemelli: un eversore…

Ma è una storia vecchia, altri uomini, altri partiti. Non si sa più né chi era il generale Bava Beccaris, né il re Umberto. Eppure è una storia esemplare oggi che, con la scusa degli infortuni, si vogliono i militari anche sui posti di lavoro. Come diceva l’ex presidente Ciampi parlando di un’altra strage (Sant’Anna di Stazzema): «Manteniamo la memoria».(ildialogo)

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