In occasione delle visite che Radicali Italiani hanno organizzato il giorno di ferragosto in alcuni Istituti Penitenziari, si e' potuta verificare la presenza di alcune detenute madri e dei loro figli, come quella dei due bambini presenti nel nido di Sollicciano rispettivamente di 6 e 14 mesi. Dai dati emersi dal V Rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia, redatto dall'Associazione Antigone e presentato a Roma il 16 luglio 2008, sarebbero 2.385 le donne detenute, di queste 68 sarebbero madri e 70 i bambini di età inferiore ai tre anni reclusi con le mamme, mentre altre 23 donne detenute risultavano in stato di gravidanza. Piu' in generale sono 800.000 in Europa i bambini figli di genitori detenuti di cui 43.000 sono italiani.
Una situazione intollerabile, che contraddice espressamente i contenuti della Convezione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, e che avrebbe dovuto trovare una soluzione con la legge Finocchiaro la 4/2001 che prospettava una serie di misure volte a evitare la pena detentiva all'interno delle strutture carcerarie alle donne con figli minori di 10 anni (e di conseguenza ai loro bambini sotto i tre anni). Fra le condizioni di ammissione alle misure, in particolare, vi è la non sussistenza di un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti, condizione questa che mal si adatta ad un tipo di reati come quelli connessi all’uso di sostanze stupefacenti e alla prostituzione, che tipicamente presentano un alto tasso di recidiva e di cui sono incriminate la maggior parte delle detenute-madri.
Piu' in generale purtroppo la normativa è stata largamente disapplicata e presenta dei limiti nell'accesso ai benefici soprattutto per chi è in attesa di giudizio; in particolare, le mamme straniere, non avendo spesso un'abitazione dove scontare gli arresti domiciliari, sono costrette a tenere i bambini nelle strutture di detenzione fino al compimento del terzo anno di età, poi soffrire di un ulteriore trauma che e' quello della separazione. Bambini innocenti che prima si trovano reclusi e poi in molti casi inviati in un istituto, passando così dall’istituzione totale del carcere a quella dell’istituto, senza la madre.
Nel corso della XV legislatura la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati aveva approvato la proposta di legge a prima firma Enrico Buemi che muoveva dalla considerazione del contesto sociale da cui provengono le “detenute tipo”, donne che spesso vivono in contesti sociali degradati ed hanno riportato più di una condanna penale, realizzando case-famiglia protette.
Alla ripresa dei lavori parlamentari presenteremo un disegno di legge, ma nel frattempo chiediamo con una interrogazione ai ministri della Giustizia e alle Pari Opportunita' di attivarsi sia per avere un quadro completo del numero dei bambini detenuti con le loro madri e dove, quali Istituti di pena hanno organizzato dei nidi al loro interno, o convenzionandosi con l'esterno; sia affinché, con urgenza, sia posto rimedio allo scempio dei bambini della prima infanzia che continuano a trascorrere dentro gli istituti di pena italiani il loro tempo più significativo, delicato e costruttivo, per salvaguardare lo sviluppo armonico della loro personalità, anche se sono nati da madri che si sono rese colpevoli di delitti puniti dalla legge con la detenzione.