di Emanuela Medoro
Politica e psicologia: John McCain e Barack Obama
Il settimanale Venerdì di Repubblica del 1 agosto riporta le affermazioni di George Lakoff, notissimo psicolinguista di Berkeley, California, che sostiene quanto segue: “In politica non vince chi punta sulle idee e sui programmi, ma chi sa suscitare un legame fatto di emozioni con gli elettori”, affermazione sulla quale vale la pena soffermarsi a riflettere, a commento dei materiali più recenti messi in circolazione sul web dai maghi della comunicazione che lavorano per i candidati alle presidenziali americane del prossimo novembre. Per chi volesse approfondire questi temi, che vanno ben oltre la discussione su un programma elettorale, rimando alla lettura del libro Political Mind, La Mente Politica, di George Lakoff, disponibile su www.amazon.com
Dunque Barack Obama, candidato del partito democratico, non ancora cinquantenne, ha un aspetto da star di Hollywood, originale e multiculturale ed una oratoria chiara ed incisiva, visionaria e dal fascino indiscusso. La sua cultura è il singolare risultato del “melting pot”, il grande calderone americano che tutto fagocita e trasforma in un processo di continua evoluzione, in lui si uniscono infatti la cultura dominante dell' elite wasp americana acquisita nelle università di Columbia ed Harvard, la sensibilità afro, e le culture della costa ovest. Il gestire misurato, lo sguardo che si volge sempre in alto e lontano ad indicare mete da raggiungere insieme, suggeriscono energia e danno fiducia ed ottimismo. Egli punta molto, in breve, sul legame emotivo che riesce ad instaurare con gli elettori, proponendosi come un rassicurante “genitore premuroso.”
Secondo George Lakoff, Barak Obama ha dunque qualche chance di vittoria perché emana serenità, gioia, rettitudine e progettualità, valori primi del sogno nei quali gli americani si identificano profondamente e che vanno ben oltre un semplice programma elettorale, destinato ad evolversi ed a cambiare con il mutare delle situazioni.
John McCain, il candidato del partito repubblicano, proviene da una famiglia di antiche tradizioni militari. Ultrasettantenne, tradizionale e moderato è un profondo conoscitore della vita del congresso e delle sue regole.
Secondo George Lakoff, McCain,con un sorrisetto appena accennato, con i continui richiami alla responsabilità, ai rischi per la sicurezza americana, alla necessità di armare eserciti per prevenire guerre, con un passato di eroe di una guerra perduta, quella del Vietnam, di sofferenze nella prigionia superate sempre in nome degli interessi primari dell'America, susciterebbe ansia e paura di un futuro fosco e catastrofico nel mondo, paura che richiede, per essere placata, un “padre severo”.
Non so quanto possano valere queste affermazioni di George Lakoff.
Una cosa però è certa, gli americani votano col portafoglio, e non sognano nel segreto delle cabine elettorali. Questa volta si trovano davanti due candidati, uno che rappresenta una grande novità, ed un altro la tradizione. Ci sarà dunque una dura battaglia, dopo le conventions di fine agosto, sulla politica fiscale, su quella energetica , sullo stato sociale e sulla politica estera. Vincerà quello che riesce a persuadere la maggioranza dei votanti di essere il miglior offerente possibile; i sondaggi d'opinione per ora vedono i due sostanzialmente alla pari.
Dulcis in fundo: un bell'invito a cena da Bill Clinton, che ci invita e cenare con sua moglie Hillary, pagando prezzi non proprio per tutte le tasche, per raccogliere i fondi necessari a saldare i debiti contratti per le spese della sua recente campagna elettorale.