di Vittorio Craxi
Cosa si nasconde dietro l’ennesima operazione di rimozione forzata della Storia d’Italia? Cosa spinge un anonimo sindaco di un importante centro del litorale messinese a martellare l’icona di Giuseppe Garibaldi, simbolo dell’Unità d’Italia e ‘eroe dei due mondi’? Che l’operazione rimanga un epifenomeno estivo frutto dell’ignoranza e della megalomania di un amministratore periferico è probabile, ma l’aggressione alla Storia d’Italia nelle sue parti più significative e rilevanti, nei suoi simboli più emblematici, è un fatto che si perpetua e che non può essere considerato né episodico, né irrilevante, né marginale. E’ accaduto, e non è un caso, nella Storia recente, quando al passaggio traumatico ed irrisolto dalla prima alla seconda Repubblica si è considerato non solo possibile, ma necessario, l’auto da fé della Storia politica e democratica del nostro Paese, mettendo in discussione o sotto processo tutti i passaggi più rilevanti e consolidati nei decenni. Se la Liberazione dall’occupazione nazista e dallo Stato totalitario fascista ha ripetutamente subito delle incursioni con l’affermazione di doppie o triple verità che ne minavano alla radice l’elemento costitutivo della nascita dello Stato repubblicano, quello che nacque e trasse il suo ritrovato spirito unitario ed unificante nella “lotta di liberazione dal nazifascismo”, parimenti lo Stato unitario, l’unificazione del Paese sotto il Regno d’Italia, separato definitivamente dalla Chiesa di Roma e liberato dagli occupanti stranieri nasce inequivocabilmente dal Risorgimento, il cui legame con la nostra Repubblica democratica resta indissolubile nella sua continuità. Giuseppe Garibaldi è la figura italiana più significativa non solo per le rinomate doti di condottiero e di indomito generale, ma perché nel lascito della sua avventurosa esistenza, che si concluse nel mesto esilio di Caprera, vi è anche l’inizio di una sua adesione ideologica e politica alla nascente organizzazione socialista, che vide la luce dieci anni dopo la sua morte. In essa si ritrovarono tutte le prime forme di associazionismo operaio e di mutuo soccorso, nonché le più moderne forme di ispirazione progressista, repubblicana e illuminista che presero le mosse proprio dal socialismo scientifico in voga in Europa, a cui Garibaldi prestò la propria attenzione e dedicò la sua finale produzione letteraria. La ‘riscoperta’ garibaldina nel ‘frontismo’ del 1948 e quella dell’inizio degli anni ’80 del secolo scorso, con le celebrazioni repubblicane e socialista, riportarono l’eroe nel campo del progresso e delle Storie più affini al movimento operaio e socialista, pur rimanendo sullo sfondo uno dei grandi padri della Patria. Che la nuova questione meridionale, che torna ad esistere, pensi di farsi largo ravvivando un’intensa campagna storico – politica antiunitaria indicando Garibaldi come il fulcro della propria invettiva è possibile. Così come la mai digerita sconfitta dello Stato pontificio possa continuare ad alimentare ed ispirare una cultura ‘antirisorgimentale’, dalle quali prendono ispirazione i movimenti separatisti e secessionisti che coltivano la via ideologica alla divisione dello Stato unitario attraverso l’indebolimento dei simboli più significativi è possibile. L’assenza di vigilanza e l’ignoranza della Storia spalancano le porte alla possibilità di un utilizzo degenerato della stessa, per legittimare miopi disegni politici che conducono alla dissoluzione della Repubblica. Opporsi a questo stato di cose significa non disperdere le proprie radici e difendere i saldi principi su cui poggiano le nostre conquiste nazionali. Lo si può fare con moderazione o con radicalità, ma la diffusione della Storia italiana, delle sue lotte e delle idee di progresso e di uguaglianza con cui essa si è contraddistinta rimane il compito che spetta alla sinistra del nostro Paese. (Laici.it)
(articolo tratto dalla prima pagina del quotidiano 'Liberazione' dell'1 agosto 2008)