di Renato Scattarella
Lotte sindacali, vertenzialità, vicinanza ai bisogni del proletariato, parole antiche quelle della mozione Ferrero ma quanto mai attuali nel panorama politico generato dal Berlusconi IV, nell’Italia del precariato selvaggio e della crisi del potere di acquisto.
Eh si, perché la linea buonista e un po’ troppo mediatica del duo Vendola-Bertinotti ha trasportato la sinistra arcobaleno e il Partito della Rifondazione Comunista in un limbo politico che non sa né di lotta e né di governo, un meltinpot di riformismo e trotzskysmo che non aveva convinto i cittadini elettori e che difficilmente potrà essere efficace nel contrastare l’operato politico di questo governo.
Dopo una lunga ed estenuante lotta congressuale, anche per Rifondazione è scoccata l’ora della scelta, con Ferrero si ritorna alla vecchia radice comunista, cosa che potrebbe rivelarsi efficace almeno per la coerenza politico-ideologica che muove il nuovo leader. La sfida alla modernità, alla globalizzazione, al governo italiano si vince con la lotta politica e con i vecchi strumenti : il sindacato, le sezioni, la piazza e perché no le antiche “case del popolo”.
Una visione totalmente opposta a quella proposta dal leader storico di Rc e dal governatore pugliese, che pure ottengono il consenso del 47% dei delegati a congresso. Questo dato pone più di una riflessione, la linea Ferrero riuscirà a compattare il partito portandolo all’unità programmatica oppure creerà un nuovo fronte a sinistra ?
Pare che dalla sinistra moderata arrivino pochi applausi alla vittoria di Ferrero. Per Fava, leader di Sinistra Democratica è un ritorno all’indietro rispetto al progetto di una sinistra moderna e unita che possa competere col Pd. Dal canto suo il Pd, più volte attaccato da Ferrero, a sua volta attacca : “Auguri di buon lavoro al segretario Ferrero – dice Veltroni – ma ritengo che abbia vinto chi ha avuto le posizioni più estreme, più lontane da una cultura riformista. Le posizioni più dialoganti sono state sconfitte” e per Franceschini l’elezione di Ferrero è l’interruzione del dialogo.
Il caso sta approdando anche nelle giunte locali, dove il Prc può contare su 3.500 consiglieri ed amministratori, tra cui sindaci e un presidente di regione, la linea Ferrero che è di distacco dal Pd sta ponendo non pochi problemi e potrebbe rivelarsi il motore della crisi interna al Partito ma anche interna alla sinistra tutta, Pd compreso.
A testimonianza del clima turbolento a sinistra e soprattutto all’interno del Prc c’è l’autoconvocazione a breve di una assemblea targata “Rifondazione per la sinistra”, area che fa capo ai vendoliani sconfitti.
Ad ogni modo che ci fosse bisogno di chiarezza nei partiti della defunta Sinistra arcobaleno, questo è chiaro e l’idea di Ferrero se non altro è coerente con un comunismo che non può essere soltanto a parole, come quello salottiero di Bertinotti, ma deve produrre dei fatti concreti. Che poi la cultura politica che porta avanti Ferrero sia più vicina a Diliberto che a Veltroni, questo poco importa ai fini di un partito che, secondo Ferrero, avrà almeno cinquanta mesi di opposizione dura da fare all’esecutivo Berlusconi e la discussione sulle alleanze di governo è quanto mai inutile.
Rientrare in parlamento con un mandato chiaro, questa è l’intenzione di Ferrero, con quali alleati è troppo presto per dirlo, le elezioni appaiono troppo lontane agli occhi del nuovo leader di Rifondazione e io aggiungo che forse Ferrero non sa neanche con quale partito si presenterà alle prossime elezioni, vista l’aria di scissione che tira dalle sue parti.(www.agoramagazine.it)