Il Teatro è un’opportunità  di educazione alla non violenza, grazie alla Fundaciòn P.U.P.I., creata da Javier Zanetti

Patrizia Marcheselli
Collaboratrice del Portale Lombardi del Mondo
Buenos Aires – Argentina

Il Teatro è un'opportunità di educazione alla non violenza, grazie alla Fundaciòn P.U.P.I., creata dal capitano dell'Inter e della Selezione Argentina, Javier Zanetti

Quando nel 2006 Gianluca Barbadori (Presidente della Società Coop. Ponte tra
Culture di Ancona) mi invitò a partecipare con lui a questo progetto di
teatro educazione per giovani e adolescenti, ero sinceramente entusiasta e
un poÂ’preoccupata.
In Messico conoscevo molto bene lo slang delle periferie e i miei anni di
clown per strada mi avevano aiutato a capire certi codici sociali, mentre
qui, a Buenos Aires, anche se la lingua è la stessa il linguaggio,
chiamiamolo urbano o informale, è completamente diverso. Tutto è diverso.

La Fundaciòn P.U.P.I., creata dal capitano dellÂ’Inter e della Selezione
Argentina, Javier Zanetti insieme alla moglie Paola, da anni si occupa dei
bambini che vivono in zone a rischio ed anche delle loro famiglie con
programmi di educazione, formazione lavoro ed assistenza medica e
scolastica. La Fundaciòn ha due sedi ufficiali: una a Milano ed una a Buenos
Aires.

Quando ho conosciuto Javier Zanetti in una delle sue brevi visite a Buenos
Aires, una cosa che mi ha colpito è stata la sua semplicità e lÂ’affetto che
tutti hanno per lui; è un calciatore famoso nel mondo eppure sembra il
nostro vicino di casa.
Quando si sofferma coi ragazzi del gruppo di Teatro li saluta ad uno ad uno,
gli chiede della scuola, del corso e a chi insinua che la scuola è una barba
gli racconta aneddoti della sua infanzia e dellÂ’importanza dellÂ’educazione
per essere migliori, per sapere, per migliorarsi come persone e, detto
questo, li abbraccia di nuovo e se ne va. Inutile dire che tutti/e restano
con la bocca aperta chiedendosi se era lui o un miraggio.

Lavoro sempre con una psicologa della Fundaciòn P.U.P.I, Marina Tessone, di
origine italiana, che mi ha guidato e segue il monitoraggio di ogni alunno.
AllÂ’inizio mi sentivo impotente. Impotente di fronte alle loro storie
familiari spesso terribili e tragiche, alle loro storie personali, ai loro
sguardi, ai loro sorrisi, ai loro silenzi.
Il loro modo di ringraziarti è quello di stare lì e di crederci durante un
paio dÂ’ore alla settimana.

Ogni incontro è diverso dallÂ’altro e dopo quasi tre anni di lavoro i frutti
cominciano ad essere evidenti e tangibili.

Siamo riusciti a modificare con i ragazzi e le ragazze alcune logiche della
loro comunità ed ambiente dove si da priorità all'isolamento,
all'aggressione reciproca e ad una costante richiesta di non diventare
agenti e produttori del cambio, ma una dipendenza a disposizioni molte volte
a che “mi diano e non dare”, per il solo fatto che crescono sentendo che non
hanno nulla da dare.

La disciplina del fare teatro trasmette sicurezza: l'alunno incontra qui la
propria sfera, comunica e con la pratica trasforma il mondo interno, lo
osserva da altri punti di vista. L'essere un altro, che sono io e che allo
stesso tempo non sono.
Il teatro è anche accettare ciò che si è per conoscersi e migliorarsi, educa
lÂ’alunno alla crescita non alla rassegnazione.

La disciplina del teatro è unÂ’opportunità di trasformazione educativa, da
all'alunno la possibilità di analizzare ed elaborare individualmente: non ci
sono pregiudizi nel teatro, non c'è competitività, è uno spazio comune di
creazione.

Ad ogni lezione si da uno spazio per la recitazione, il gioco e la
riflessione. Si propone ricreare e sommergersi in questa nuova situazione,
si lavora su valori quali il rispetto reciproco, l'importanza dell'ascolto
dell'altro e di se stessi, il limite dei propri impulsi, a dissipare la
paura del contatto fisico, dell'amore e a dimostrare i propri sentimenti.

Si stabiliscono semplici regole di rispetto per poter continuare a
partecipare, regole che si propongono di cambiare i codici ai quali sono
abituati. Si lavora sull'autostima, la fiducia e il rispetto reciproco, si
affronta il contatto fisico in maniera diversa da quella cui sono abituati
nella Villa: si rifiutano le pratiche di contatto aggressivo o violento
(anche le bottarelle date con affetto), la violenza verbale e/o fisica per
risolvere divergenze o definire differenze. Si stimola il contatto
dall'ascolto e la fiducia, la finalità è quella di comunicare all'altro che
si può fidare.

Sicuramente Martin o Santiago non dovranno questo pomeriggio trascinare il
carro e raccogliere cartoni per strada, sicuramente Lia non dovrà stare
tutto il pomeriggio “gironzolando” per strada come lo sottolinea lei e forse
altri questo pomeriggio non si troveranno con quelli che si credono perduti,
che usano droghe o escono a rubare: perché loro consumeranno gioco, incontro
e teatro.

Marco, che ha ripetuto tante volte la stessa classe e la vita gli è così
difficile, sembra che non abbia mai ascoltato/sentito dire che è capace di
qualcosa e da quando ha scoperto che non ha bisogno di comportarsi “male”
per ottenere l'attenzione e l'applauso dei suoi compagni, riesce ad essere
accettato per quello che può fare e non per quello che non può fare; e
comincia a sperimentare con i suoi 15 anni che ci sono cose che valgono la
pena di essere scelte, dedicarvi tempo e sforzo.

Il gruppo ha preso forza e adesione lentamente: i ragazzi si sono avvicinati
poco a poco, alcuni con diffidenza, altri ancora si stanno avvicinando
guadagnando metri ad ogni incontro, altri ancora restano in silenzio però
sorridono, altri si sorprendono ed osano sorprendere, altri si siedono a
terra qualche istante perché la stanchezza e l'insufficiente alimentazione
li vince, altri osservano, dicono, si avvicinano e domandano, si vergognano
e confessano privatamente -con brevi frasi e lo sguardo rivolto al suolo- i
sogni, le paure…

Il rapporto con gli errori ed i limiti senza la paura di sbagliare e senza
sentire il peso del giudizio degli altri: sentire per la prima volta che se
ti sbagli è perché questo fa parte di un processo di apprendimento, e non
perché sei un “incapace”, un “disgraziato”, un “idiota”, un “inutile”.

Durante le lezioni ogni incontro con i coetanei diventa sfida e motore
costante della produzione soggettiva. Abbandonano la noia cronica, la fatica
e l'isolamento e cominciano a riconoscersi come piccoli artigiani della
propria vita.

I ragazzi/e si trasformano in scimmie, elefanti e serpenti, la
trasformazione avviene dalla mano del gioco e si sorprendono, l'arte della
recitazione gli conferma che è possibile giocare ed essere un altro e che i
sentieri non sono inevitabilmente definiti dalla povertà, destinandoli
irrimediabilmente all'isolamento e la catastrofe.

È incredibile ( si sa ma continua a sorprendere) vedere come il teatro
trasforma lo specchio interno in uno strumento di creazione e dialogo verso
l'esterno.

La realtà individuale (psico/fisica) degli integranti del gruppo di teatro
si legge attraverso i loro corpi, i loro occhi, le loro voci (spesso lamenti
soffocati); il loro sviluppo dentro al gruppo è una mappa evidente della
loro situazione ed è molto grato per noi come docenti verificare che ogni
mappa si sta lentamente ma palesemente modificando.

Nonostante abbiano corretto i problemi di condotta, quelli relativi alla
postura fisica sono molto difficili da recuperare, a breve termine per lo
meno, perché hanno a che vedere con l'alimentazione e le abitudini
quotidiane; nella loro realtà devono essere adulti il prima possibile e
questo continua ad influenzare la loro mente e il loro corpo.

L'idea è di creare a poco a poco un vero gruppo, una equipe, con un
obiettivo comune che è vivere questa esperienza teatrale ed, allo stesso
tempo, cominciare a conservare (e a proteggere valorizzandolo )uno spazio
proprio di incontro ed integrazione sociale.

Si comincia ad immaginare un progetto ed un domani diversi: senza perdere
mai di vista la vasta complessità, dura e fragile allo stesso tempo, della
realtà che si chiama Villa, Ghetto, Favella o Quartiere o qualsiasi altro
luogo dove la violenza è il linguaggio, la moneta di scambio e pagamento
quotidiano fuori e dentro la famiglia.

Vi invito a conoscere le attività che la Fundaciòn P.U.P.I realizza in
Argentina e in Italia visitando la pagina web: www.fundacionpupi.org

www.lombrdinelmondo.org

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: