Non affondare la legge Pinto

Richiesta a Berlusconi ed ai Parlamentari tutti di non affondare la legge Pinto

convertendo in legge il fraudolento art. 54 della “Manovra d’estate”, causando così anche, tra l’altro, un enorme numero di ricorsi a Strasburgo per mancanza in Italia di ricorso effettivo contro le lungaggini dinanzi ai TAR.

Sei quello che più di tutti, caro caro Presidente Berlusconi, non fa altro che ricordarci che la rovina dell’Italia è la burocrazia, che io definisco come una tendenza a rendersi temibili o inaccessibili nei propri ruoli allo scopo di poterseli vendere.

Una burocrazia perniciosa la cui straordinaria potenza è unicamente frutto della sapiente “disfunzione” dei TAR, grazie alla quale, qualunque sia la gravità delle violazioni dell’apparato pubblico, non si può fare in sostanza nulla per contrastarle.

Sapienti “disfunzioni” dei TAR sfruttando le quali, nei decenni, la burocrazia si è appropriata della Pubblica Amministrazione e l’ha trasformata nella nota fogna nei cui liquami prosperano gli interessi dei manovratori e soffocano i diritti dei cittadini.

Unico, vero rimedio, la legge Pinto che, consentendo di colpire le lungaggini dei TAR, sta cominciando a costringerli a divenire più veloci, perché la lentezza è peraltro anche un presupposto importante dell’iniquità e dell’ostilità ai cittadini che li caratterizza.

Ecco pertanto che, prontamente, dal cuore della Presidenza del Consiglio e dei Ministeri delle Finanze e della Giustizia parte l’offensiva del mostro degli apparati e delle burocrazie: una breve norma dal titolo fraudolento di “Accelerazione del processo amministrativo” (art. 54 della Manovra d’estate).

Fraudolento perché l’art. 54 non è in alcun modo rivolto ad accelerare il processo amministrativo, ma solo ad affondare i ricorsi ex legge Pinto impedendo che si possa chiedere l’indennizzo per le lungaggini, per garantire così la prosecuzione di quelle “disfunzioni” dei TAR che tanto piacciono ai funzionari della Presidenza del Consiglio, dei Ministeri in questione, e dell’apparato tutto, ispiratori e/o autori materiali dell’art. 54.

Una norma per introdurre il trucco di prevedere che il ricorso ex legge Pinto in relazione ai ricorsi ai TAR sia proponibile solo quando sia stata presentata una “istanza di prelievo” (un’inefficacissima istanza con la quale si chiede la trattazione di urgenza della causa) entro sei mesi da un termine che, peraltro, nella legge, allo stato, non è precisato quale sia.

Art. 54 la cui conversione in legge affonderebbe i ricorsi ex legge Pinto perché sia la Corte Europea che la Corte di Cassazione e le Corti d’Appello tutte hanno ormai da alcuni anni negato ogni rilevanza alla istanza di prelievo, sicché nessuno le ha più presentate, tanto più che nessun TAR ha mai accelerato nulla in seguito ad alcuna istanza di prelievo.

Una norma che inoltre affonderebbe sì i ricorsi ex legge Pinto, ma rilancerebbe i ricorsi a Strasburgo, perché, divenendo impossibile agire in Italia, nascerebbe il diritto a ricorrere a Strasburgo per mancanza in Italia del ricorso effettivo per l’indennizzo delle lungaggini nelle cause contro la Pubblica Amministrazione.

Ricorsi a Strasburgo che presenteremmo tutti, in massa, a partire da me, che sono, come in altre occasioni, il principale destinatario dell’art. 54, oltre che delle azioni penali che, ora come in passato, di certo cominceranno a fioccare per cercare di fermarmi (nella prima, gratuita e sballata come sempre, si è preso la briga di costituirsi parte civile il buon Gianni Letta).

Art. 54 che sto segnalando ai deputati e senatori tutti perché si tratta di norme che parti deviate dell’apparato cercano di contrabbandare alla chetichella, giacché escludo che se i parlamentari analizzeranno il problema potranno far passare, in un momento come questo, una simile violazione del diritto alla celerità del processo e delle norme e della giurisprudenza con le quali l’Europa si affanna a cercare di attuare detta celerità.

L’altro espediente al quale questi apparati deviati sono ricorsi è quello di introdurre, sempre all’art.

54, un termine di 5 anni, anziché 10, per la perenzione dei processi, per cui, non più dopo 10 anni, ma dopo 5 anni, la cancelleria dovrà avviare una procedura con cui si comunica al ricorrente che, in mancanza di una sua istanza, il ricorso sarà archiviato.

Una norma alla quale si ribelleranno probabilmente, per cominciare, le cancellerie, e che serve solo ad aggiungere altri costi ed adempimenti perniciosamente inutili a quelli che già si devono sopportare, e che, come la disposizione sulle istanze di prelievo (da doversi presentare da ora in pratica ogni sei mesi senza alcuna utilità), renderà ancora più lungo, costoso e complesso il ricorso ai TAR.

Alfonso Luigi Marra

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