Dal sito dei Lombardi nel Mondo
Paola Chiesa. Lettere dal fronte e dalla prigionia di soldati lombardi
La ricostruzione della storia dei militari lombardi che hanno combattuto
durante la seconda guerra mondiale attraverso i fascicoli degli archivi
dellÂ’Esercito. Un lavoro di ricerca paziente e laborioso per dare il giusto
riconoscimento a persone e vicende sconosciute.
Paola Chiesa ha 28 anni, unÂ’età in cui si pensa solitamente al futuro ed
abita a Canevino, in provincia di Pavia. E’ docente di Lingua – letteratura
Italiana e Storia negli Istituti di istruzione Secondaria Superiore. EÂ’
balzata recentemente allÂ’attenzione della cronaca per un articolo che
traccia il suo lavoro di ricerca sulla documentazione relativa ai militari
lombardi durante la seconda guerra mondiale.
La storia di chi non ha avuto lÂ’opportunità di scriverla a grandi caratteri,
così simile a quella degli interpreti delle grandi migrazioni di fine
Ottocento, viene riproposta attraverso le lettere e tutto quanto è rimasto
di loro negli archivi dellÂ’Esercito.
A questo punto lascio lo spazio a Paola Chiesa, lÂ’insegnante che tutti
avremmo voluto avere nelle nostre aule scolastiche.
Come è nata lÂ’idea di fare ricerche sui militari della seconda guerra
mondiale?
Circa tre anni fa, per colmare un vuoto enorme nella storia locale della
“mia” Comunità Montana dellÂ’Oltrepò Pavese (“mia” perché risiedo in uno dei
46 comuni) ho chiesto ed ottenuto dal Ministero della Difesa di avere
accesso alla documentazione matricolare pavese allÂ’interno dellÂ’ex Distretto
Militare di Milano – l’attuale Centro Documentale. Anche solo la
denominazione “Distretto Militare” mi lasciava perplessa. Ragazza, 25 anni,
per di più civile in una caserma allÂ’epoca solamente maschile mi intimoriva
un pò. Mi sono avvicinata a questo mondo “grigio verde” in punta di piedi
per non volerne più uscire. Le ricerche riguardavano i caduti ed i dispersi
della mia Comunità Montana al fronte russo e mi hanno aperto realmente un
mondo che ignoravo del tutto: archivi ricchi di polverosi faldoni contenenti
tutti i documenti prima solamente studiati nei libri di storia.
Esordisco in campo editoriale nel 2007 con l’imponente volume “I CADUTI E I
DISPERSI DELLA COMUNITÀ MONTANA DELLÂ’OLTREPÒ PAVESE NELLA CAMPAGNA DI RUSSIA
(1941-1943) – con una nota di Mario Rigoni Stern” scomparso purtroppo
recentemente.
Dopo questa prima pubblicazione, ho avuto la possibilità – grazie al
Generale di Brigata Camillo de Milato al quale va tutta la mia profonda
stima e gratitudine – di continuare le ricerche, soffermandomi in
particolare sulle lettere dal fronte e dalla prigionia. Aprile 2008 esce
“LETTERE DAL FRONTE E DALLA PRIGIONIA DI SOLDATI LOMBARDI”, un prezioso
cofanetto comprensivo di due volumi finanziato interamente dalla Regione
Lombardia.
Era necessario, per completare le biografie dei soldati, recuperare ancora
una volta i fogli matricolari, in parte però versati per legge allÂ’Archivio
di Stato di via Senato. È nata in questo modo questa grande solidarietà e
collaborazione siglata il 25 gennaio scorso che ha realizzato e realizzerà
sicuramente grandissimi progetti finalizzati in altrettante pubblicazioni.
Il protocollo dÂ’intesa si sforza di ridare spessore umano ad episodi storici
che non vanno assolutamente dimenticati, ma vanno anzi fatti continuamente
presente alle nuove generazioni
Fra pochi giorni uscirà “…VIENE LA SERA IN UN TRAMONTO ROSSO. DIARIO DI
GUERRA, LETTERE E POESIE DI MARCELLO CAGNONI”, Tenente classe 1915 di Montù
Beccaria (PV).
Ho concluso una ricerca specifica sulla censura nella corrispondenza
militare milanese che uscirà spero entro il 2008. 100 lettere “Verificate
per censura” scritte ed inviate da e per il fronte di guerra o campo di
prigionia negli anni del secondo conflitto mondiale. Lettere scrupolosamente
annerite da china nera per evitare che notizie “a rischio” trasmesse dai
militari e dai civili potessero essere divulgate, anche inconsapevolmente, e
danneggiare la collettività.
In occasione del centenario della Croce Rossa (1859 – 2009) sono stata
incaricata dal Comando Militare Esercito Lombardia e dal Centro di
Mobilitazione della Croce Rossa di Milano di realizzare un volume
commemorativo che testimonierà lÂ’impegno della Croce Rossa nella
corrispondenza dei prigionieri di guerra durante il secondo conflitto
mondiale.
Che collaborazione hai avuto dalle autorità militari?
Piena collaborazione e piena disponibilità. Tutti, nessuno escluso, sia del
Comando Militare Esercito Lombardia sia del Centro Documentale di Milano si
sono sempre dimostrati nei miei confronti molto attenti e premurosi. Esprimo
la mia profonda gratitudine al Generale di Brigata Camillo de Milato,
Comandante del Comando Militare Esercito Lombardia, promotore di unÂ’energica
azione di riscoperta e divulgazione della memoria storica. La realizzazione
dei volumi è stata possibile grazie alla collaborazione del Colonnello
Giuseppe De Marco, Capo del Centro Documentale di Milano, che mi ha
affiancato due preziosissimi collaboratori nonché due “angeli custodi”: il
Tenente Colonnello Francesco Cardullo ed il 1° Maresciallo Giuseppe Santoro.
Qual è stata la reazione delle famiglie che hai contattato?
Molti dei parenti – da me contattati durante le ricerche – sono stati
felici di contribuire: non sempre lo scorrere del tempo seppellisce i
ricordiÂ…le famiglie non dimenticano. Si sono prodigate per cercare,
raccogliere, fotocopiare e spedire documenti, lettere e fotografie. Erano
difficilmente raggiungibili quei piccoli “archivi familiari”, custoditi
gelosamente dalle madri, dalle spose, dalle sorelle dei reduci, dei caduti,
dei dispersi, dei prigionieri. Bisognava acquisire quegli epistolari, quei
documenti, quelle informazioni senza procurare nuovi traumi e sofferenze.
Occorreva molta umiltà e prudenza nel chiedere.
Chi ti ha sostenuto di più?
LÂ’Esercito Italiano. Ogni pubblicazione ne riporta il logo. Collaborare con
lÂ’Esercito Italiano è per me motivo dÂ’orgoglio e di grande responsabilità.
Qual è stato il ruolo della casa editrice Guardamagna di Varzi?
Fondamentale. Il semplice rapporto di lavoro si è trasformato nel giro di
pochi mesi in sincera amicizia. I fratelli Corrado e Luigi Guardamagna sono
due persone eccezionali. Lavorano con estrema precisione e passione. Credono
in tutte le loro pubblicazioni. Recentemente, in unÂ’intervista, alla domanda
“A quale volume edito nel 2007 siete più legati” hanno risposto il mio! Sono
onorata. Patrizia, la moglie di Corrado, scherzando dice a tutti di essere
diventata la mia segretaria. Sono piacevoli le ore trascorse insieme. E poi
il santo Emanuele FirpoÂ…che pazienza ha con me!!! Si occupa di tutti i
progetti grafici ma per i miei ha sempre un occhio di riguardo.
Quali progetti hai per il futuro ?
Pubblicare 10 libri entro i trentÂ’anni. Sono a quota ventotto e ho già
concluso cinque ricerche storiche delle quali due già edite e due in corso
di stampa.
v I CADUTI E I DISPERSI DELLA COMUNITÀ MONTANA DELLÂ’OLTREPÒ PAVESE NELLA
CAMPAGNA DI RUSSIA (1941-1943) – con una nota di Mario Rigoni Stern
(edizioni Guardamagna, 2007)
v LETTERE DAL FRONTE E DALLA PRIGIONIA DI SOLDATI LOMBARDI (edizioni
Guardamagna , 2008)
v “… VIENE LA SERA IN UN TRAMONTO ROSSO”. DIARIO DI GUERRA, LETTERE E POESIE
DI MARCELLO CAGNONI (edizioni Guardamagna , 2008) in stampa
v “VERIFICATO PER CENSURA”. LA CENSURA MILITARE NELLA CORRISPONDENZA
MILANESE (1940 – 1945) (2008) in stampa
v LA CROCE ROSSA NELLA CORRISPONDENZA DEI PRIGIONIERI DI GUERRA MILANESI (?
2009)
Mi piacerebbe realizzare inoltre un volume che, attraverso le immagini da me
scattate al fronte, renda onore ai Nostri soldati italiani impegnati
allÂ’estero nelle missioni di pace.
Il 4 novembre 2008, festa delle Forze Armate, ci sarà la premiazione degli
studenti degli Istituti di Istruzione Secondaria Superiore che hanno
partecipato al Progetto civico – culturale “Una lettera da scrivere alla
famiglia di un caduto in una operazione di pace”. L’Esercito, come sinonimo
di pace e non di guerra, è protagonista nel protocollo dÂ’intesa con
lÂ’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia allÂ’interno della
Convenzione “La pace si fa a scuola” firmata dal Ministro della Difesa,
Arturo Parisi, e dal Ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni.
In questo accordo sono Responsabile per la Regione Lombardia del progetto.
Sono numerose le Operazioni in territorio nazionale e le Missioni oltremare
(ONU, NATO, Forze Multinazionali) svolte dal personale delle Forze Armate
italiane in tutto il mondo. Oltre che in Iraq, nel corso dell'Operazione
“Antica Babilonia”, lÂ’Esercito Italiano ha dovuto offrire ed offre tuttÂ’ora
il suo gravoso tributo di vite umane, dolorosa testimonianza dei rischi di
una professione che richiede ideali di riferimento molto solidi: lÂ’amor di
Patria, la generosità, lÂ’onore.
Si è pertanto concordato con lÂ’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia
di realizzare un Progetto “civico-culturale” finalizzato alla stesura di una
lettera indirizzata alla famiglia di un Caduto in operazione di pace, volto
ad una sensibilizzazione in ordine all'impegno profuso a sostegno della pace
in varie aree del mondo ed in diversi periodi.
Il Concorso, aperto a tutte le scuole che aderiranno allÂ’iniziativa,
permetterà ai giovani di riannodare il filo di un dialogo fra generazioni
che nemmeno la morte può interrompere.
Come vissero la guerra i giovani che la fecero? Come sopravvivono i genitori
al dolore per la perdita del figlio che si è sacrificato per la Patria? Come
vivono la guerra i nostri studenti, che emozioni ne traggono?
I sentimenti, ad esempio nella lettera di uno studente nellÂ’accorato
esclusivo dialogo con la madre di un Caduto, dovranno potersi tradurre nella
dimensione più meditativa e solida di valori, veri atti di confessione sul
passato e prospettive di migliore ordine di vita.
Attraverso il Progetto la guerra emerge, quindi, soprattutto, come campo di
condensazione affettiva, recupero di un potenziale umano ed interiore, che
uscì rinvigorito proprio dal triste bagno di sangue, depositandosi nei
canali della solidarietà ed in semplici toccanti testimonianze, capaci di
parlare alle società del futuro.
Il Progetto “civico – culturale” vuole compiere il primo passo di un
percorso ancora lungo ma non per questo irrealizzabile. Le emozioni, i
pensieri più profondi, la solidarietà che gli studenti manifesteranno
attraverso i loro scritti ai genitori dei nostri Caduti, soldati valorosi ma
soprattutto figli, saranno premiati.
Quei giovani hanno compiuto fino in fondo il proprio dovere ed il loro
sacrificio non sarà vano; il servizio agli altri portato sino a donare la
propria vita per la Patria che l'ha chiamato a servirla in una missione di
pace tanto importante e altrettanto pericolosa non può essere dimenticato.
È un dovere. È un dovere ricordare ed essere vicini alle famiglie delle
vittime perché, in fondo, siamo tutti sotto lo stesso cielo.
Il Progetto sarà affiancato da una mostra sulle lettere dal fronte scritte
da soldati lombardi nel secondo conflitto mondiale e conservate negli
archivi del Centro Documentale di Milano. Si tratta di testimonianze umane e
vissuti esistenziali proposti alla diretta sensibilità degli studenti e non
solo.
Nel soldato al fronte non si ritrova esclusivamente affezione al meccanismo
del sistema militare, lÂ’esemplare retorica dellÂ’eroe e la superiore
sicurezza degli obiettivi, ma la paura dellÂ’uomo davanti allÂ’estremo
pericolo, lÂ’anelito ad una pace a lungo desiderata, mentre dignità e senso
del dovere attengono alla Patria.
→ Sono stata responsabile nel 2008 per la provincia di Pavia del
training day.
Sito: www.trainingday.it (vedi galleria fotografia PAVIA). Per il 2009 non
lo sarò più perché voglio concentrarmi sul progetto civico culturale e sulle
ricerche storiche in collaborazione con lÂ’Esercito Italiano.
Ernesto R Milani
Ernesto.milani@gmail.com
30 giugno 2008
Paola Chiesa
Paola Chiesa, I CADUTI E I DISPERSI DELLA COMUNITÀ MONTANA DELLÂ’OLTREPÒ
PAVESE NELLA CAMPAGNA DI RUSSIA (1941-1943) – con una nota di Mario Rigoni
Stern (2007), pp. 863, Guardamagna Editori in Varzi.
Lo scopo di questa pubblicazione è quello di unire, per la prima volta
insieme, i profili biografici dei Caduti e dei Dispersi della Comunità
Montana dellÂ’Oltrepò Pavese nella Campagna di Russia (1941-1943),
tristemente ricordata per le sue perdite umane.
Sulla Seconda Guerra Mondiale e sulla Campagna di Russia in particolare, la
bibliografia è immensa: hanno scritto gli storici, gli alti gradi
dellÂ’esercito, hanno scritto gli uomini di cultura; manca invece la voce
della gente semplice, del contadino, del manovale, del panettiere, manca la
voce dei soldati. Manca quella guerra che mi sono prefissata di raccontare
attraverso le biografie, le lettere e le fotografie qui recuperate alla
memoria, affinché la storia “vista dal basso” abbia il suo spazio e
contribuisca a restituire anima alla Storia “alta” riportando alla luce
volti, parole, pensieri, affetti degli uomini che lÂ’hanno scritta.
LÂ’opera è il risultato di una ricerca durata oltre due anni, intrapresa con
lÂ’obiettivo di recuperare la dimensione del vissuto individuale come
elemento essenziale per la comprensione della Campagna di Russia, oltre e al
di là della lotta armata, che rimane peraltro centrale e decisiva.
Gli avvenimenti del dicembre 1942 e i successivi del gennaio 1943 lasciarono
un segno profondo nelle popolazioni dellÂ’Italia intera; tutte le regioni,
nessuna esclusa, vennero toccate da questi eventi. I Caduti e i Dispersi
della Comunità Montana dellÂ’Oltrepò Pavese, allo stato attuale delle
ricerche, furono 308: generazioni scomparse per sempre.
Ad ogni Caduto e Disperso è stata dedicata una scheda personale composta da
una nota biografica con le informazioni ufficiali che è stato possi¬bile
reperire dai fogli matricolari conservati negli Archivi del Comando Militare
Esercito Lombardia. LÂ’autorizzazione ad accedere ad una documentazione così
importante è pervenuta dal Comando per il Territorio di Firenze grazie
allÂ’intervento del Consiglio Provinciale Permanente delle Associazioni
Combattentistiche e dÂ’Arma di Pavia. Su richiesta, il Centro Studi della
Presidenza Nazionale dellÂ’Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia
(U.N.I.R.R.) e il Ministero della Difesa, Commissariato Generale Onoranze
Caduti in Guerra mi hanno fornito lÂ’elenco di tutti i Caduti e i Dispersi al
fronte russo della provincia di Pavia. Da questo elenco ho estrapolato i 308
nominativi relativi ai soldati nati nei 46 comuni dellÂ’attuale Comunità
Montana dellÂ’Oltrepò Pavese. Grazie alla preziosa collaborazione degli
Uffici Anagrafe, a questo elenco ho aggiunto i nominativi di tre soldati non
nati in Comunità Montana ma ivi residenti allÂ’atto dellÂ’arruolamento.
Molti dei parenti dei Caduti – da me contattati durante la ricerca – sono
stati felici di contribuire alla raccolta con altre fotografie e lettere che
ancora conservavano: non sempre lo scorrere del tempo seppellisce i
ricordiÂ…le famiglie non dimenticano.
Non tutti i messaggi furono recapitati ai familiari, alcuni sono rimasti
sepolti per sessantaquattro anni nei fascicoli polverosi degli Archivi
pubblici e privati senza poter raggiungere i destinatari;
con la ricerca spero di contribuire a sanare una piccola ferita della storia
di quegli anni.
Il mondo delle idee, degli affetti, che emerge da queste let¬tere è il più
vario possibile; ogni messaggio, ogni biglietto è lo specchio di una
personalità diversa e distinta dalle altre, che lo rende unico.
Alcune lettere hanno un carattere familiare, altre carattere più
marcatamente patriottico. CÂ’è chi dà lÂ’estremo addio ai propri cari e chi,
nonostante tutto, è animato dalla speranza di sopravvivere; chi si affida a
Dio e chi ha fiducia nella propria fede politica; chi descrive il freddo, le
sofferenze subite e chi tranquillizza la madre o la moglie a casa; chi
maneggia la penna con la sicurezza dellÂ’uomo colto e chi incespica un poÂ’
nellÂ’italiano rivelando le sue origini umili; da ciascuna traspaiono però
il coraggio e la fierezza del comportamento che unisce il semplice soldato e
lÂ’ufficiale. Leggendo le lettere è evidente che in tutti i soldati prevale
il desiderio di rassicurare i familiari lontani che la vita al fronte
orientale è, se non proprio gradevole, sopportabile. La madre è la persona a
cui questi giovani pensano maggiormente, quella che vorrebbero consolare di
più, poi i figli, il padre, la moglie, lÂ’amica, i nonni, gli zii, i cuginiÂ…
LÂ’impressione che si trae è di grande coraggio e serenità, ma tra le righe
si avverte anche il disagio che nasceva dallÂ’incertezza del futuro, dalla
nostalgia degli affetti, dalla preoccupazione per la famiglia e il lavoro.
Le lettere giungono al lettore in modo semplice, senza corredi e istruzioni
alla lettura.
Tutte le lettere sono state trascritte fedelmente, senza compiere alcun
intervento di correzione.
LÂ’opera – resoconto il più possibile obiettivo nel rispetto dei reduci e
della memoria dei tanti che, Caduti o Dispersi, dallÂ’U.R.S.S. non sono
tornati – si sforza di ridare spessore umano a una tragedia che non va
assolutamente dimenticata, ma va anzi fatta continuamente presente alle
nuove generazioni: raccontare, ricercare materiale, pubblicare libri,
allestire mostre fotografiche sono altrettante strade utili non solo a
riannodare il filo del dialogo fra le generazioni, ma anche a costruire
quella comune memoria storica senza la quale una comunità non può dirsi
tale.
Prefazione al volume medesimo di Paola Chiesa
Ernesto R Milani
30 giugno 2008
Pubblichiamo le schede degli altri tre volumi sui militari lombardi durante
la seconda guerra mondiale
I primi due volumi sono quelli che colpiscono di più perché rivelano la
parte più intima dellÂ’uomo di fronte alla vita agra e alla possibile morte.
Paola Chiesa, LETTERE DAL FRONTE E DALLA PRIGIONIA DI SOLDATI LOMBARDI OPERA
IN DUE VOLUMI (2008), OPERA IN DUE VOLUMI,
PP. 421 + PP.349.GUARDAMAGNA EDITORE IN VARZI.
“Le cose che si dimenticano – come scrisse Mario Rigoni Stern – possono
ritornare. È un dovere far ricordare”. E il modo migliore, a mio avviso, di
ricordare i soldati lombardi è farne conoscere le lettere, a volte le loro
“ultime” lettere, scritte dal fronte e dalla prigionia durante il secondo
conflitto mondiale.
Questa pubblicazione è una restituzione di memoria.
Una pubblicazione in cui ritrovano voce quei “sommersi” della storia che il
silenzio delle fonti ufficiali si ostina a soffocare.
Ho raccolto con cura le lettere che i reduci, i caduti e i dispersi avevano
inviato alle famiglie dai vari fronti di guerra e dai campi di prigionia.
Lettere commoventi, lettere toccanti, lettere che fanno riflettere.
Una serie di lettere inedite che ci restituisce l'intenso scambio di
informazioni che il soldato tenne con la sua famiglia, con la moglie e con i
suoi cari.
Stupisce, sfogliando i due volumi, non solo la quantità e la varietà delle
carte, quanto il numero di scriventi. Presumibilmente tutti i soldati
partiti dalla Lombardia scrissero a casa almeno una volta. Una
comunicazione, quella scritta, estranea al mondo a cui appartenevano. Un
mondo prevalentemente contadino, che per la prima volta si cimenta con carta
e penna per mantenere vivi i rapporti con il proprio paese e con i propri
familiari.
La lettura di queste preziose lettere ci offre la possibilità di ricostruire
l'immagine della guerra attraverso scritture dense di capacità comunicativa,
solo all'apparenza omologate dalla censura militare.
Tutti gli scriventi hanno sostanzialmente il medesimo bagaglio culturale: si
tratta di giovani con un percorso di studi modesto, solo i più istruiti
hanno frequentato la classe quinta elementare. Nonostante ciò, tutti sentono
la necessità di scrivere.
Caratteristica costante di molte missive è quella della presenza di formule
di apertura e di chiusura che si ripetono sempre uguali. Nelle frasi di
apertura spesso leggiamo “godo di ottima salute e spero il simile di voi
tutti” al fine di tranquillizzare la famiglia sul proprio stato di salute.
In quelle di chiusura compare invece “termino con la penna ma non con il
cuore”.
I soldati al fronte hanno la necessità di scrivere come di ricevere posta
per sentirsi meno soli.
Il desiderio dei soldati è infatti quello di ricevere posta quotidianamente,
avere notizie dei propri cari e del proprio paese: “mandatemi lettere
lunghe”, “scrivete sovente”.
Essere informati sulle piccole questioni di casa – “comÂ’è la campagna?”, “è
piovuto?” – aiuta a sentirsi ancora parte della collettività.
Attraverso la paziente e sempre dolorosa raccolta di lettere conservate
negli Archivi del Comando Militare Esercito Lombardia, ne ho selezionate 300
che per contenuto risultano le più significative. Ho preferito riportarle
alfabeticamente per autore e non in ordine cronologico.
Le 150 lettere scritte dai vari fronti – alpino occidentale, greco,
albanese, africano, russo – e dall’Italia, come ultima data riportano
settembre 1943. Unica eccezione il bellissimo scritto di Francesco Gnecchi
Ruscone, inviato alla famiglia nel dicembre 1944, perché al momento
dellÂ’armistizio era ancora in attesa di chiamata.
Anche i prigionieri di guerra, come i soldati al fronte, erano autorizzati a
spedire e a ricevere lettere o cartoline.
Le 150 lettere dalla prigionia – Africa, America, Germania, Grecia, India –
raccolte nel secondo volume, colpiscono per la profondità dei messaggi
scritti da soldati consapevoli di trascorrere purtroppo gli anni migliori,
quelli della gioventù, privi di libertà e circondati da filo spinato.
Ogni prigioniero di guerra era messo in condizione, dal momento della sua
cattura o al più tardi, una settimana dopo il suo arrivo in campo di
transito, come pure di malattia o di trasferimento in un lazzaretto o in
altro campo, di inviare direttamente alla famiglia una cartolina per
informare della sua prigionia, del suo indirizzo e del suo stato di salute.
Potevano scambiarsi al massimo 25 parole sia di domanda che di risposta e
solo di notizie famigliari.
Da segnalare nei due volumi la presenza di lettere censurate. La necessità
di salvaguardare la sicurezza nazionale ed evitare che notizie trasmesse dai
militari e dai civili potessero essere divulgate anche inconsapevolmente e
danneggiare la collettività fece si che il 23 Maggio 1915, il giorno prima
dell'entrata in guerra dell’Italia contro l'Austria – Ungheria, con Regio
Decreto venne istituita la censura postale da attuarsi con opportune
commissioni militari e civili su tutta la posta inviata sia dai militari che
dalla popolazione civile. Il sistema censorio dipendeva dal Servizio
Informazioni del Comando Supremo Militare. Le tracce postali della censura
sono numerose sulle corrispondenze del periodo bellico del secondo conflitto
mondiale. Le buste da censurare erano aperte, veniva bollato con numero del
censore il foglio della corrispondenza ed ispezionata la busta per accertare
eventuali scritti interni specie sulle alette gommate di sigillatura e sotto
il francobollo. Successivamente le buste venivano richiuse con una fascetta
di censura, solitamente un nastro gommato prestampato che riportava la
scritta“ Verificato per censura”. Eventuali frasi non concesse di lieve
entità, come nelle lettere qui pubblicate, erano cancellate con inchiostro
di china. Se gli invii rientravano in normative non concesse erano
restituiti al mittente, se invece le frasi erano considerate gravi, la
corrispondenza era trattenuta dalla censura che segnalava il fatto
all'autorità militare per i provvedimenti che potevano essere anche molto
pesanti per i civili e pesantissime per i militari.
Nella trascrizione dei testi ho cercato di non perdere le caratteristiche e
i tratti della scrittura autografa e dellÂ’impaginazione rispettando tutte le
anomalie e rimanendo per quanto possibile fedele alla forma grafica
originale.
Le lettere qui raccolte sono accompagnate tutte da note biografiche.
Biografie essenziali per dare ancora maggior risalto alle lettere.
I cenni biografici dei reduci si fermano volutamente, come nei rispettivi
fogli matricolari, al congedo illimitato.
Mi auguro che la pubblicazione possa essere oggetto di attenta lettura da
parte soprattutto di giovani, che potranno trarne stimoli importanti per
crescere, per rafforzare il proprio senso di identità e di comunità, in una
dimensione di rispetto per lÂ’altro, per i propri padri, per le generazioni
future.
Il quarto volume di cui si traccia la vicenda è invece una storia più
articolata, molto diversa dalle schegge cui siamo abituati, brevi lettere,
cartoline, messaggi che nascondono personalità inespresse.
Questo diario di guerra è la storia della trasformazione di un uomo in
seguito alle traversie della vita in guerra e dopo. .
Paola Chiesa, VIENE LA SERA IN UN TRAMONTO ROSSO”. DIARIO DI GUERRA, LETTERE
E POESIE DI MARCELLO CAGNONI (2008) PP. 150, GUARDAMGANA EDITORI IN VARZI (
IN CORSO DI STAMPA).
La storia di Marcello Cagnoni è la storia di unÂ’anima. È la storia di un
uomo eccezionale. È la storia di un marito, di un padre, prima ancora che di
un Ufficiale.
Nasce a Montù Beccaria (PV) il 30 marzo 1915 da Mario e da Luigia Vercesi.
Il padre decede in prigionia a Mauthausen nel 1918. Frequenta lÂ’Istituto
Magistrale “A. Cairoli” di Pavia diplomandosi il 30 luglio 1936. Ottiene
lÂ’incarico di Maestro presso le scuole elementari di Broni e di Stradella.
Nel maggio 1936 è privato anche dellÂ’affetto della tanto amata madre. Un
dolore mai sopito che lo accompagnerà tutta la vita.
Si iscrive allÂ’Università Cattolica di Milano per conseguire la laurea in
materie letterarie ma non continua gli studi per il richiamo alle armi. Il 9
febbraio 1937 ha lÂ’obbligo di frequentare i Corsi per Allievi Ufficiali di
Complemento.
Il 28 giugno 1937 si unisce in matrimonio a Montù Beccaria con Lina Bedini.
Nasce Marika il 13 aprile 1938.
È ammesso quale Allievo Aspirante Ufficiale ai Corsi per Allievi Ufficiali
di Complemento presso la Scuola di La Spezia, Arma di Fanteria, il 10
settembre 1938. È nominato Allievo Ufficiale di Complemento il 12 dicembre
1938. Tale Aspirante Allievo Ufficiale di Complemento Arma di Fanteria nel
38° Reggimento Fanteria il 21 aprile 1939. Giunge nel 38° Reggimento
Fanteria il 10 aprile 1939 per prestarvi il servizio di prima nomina. È
nominato Sottotenente il 12 ottobre 1939.
Partecipa dallÂ’11 al 25 giugno 1940 alle operazioni di guerra svoltesi alla
frontiera alpina occidentale. Comanda un Plotone Mortai da 81 rimanendo tre
giorni con i suoi uomini assiderati da una temperatura glaciale, senza vitto
e senza collegamento con il Comando nella zona del Passo del Diavolo.
Partecipa dal 6 al 18 aprile 1941 alle operazioni di guerra svoltesi alla
frontiera italo jugoslava. Partecipa dal 5 al 25 maggio 1941 alle operazioni
di guerra svoltesi in Balcania.
Al suo ritorno la moglie, ammalata di tubercolosi, è ricoverata nella
clinica dellÂ’Università di Pavia.
Deve così provvedere, da solo, alle cure della figlia.
È nominato Tenente il 1° agosto 1941.
Parte per la Russia il 17 giugno 1942 con il 38° Reggimento Fanteria
“Ravenna” mobilitato facente parte dell’A.R.M.I.R.
La moglie, dimessa dalla clinica di Pavia e rimasta per un breve periodo di
tempo a casa, è ricoverata nel Sanatorio di Ornago presso Monza.
Parte senza salutarla. Senza salutare lei e senza vedere la sua Marika
sistemata da quattro anni dai suoceri. Alla stazione di Piacenza un tuffo al
cuore: Marika è li, sulla pensilina accompagnata dal nonno materno.
Il diario e le lettere dal fronte russo sono anomale rispetto alle numerose
pubblicazioni sullÂ’argomento. Non contengono immagini di epiche battaglie,
non tragiche marce su piste disseminate di cadaveri, non la descrizione
delle temperature polari che riducono la vita al limite della sopravvivenza.
Niente di tutto questo in Marcello Cagnoni. Spesso la tragica guerra di
Russia assume gli aspetti di una scampagnata faticosa, ma pur sempre
scampagnata.
Ecco le lunghe e tediose giornate in cui vengono invertite le abitudini
normali: di notte è in agguato con i compagni, di giorno dorme. Solo le
sentinelle sono continuamente in osservazione. Alla sera, subito dopo il
rancio, attende il momento più bello della giornata, lÂ’arrivo della posta.
Il paese e la famiglia costituiscono il cordone ombelicale che tiene in vita
le sue speranze ed alimenta la sua fiducia in un sicuro ritorno a casa, reso
più concreto dalle lettere che colorano in modo diverso le sue giornate. Ma
è solo unÂ’apparenza, un velo per tranquillizzare i familiari in ansia e per
rassicurare sé stesso che “la vittoria è vicina”. Scrive in una lettera
indirizzata alla moglie datata 24 maggio 1942 “Se il destino vuole che i
miei occhi si chiudano lontano da te migliaia e migliaia di chilometri,
tieni per fermo che lÂ’ultima mia parola a pronunciare sarà il tuo nome e
quello della mia creatura idolatrata”. Qualunque cosa dovesse succedere,
Marcello Cagnoni è tranquillo, sereno, perché è consapevole di compiere il
primo dovere che gli aspetta, come cittadino, come soldato, come ufficiale.
“Quando la Patria chiama – afferma nella stessa lettera – io credo che
nessuno è tenuto a vantare dei diritti: tutti indistintamente abbiamo dei
doveri”.
È decorato della medaglia di bronzo al Valore Militare sul campo il 12
gennaio 1943 con la seguente motivazione: “Comandante di Plotone Mortai da
81, durante aspro e violento combattimento con ammirevole abnegazione e
sprezzo del pericolo da posizione avanzata dirigeva con grande perizia il
fuoco delle sue armi concorrendo efficacemente a stroncare lÂ’attacco nemico
ed infliggendogli forte perdite” – Fiume Don, Krassno Orechovo (fronte
russo), 16 dicembre 1942.
Rimpatria a Tortona il 20 maggio 1943.
La moglie nel frattempo era stata dimessa dal Sanatorio di Ornago. Le
avevano fatto credere di stare bene. In realtà la sua degenza nel luogo di
cura non era suscettibile di alcun miglioramento.
NellÂ’agosto 1943 segue il Reggimento in Toscana, prima a Massa Carrara poi a
Torrenieri in provincia di Siena. A Torrenieri lo sorprende lÂ’8 settembre.
Rimane nascosto per un periodo di tempo necessario ad un parziale
ristabilimento dellÂ’ordine e ritorna in famiglia alla fine del mese
sfiduciato, deluso, avvilito. È spettatore degli avvenimenti per tutto il
mese di ottobre, novembre e parte di dicembre. Sperava che la situazione
cambiasse Â… ma non poteva tergiversare né vivere di speranze. La moglie
peggiora ogni giorno di più. Alla fine di dicembre non è più in grado di
stare alzata neppure per qualche ora. Rimane a letto dal dicembre 1943 al
giorno della sua morte avvenuta il 6 aprile 1945. “Ad un moribondo – scrisse
Marcello Cagnoni ricostruendo la sua biografia dal 1938 al 1945 – non si può
negare la Luce né togliere la speranza; e mia moglie, assetata di Luce, ebbe
fino allÂ’ultimo respiro una divina speranza, una persuasione continua e
certa che prima o poi avrebbe superato quello che definiva il punto morto
della sua malattia e perciò mi costringeva a procurarle inefficaci ma in
commercio costosissime scatole di iniezioni, sciroppi, specialità medicinali
di cui aveva inutilmente sperimentato l’efficacia a Pavia ed a Ornago”. Per
di più le occorreva una dieta particolare con cibi difficilmente reperibili
come la carne, lo zucchero, il burro. “Intanto si organizzavano le prime
squadre di Patrioti. Ad un pio e dotto amico avevo accennato alla
possibilità di farvi parte. Mi prospettò tutti i rischi e le eventuali
rappresaglie cui sarei incorso. Ritenni che avesse ragione. Va tenuto
presente che Montù Beccaria è un piccolo paese dove sono conosciutissimo,
per esservi nato, per avere, durante la guerra, rivestito il grado di
Ufficiale e per essere stato a contatto di tanti giovani soldati del posto.
La mia scomparsa da casa sarebbe stata immediatamente segnalata alle
autorità nazi – fasciste con le conseguenze che si sono verificate in cento
paesi circostanti. Fu così che decisi di presentarmi al Distretto Militare
di Tortona comandato da un Ten. Colonnello che conobbi quando era Capitano e
prestava servizio al Deposito del 38° Reggimento Fanteria. Fatta presente la
situazione di famiglia, accettai la riassunzione in servizio solo a
condizione di essere impiegato in un Ente territoriale. Il caso mi portò a
reggere nello stesso Distretto l’Ufficio “Presenti alle Bandiere” che aveva
ripreso la sua attività da poco tempo. In qualità di Capo Ufficio lavorai al
Distretto fino al giorno in cui, ricevuta la comunicazione che mia moglie
era in agonia, chiesi al Comandante una licenza per gravi motivi di
famiglia. Alla sua affermazione che la zona di Montù era piena di ribelli,
affermai la mia assoluta necessità di dovermici recare anche senza il suo
permesso. Oso affermare che i Patrioti del luogo, alcuni dei quali abitano a
non più di cento metri da casa mia, non mi hanno mai molestato in
considerazione della mia condizione di famiglia e della mia attività al
Distretto. Erano infatti a conoscenza di tutte quelle forme di assistenza
con cui cercavo di alleviare la situazione economica delle famiglie che per
causa dellÂ’attuale guerra avevano figli, mariti, fratelli morti o
irreperibili. Avvenuta la Liberazione io mi trovavo a Montù a disposizione
delle autorità locali le quali non solo non mi hanno interrogato, ma mi
risulta che hanno pienamente giustificato la mia attività. Al Distretto non
ero visto troppo bene. Di tutti i subalterni in servizio, io solo rimasi:
tutti gli altri, chi con un pretesto chi con lÂ’altro, furono trasferiti a
reparti mobilitati operanti. Di tanto in tanto gli Ufficiali del Distretto
venivano interrogati per dare le loro generalità (come se dopo mesi e mesi
di servizio prestato presso quellÂ’Ente occorressero ancora dati personali) e
sistematicamente veniva loro chiesto se erano o meno iscritti al P. F. R. Ho
dato la mia adesione unicamente per avere la possibilità di rimanere al
Distretto: Tortona dista poco più di 45 Km. da Montù cosicchè mi era comodo
venire di tanto in tanto a casa per trovare mia moglie e la bambina. Non
esito affermare che sono rimasto al Distretto solo per questa mia
particolare situazione. Su quello che fu il complesso delle mie attività in
servizio e fuori servizio posso onestamente deporre le migliaia di persone
che si sono rivolte a me in qualità di Capo Ufficio Presenti Alle Bandiere,
persone che trattai tutte indistintamente con umanità e con garbo
illuminandole su particolari disposizioni di legge che gli impiegati
municipali dei piccoli centri o ignoravano o sÂ’infastidivano voler spiegare
loro. Ho sempre tenuto presente che davanti a me stavano madri ansiose,
spose legate allÂ’eventualità dellÂ’esistenza del marito da un tenue filo di
speranza, sorelle dubbiose che avevano bisogno di parole buone e di
tangibili aiuti per confortare a loro volta la triste esistenza dei loro
genitori cui il grave peso degli anni non permetteva di scendere dalle
montagne fino al centro di Tortona. Diverse volte, di mia iniziativa, ho
scritto direttamente al Ministero per sollecitare il disbrigo di pratiche
pietose eliminando così la burocrazia tediosa della via gerarchica. Ai molti
conoscenti e paesani ho insegnato la via migliore per ottenere esoneri.
Venuto a conoscenza che il soldato Fugazza Bruno doveva essere deportato in
Germania, mi sono in più modi adoperato perché fosse sospesa la sua
partenza: e vi riuscii. Al Partigiano Colombi Angelo ho fatto recapitare un
congedo che – egli stesso lo afferma – lo ha salvato da sicura morte due
volte durante i rastrellamenti effettuati in regione Torrone di Rovescala e
nella zona di S. Maria della Versa. Trovandomi in permesso a Montù mi sono
valso del mio grado e della mia autorità perché elementi delle Brigate Nere
non incendiassero, come avevano divisato, la casa del predetto Colombi. Così
ho tempestivamente avvertito il Cap. Magg. Fassini Peppino di Tortona, in
servizio al Distretto, che doveva essere trasferito a Monza per poi essere
avviato in Germania. Nei corridoi, passando, ho sentito il Colonnello che
diceva: «se riesco a trovare la spia, la faccio fucilare in cortile!». Circa
la fuga di 14 elementi del Distretto guidati dal Serg. Sozzi Angelo,
divenuto poi “Tredici” nelle formazioni partigiane io ero perfettamente
informato. Quando, nei giorni della Liberazione, i Partigiani di S.
Sebastiano Curone scesero in Tortona seppi che alcuni di essi, già miei
soldati al Distretto, vennero ad accertarsi nel mio domicilio se ero
presente e se qualcuno mi avesse fatto del male. Ma io, dal marzo, ero già a
casa e dopo la morte di mia moglie avvenuta il 6 aprile fui oberato di
lavoro: disinfezione della casa, dei mobili e degli indumenti; sistemazione
di svariate faccende di famiglia e di urgenti interessi. Poi ero moralmente
depresso tanto che le giornate della Liberazione avvennero che io non mi ero
ancora fisicamente risollevato dal duro colpo ricevuto. Quando, nel maggio,
mi recai a Voghera per alcune commissioni incontrai “Tredici” ed il Cap.
Magg. Poggi Teresio, pure a suo tempo al Distretto di Tortona: mi
abbracciarono e mi baciarono. Nei loro occhi era il rimpianto di non avermi
avuto con loro nelle giornate della Liberazione. E me lo dissero”.
Trova lavoro presso una ditta commerciale di acciai e dopo un solo anno ne
assume la dirigenza.
È nominato Capitano il 5 aprile 1952.
Il 25 luglio 1964 gli è conferita la Croce di Merito di Guerra per la
partecipazione alle operazioni durante il periodo bellico 1940 – 1943.
È nominato Maggiore il 13 maggio 1966.
Il 15 gennaio 1968 verga il suo testamento spirituale:
“Oggi, 15 gennaio 1968, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali,
ringrazio il Signore di avermi fatto vivere lÂ’esperienza terrena e poiché
sono in pace con tutti, prego il Signore di concedermi tale pace fino
allÂ’arrivo di Sorella Morte. Chiedo perdono a chi involontariamente ho
offeso, comÂ’io di buon grado, perdono a chi mi ha fatto del male. Nato e
cresciuto nella religione cattolica, desidero finire la mia giornata terrena
nelle braccia misericordiose della S. Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana.
Chiedo alla misericordia del Signore di ricordarsi di me nellÂ’ultima ora
della mia vita terrena. Desidero che i miei funerali si svolgano a Montù
Beccaria in forma estremamente semplice. Così dispongo oggi 15 gennaio 1968
– Marcello Cagnoni”.
È Presidente a Montù Beccaria dellÂ’Associazione Combattenti e Reduci e
dellÂ’Associazione Caduti e Dispersi in guerra. Un doppio incarico intrapreso
con la massima serietà. Lui, ex combattente, è lieto ed orgoglioso di
ospitare nella sua sezione altri ex combattenti e soprattutto nuove
generazioni al fine di tenere sempre viva la fiamma del ricordo.
Nel novembre 1973, seduto con lÂ’amico Maestro Angelo Vercesi allÂ’ora del
tramonto sul sasso denominato “trono romano” collocato poco distante dalla
sua abitazione, decide di fondare il Complesso Bandistico Montuese.
LÂ’Amministrazione comunale, dÂ’accordo con lÂ’Associazione Combattenti e
Reduci, festeggiò la data del 4 novembre 1973 facendo intervenire alla
cerimonia la Banda musicale di Retorbido. Sorge così in Marcello Cagnoni
lÂ’idea di creare un complesso musicale anche a Montù Beccaria.
La storia della Banda musicale risale al dicembre 1874. Il 21 gennaio 1878
partecipa sotto la guida dal Maestro Gallo alla messa celebrata nella chiesa
parrocchiale in memoria del compianto Re Vittorio Emanuele. Dopo gli anni
bui delle guerre, il nuovo Corpo Bandistico si pone di dare folklore alle
manifestazioni patriottiche, sagre, cerimonie al fine di riprendere la
interrotta tradizione musicale dei loro padri, di tenere unite e legate alla
propria terra la popolazione locale ed in modo particolare la gioventù, di
costituire un richiamo per le popolazioni delle zone limitrofe. Aderirono a
questa iniziativa: Bruno Bernini, Carlo Pasquini, Libero Quaroni, Albino
Savini e Antonio Valla.
Il 10 giugno 1973 nasce a Montù Beccaria la biblioteca “ Mariuccia Vecchi” e
ne diventa uno dei principali e attivi membri. La sua partecipazione alla
Commissione Dirigente in qualità di segretario è proficua grazie alla sua
innata passione per la cultura. Una biblioteca immensa, allÂ’epoca unica nel
suo genere, composta di 5.000 volumi: classici italiani e stranieri,
dizionari, enciclopedie, politica, arte, religione, geografia, storia,
musica, scienze, medicina. Ai giovani e per i giovani è destinata la
biblioteca, strumento validissimo perché dai libri viene il nutrimento dello
spirito.
La prima uscita ufficiale della Banda, del suo “fiore all’occhiello” si
registra il 4 novembre 1975. Una gioia immensa per tutta Montù, scesa in
strada ad applaudirla. Durante lÂ’estate 1976 i giovani bandisti ebbero nel
corso di una cerimonia la tanto sospirata divisa completa di pantaloni e
camicia beige, cravatta blu, giacca rossa con lo stemma comunale di Montù
Beccaria “Mons Acutus”, bustina per le ragazze, berretto a visiera per i
ragazzi. 22 giovanissimi di cui 10 ragazze uscirono dallÂ’Associazione
Combattenti e Reduci sfilando per le vie del Paese sotto la guida del
Maestro Antonio Allegri. Un importante traguardo reso possibile ancora una
volta dalla forza dÂ’animo del suo fondatore. Un lavoratore instancabile che
si sentiva responsabile della vita di tutte le persone con cui entrava in
contatto.
Ai compagni di questa grande impresa ed ai “suoi” ragazzi sono destinate le
ultime missive scritte il 16 dicembre 1976 in occasione delle festività
natalizie. Lettere ricordate ancora oggi dai montuesi con strema commozione.
Marcello Cagnoni, dopo sessantuno anni vissuti intensamente, si spegne a
Veruno il 18 dicembre 1976 nella clinica in cui da un mese era ricoverato
per enfisema polmonare, malattia contratta in Russia.
CÂ’è qualcosa di veramente unico in questa pubblicazione edita in
collaborazione con lÂ’Esercito Italiano: è la forza della memoria. Sono
trascorsi trentadue anni dalla sua scomparsa. Eppure la memoria di Marcello
Cagnoni a Montù Beccaria è ancora nitida e viva. Viva come vivi sono rimasti
i combattenti nel cuore e nella mente dei loro figli, nipoti, parenti.
Questo volume ha superato le mie stesse aspettative. Lettere su lettere,
gelosamente custodite dalla figlia Marika, a testimonianza di una paternità
vissuta in tutta la sua estensione. Le lettere e le poesie, disposte
rigorosamente in ordine cronologico, ci svelano sempre un aspetto nuovo
della sua personalità. Nel suo modo di essere, nel sorreggere,
nellÂ’incoraggiare, nel modo di comportarsi, cÂ’era tutto il suo essere
cristiano. Una fede che lÂ’ha guidato nel corso degli anni senza mai
abbandonarlo.
La vita e le opere di Marcello Cagnoni stanno diventando pagine sempre più
feconde per la nostra Storia. Tocca a noi, oggi, il difficile compito di
perpetuarne la memoria affinché la sua vita sia viva testimonianza di chi ha
contribuito a rendere grande la Storia. Alla luce di documenti inediti ho
riscritto una pagina importante della storia di Montù Beccaria, immortalato
con rara bellezza nella prosa di “Settembre Montuese”. Questo piccolo
comune, da allora, è cambiato ma ha saputo custodire nel proprio patrimonio
di valori e nelle proprie radici socio culturali la memoria di un grande
uomo.
La commemorazione sia quindi un momento di riflessione e di unità per tutti
noi e soprattutto per i giovani del nostro Paese, che non conoscono le
vicende di quegli anni di guerra se non attraverso le pagine di un libro di
storia.
Per molti giovani e meno giovani Marcello Cagnoni è colui che ha fondato il
Complesso Bandistico Montuese.
Vorrei che da oggi il nome di Marcello Cagnoni fosse ricordato attraverso
queste pagine, manifesto delle sue passioni, della sua profonda fede, dei
suoi affetti sinceri, del suo altruismo, della sua voglia di vivere, delle
sue scelte pubbliche e private. Un uomo – poeta, votato ai grandi ideali
religiosi e familiari.
La Storia è fatta anche di questo: di uomini coraggiosi, definiti da Thomas
Mann “avanguardia di una migliore società umana” che hanno lasciato una
traccia indelebile per i posteri.
Prefazione al volume di Paola Chiesa
Ernesto R Milani
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