di Elio Di Caprio
Questa volta lo shock petrolifero non sarà di natura temporanea
Il petrolio presto a 250 dollari a barile e il gas a 1 dollaro a metro cubo, come prevede il presidente della russa Gazprom. Incubo o realtà? Nessuno lo sa tra i raffinati analisti di politica energetica e i filosofi della globalizzazione. Tutto si tiene e tutto si contraddice con la globalizzazione, specie se lo sguardo si allarga ( o si restringe?) alle concrete realtà nazionali a fronte dei processi che riguardano ormai miliardi di persone sparse nel mondo. Le incongruenze sono all”ordine del giorno. Da una parte Tremonti grida l”allarme e invece di favorire i grandi aggregati per reggere meglio le sfide mondiali non rinuncia per ragioni di politica interna a carezzare le velleità autonomiste della Lega. Dall”altra per l”economista Francesco Giavazzi è un fatto positivo che negli ultimi venti anni, grazie alla globalizzazione, più di un miliardo di persone ( cinesi, indiani e altri asiatici) siano usciti dalla povertà e inizino a consumare. Anzi questo nuovo polo di economia emergente o già emersa riuscirebbe ad attenuare gli effetti della recessione che si sta abbattendo sulle nostre economie. Ma poi lo stesso Giavazzi riconosce che c”è solo un modo per evitare che l”enorme trasferimento di reddito ai Paesi produttori di energia ( c”è l”Arabia Saudita, ma anche la Russia e il Venezuela) non ci impoverisca: produrre di più. Ma per vendere a chi se i nostri redditi sono destinati a scendere?
E” questo il punto centrale della vera e propria crisi del capitalismo adattato al mondo globalizzato. Ora spiega i suoi effetti sul tenore di vita dei popoli europei che non riescono a proteggersi neppure con l”ancora di salvataggio della sempre più difficile integrazione economica e politica dei Paesi UE. Appunto, come dice Giavazzi, a chi vendere se i nostri redditi sono destinati a scendere? Il meccanismo si è inceppato. Senza fare ulteriore filosofia sui danni e sui vantaggi della globalizzazione è un dato di fatto che siamo passati, come occidentali e italiani, in una fase peggiore della precedente dove il “si salvi chi può” corre il rischio di far regredire di colpo la costruzione europea , sottoposti come siamo al nemico “invisibile” della speculazione internazionale.
Per una sorta di ironia della storia il libero mercato, il capitalismo vecchia maniera che pur ha sconfitto il miraggio comunista del secolo scorso si trova esso stesso insidiato, l”economia reale è alla mercè di un capitalismo finanziario senza frontiere che maschera e copre una nuova rincorsa alle materie prime, in prospettiva insufficienti per tutti. La Russia ritorna in campo come un protagonista indispensabile della storia mondiale (non solo economica). Lo è sempre stata nell”ultimo secolo con il comunismo, adesso lo è ancora di più.
Anzi è” lecito pensare che se il “comunismo in un solo Paese” avesse posto radici non in Russia, ma in un altro territorio privo di risorse energetiche, sarebbe imploso ben prima, mettendo a nudo la sua totale inefficienza economica a mala pena compensata dalle ricche fonti energetiche utilizzate per 50 anni per tenere sotto scacco i Paesi del centro Europa. Quell”epoca è finita, ma i problemi sono aumentati.
La storia sembra ripetersi, l”imperialismo vecchia maniera ha fatto il suo tempo, la Russia di Putin e Medvedev beneficia al massimo degli aumenti delle materie prime energetiche e può ricattare ben più della Russia di Breznev la “vecchia” Europa sempre maggiormente dipendente dal gas russo. L”immensa ricchezza dei Paesi del Golfo, più che quintuplicata se il prezzo barile continua a crescere, rende ancora più stridente nel mondo arabo il divario tra i pochi Stati oligarchici del Golfo senza popolo che continuano ad arricchirsi- dall”Arabia Saudita, agli Emirati, al Qatar – e le popolazioni circostanti del Medio Oriente che hanno ancora un tenore di vita da terzo mondo. Gli introiti da petrolio e gas rischiano di stabilizzare ancor più il regime iraniano che resiste indomito alle pressioni occidentali perchè rinunci all”arma atomica. Lo shock petrolifero attuale si inserisce in tale contesto, non è come quelli passati di natura temporanea, probabilmente sconta la previsione di un confronto militare degli USA e di Israele con il regime degli ajatollah. E noi che faremo, come vasi di coccio, se mai dovesse regredire la costruzione europea?
Non abbiamo la fonte nucleare, dipendiamo più degli altri da fonti energetiche esterne, abbiamo parzialmente privatizzato il settore energetico per trovarci ancora con un divario nei costi energetici del 30% in più rispetto agli altri Paesi europei.
E” su questi temi che dovrebbe svolgersi un serio dibattito nazionale. E invece l”attenzione generale è distolta dalle intercettazioni dal buco della serratura dei “potenti” di turno per crogiolarci nei gossip della solita commedia all”italiana. Meno male che c”è Tremonti che allarga lo sguardo ai temi della globalizzazione, sperando di essere preso sul serio dai grandi della Terra che sulla globalizzazione hanno qualcosa da dire e da fare più di lui e di noi.
Tremonti teme la globalizzazione e lancia fumo negli occhi con la “robin hood tax” a carico di petrolieri, banchieri e assicuratori. Ma non ha più volte detto che la politica nazionale può fare ben poco quando i centri decisionali sono altrove? Giavazzi difende la globalizzazione come ammortizzatore delle nostre crescenti difficoltà. Quando si passerà dai discorsi accademici che nulla spiegano alla presa di coscienza della realtà? (Terza repubblica)