Patrizia Marcheselli
Portale dei Lombardi nel Mondo
La signora Elisabeth mi riceve a casa sua, a Montevideo, con poche ore di
preavviso. Ha un volto molto italiano e la sua casa è arredata con buon
gusto. Lei beve mate ed io caffé. Le spiego brevemente il perchè
dell'intervista e cominciamo a parlare.
Ci racconta le origini della sua famiglia?
I miei nonni, entrambi italiani, erano di origine contadina. Arrivarono qui,
in Uruguay, nel 1922 più che altro per le difficoltà economiche che cÂ’erano
allora in Italia.
Erano di due paesini vicini, della provincia di Treviso, uno credo fosse
Comune di Loria, lÂ’ altro non mi ricordo il nome. Credo che siano partiti da
Genova. Contrabbandavano qualcosa di molto importante, mia madre. (sorride)
Mia nonna era incinta e mia madre nacque 15 giorni dopo il loro arrivo in
Uruguay. Quindi mamma è stata creata in Italia e partorita in Uruguay.
Come si chiama sua madre?
Ausonia Giordan Visentin, mia madre. Mia nonna, Genoveffa Visentin e mio
nonno Giordano Giordan.
Come sono stati ricevuti i suoi nonni?
Qui cÂ’erano già alcuni paesani, come li definivano loro, che formavano una
specie di catena di ricevimento per quelli appena arrivati. Questa piccola
comunità si era già stabilita nel Cerro di Montevideo (1) e di fatto i miei
nonni si stabilirono lì fin dal loro arrivo. Quello che non ricordo è se un
fratello di mio nonno che si chiamava Bartolo, fosse arrivato prima o dopo
di loro. Bartolo aveva problemi con il bere, nonno invece no. Cerco di
ricordare quello che mi raccontava mia mamma e mia zia.
Stando ai loro racconti mio nonno cominciò a lavorare per il Municipio: si
occupava del parco adiacente alla spiaggia, del bosco, svolgeva questo tipo
di lavori.
I nonni e un poÂ’ di storia…
Mio nonno era un italiano severo, quello che ricordo di aver ascoltato da
lui. Morì che io ero molto piccola, era molto severo e con i suoi rituali.
Nonna era dolce e non stava mai ferma, lavorava sempre. Il nonno era,
diciamo, più tranquillo, aveva la sua routine e si dedicava a controllare
tutto quello che succedeva in casa, aveva un posto strategico dove sedersi e
da lì controllava tutto.
Questo controllo che praticava era fondamentalmente diretto su mia madre e
mia zia, hanno avuto due figlie femmine. Era un uomo egoista, cioè ogni
volta che rientravano sia mia madre che mia zia dovevano rispondere quasi ad
un terzo grado:
<< Dove siete state? Perchè? Cosa avete fatto? Perchè? Con chi avete
parlato?>>… una cosa così, era molto chiuso.
Nel caso di mia nonna, più che altro trasmesso da mamma a da zia, era più
aperta, era una donna con unÂ’altra flessibilità.
So che parlavano una specie di mescolanza tra italiano e spagnolo e credo
che in casa parlassero italiano, ma come ti dicevo prima, di quellÂ’ epoca
sono rimasti ben pochi dettagli.
Io credo che abbiano incorporato velocemente lo spagnolo, si sono dovuti
adattare alla lingua.
Mia madre e mia zia, per esempio, non hanno mai imparato lÂ’ italiano.
Suppongo tra lÂ’ altro che questo dettaglio della lingua sia anche stato una
necessità: la storia del Cerro è stata di emigranti, emigranti di diverse
origini, allora credo che la lingua, lo spagnolo in questo caso, diventasse
per loro il comune denominatore. Non cÂ’era un altro modo per comunicare. Se
io oggi prendessi in mano la lista dei compagni del liceo, per esempio, ci
sarebbero cognomi armeni, ucraniani, russi; il dominio del cognome italiano
o spagnolo era relativo, perchè realmente era una comunità di emigranti in
generale. Penso, come ipotesi, che lo spagnolo fosse unÂ’arma fondamentale
per guidarsi.
Come ricordavano la loro terra? CÂ’era nostalgia nelle loro parole?
Io credo che non era nostalgia, credo che non avessero buoni ricordi
dellÂ’Italia, avevano avuto una vita troppo dura. Tra lÂ’altro ci sono
dettagli di cui sono venuta a conoscenza solo quando cominciai a fare i
documenti per la cittadinanza italiana e penso che abbiano a che vedere
anche, forse, con il perchè della loro emigrazione.
In realtà loro non erano sposati, cioè mi spiego, quando ho dovuto riunire i
documenti necessari: certificato di nascita, di matrimonio ecc. per la
cittadinanza, risulta che i miei nonni si erano sposati nellÂ’ agosto del
1922, poco prima di lasciare lÂ’ Italia.
Non so come o perchè, però ho pensato che forse il loro rapporto, la loro
unione diciamo, fosse in qualche modo un problema. LÂ’argomento in casa è
sempre stato tabù, io non ho mai saputo veramente cosa fosse successo, non
se ne parlava mai e un giorno le dissi a mamma quello che pensavo. Per me
era una cosa positiva, ero orgogliosa, mi sembrava una cosa bella, sapere
che mia nonna avesse intrapreso, incinta, un viaggio così duro per stare con
il nonno, da orgoglio…però non seppi mai il perchè del loro silenzio. Però
non ti so dire in che misura la loro unione potesse incidere o no sul
fattore nostalgia. È una speculazione mia, perchè quando nonno morì ero
piccola.
In famiglia era presente lÂ’essere italiani? Parlo di tradizioni, rituali
ecc.?
Io quello che ricordo è che mio nonno, quando stava in casa, oltre a
controllare la situazione, non interferiva ma osservava.
Però di certo doveva fare una cosa, lui era lÂ’ incaricato di fare la
polenta. E non quelle istantanee, ma di quelle che devono bollire per ore ed
ore. Passava molto tempo per prepararla, in casa poi si usava… conosci il
primo? (Va al primo piano e dalla scala mi mostra una lampada che
anticamente si usava ad olio o cherosene)
Sai con questo arnese quanto tempo ci voleva a cuocerla? Immagina! Era la
sua attività!
Poi quello che ricordo è che in casa e non so se è una tradizione italiana o
meno… però tornando da scuola io sapevo cosa cÂ’era da mangiare per ogni
giorno della settimana, per esempio il giovedì e la domenica cÂ’era la pasta,
due volte alla settimana la polenta e credo che un giorno fosse il sabato,
poi la minestra, comunque era un menù programmato.
Aneddoti che ricorda di avere ascoltato?
Quello che ricordo è che loro videro per la prima volta Piazza San Marco a
Venezia poco prima di imbarcarsi, ricordo che ne parlavano. Mio nonno morì
quando io avevo sette, otto anni e mia nonna dopo si ammalò molto e il
ricordo che ho di lei è di una donna molto sofferente. Soffrì molti anni e
quindi essendo io piccola e lei ammalata non ho avuto questo contatto,
questa trasmissione orale dellÂ’Italia.
Nel caso di mio nonno le narrazioni erano sulla sua campagna nella prima
guerra mondiale.
Ci siamo sempre chiesti cosa ci facesse il nonno in guerra vista la indole
particolare e tranquilla che aveva, era così speciale che ci veniva da
sorridere immaginandolo. Ci raccontava dei geloni alle mani, sensazioni e
vissuti della guerra ma non come pericolo, rischio o cose traumatizzanti,
solo dettagli vaghi. Non so se ometteva dettagli o se semplicemente il suo
ruolo era di appoggio, di installazione o che altro.
Ricordo che il nonno usava sempre una fascia in vita, una delle sue
caratteristiche era che se aveva un acciacco e gli raccomandavano di usare
qualcosa una volta guarito lo usava sempre, tutta la vita, come questa
fascia per esempio.
Una volta qualcuno gli disse e non ricordo per che cosa , forse per un
raffreddore , che bevesse vino caldo, bene… fino alla fine dei suoi giorni
bevve sempre il vino caldo.
Poi una cosa del nonno è che o si lavava poco o non si lavava o se lo faceva
era quando nessuno lo vedeva e, te lo giuro, che dopo molti anni mi sono
fatta questa domanda: Ma il nonno quando si lavava? (ride)
Era sordo, rifiutava la televisione che a casa nostra entrò negli anni 60
inoltrati più o meno, diceva sempre :<< Quei cosi che si muovono lì...>> non
lÂ’ ha mai adottata. Parlava dei gelati con rifiuto, non capisco bene se si
doveva allÂ’ epoca di miseria in Italia e quindi non accessibili per tutti o
che cosa, però ne parlava con diffidenza.
So che nonna cucinava per tutta la famiglia, per tutti i molti fratelli che
aveva, di fatto quando arrivarono qui, uno dei mezzi di sostentamento della
famiglia era che mia nonna cucinava per i venditori di prodotti da forno che
poi vendevano ai magazzini e cose del genere, distributori di bevande quindi
persone che visitando la zona rimanevano molte ore nel Cerro e vista la
strada comÂ’era a quei tempi ci impiegavano molto ad arrivare. Quindi nonna
abituata a fare da mangiare a molte persone portava avanti la famiglia con
questo lavoro. Non so bene quale fosse il suo ruolo dentro la sua famiglia,
suppongo che fosse la maggiore o comunque una delle più grandi. Mentre mio
nonno era uno dei minori dei suoi fratelli.
Ti racconto questo perchè vivevamo in una famiglia estesa, io ho vissuto
fino ai tredici anni con i miei nonni ed anche mia zia con i suoi figli,
vivevamo tutti assieme. Una grande famiglia, molto grande.
.
Dettagli italiani…
Sì, forse ricordo qualcosa ma non so veramente quanto sia italiano o no …
Forse il fatto di mettere via, mettere da parte, fare tesoro delle cose o
nel caso degli alimenti fino al punto di doverli buttare perchè scaduti o
avariati, poi gli indumenti riservati per qualcosa in particolare, forse era
unÂ’ abitudine dellÂ’ epoca, tipo il vestito della domenica per capirci.
Ci sono cose mie, come per esempio lÂ’organizzazione, lÂ’ordine. Il fatto di
riuscire ad organizzare un pranzo con quello che cÂ’è o quello che si
cucinerà, organizzandomi con Valentina, mia figlia.
Non so, penso a mamma e non mi sento identificata con lei. Io cerco di
vedere le cose in una maniera positiva ed ottimista mentre lei no, si butta
sempre giù. Mi costa molto identificarmi … (ride) certo in casa quando mi
dicono :<< Identica alla nonna! Come la nonna!>> non sai le facce che
faccio.
Ti dicevo del nonno: comandone, comodo e non troppo sacrificato per il
lavoro mentre la nonna era tutto il contrario, quindi di certo mia madre e
mia zia si identificavano di più con nonna cioè sua madre che con il padre,
mio nonno.
Ed è comico perchè io a mia madre la vedo uguale a mio nonno… (ride).
Diverso è il caso di mia zia, che è morta un anno e mezzo fa, era la mia
madrina, io sono cresciuta praticamente con lei, mi ha insegnato a leggere
prima di andare a scuola. Credo che la identifico di più con le
caratteristiche di mia nonna, generosa, aperta, lavoratrice con il piacere
delle cose… è lÂ’immagine che ho di mia nonna attraverso mia zia.
Mia nonna con la attività che aveva manteneva una rigorosa contabilità e mia
madre fa la stessa cosa … ed io sono contabile, ragioniera … (ride)
vedi? Ed io come mia nonna sono meticolosa; metto via gli scontrini,
sinceramente a volte manco li guardo e finisco per buttarli, altre volte
invece faccio i miei calcoli a mente e magari scopro che sono io che devo
soldi a qualche negozio perchè si sono dimenticati di farmi pagare qualcosa
che ho comprato.
Lei conosce lÂ’ Italia?
Qui da noi si è usanza fare un viaggio di studio. Siamo stati in Italia nel
1980 e nel 1984. Quindi sia con Scienze Economiche che con Architettura, mio
marito è architetto. In Italia cÂ’erano dei paesani di mio nonno, venuti in
Uruguay dopo di loro, però naturalmente era unÂ’ altra generazione, diciamo
la stessa di mia madre e dopo erano andati a vivere in Italia perchè uno dei
figli era stato esiliato, epoca della dittatura qui in Uruguay e visto che
eravamo rimasti in contatto, sono stata ospitata a casa loro a Vicenza.
Ricordo che a casa loro, ti parlo di persone che hanno un contatto con
Uruguay continuo, avevano una parte della casa da vivere e una da mostrare,
mi ha fatto strano perchè da noi non si usa.
Sida, la signora che mi ospitava mi portò a conoscere le due famiglie. Nel
caso della famiglia di mio nonno sono riuscita a conoscere veramente la
famiglia diretta,un fratello di mio nonno. Era una casa in campagna; una
costruzione molto vecchia con locali indipendenti, era difficile per me
trovare il senso di casa come la intendiamo noi dove ogni stanza è
comunicante allÂ’altra, qui no… era strana la distribuzione.
Con molto pudore, quasi vergogna nel mostrare la loro umiltà, cÂ’era anche
una cognata del nonno, erano persone anziane. Volevano sapere di Giordano,
cercavano di ricordarlo anche loro. Se non fosse stato per questa signora
non avrei potuto capire nulla di quello che dicevano, perchè parlavano un
dialetto molto chiuso, ricordo che quando Sida mi presentava diceva: <<
Questa è la putea di …>> io rimanevo senza parole, immagino che volesse
dire figlia… (ride). Mi fecero vedere alcune cose, il ricordo della
partenza dei miei nonni aveva, almeno in quel momento, una presenza viva
nelle cose e nei mobili che avevano aneddoti legati a loro. Fu un contatto
fugace, era nonna che manteneva i contatti ed erano passati molti anni senza
contatti, era un vincolo molto debole ormai.
Della famiglia di mia madre ho conosciuto una sua cugina, che nonostante
vivesse in una zona non urbana, era più attualizzata diciamo, mi portarono
nella casa dove viveva mia nonna, che in realtà… lì sì fu molto forte per
me, non so … sai non ero partita con una carica emozionale particolare
diciamo, però quando vedo la casa rimodellata e mi segnalano una parte
lasciata tale e quale che apparteneva alla stalla e mi raccontano che lì mia
nonna passava una parte delle sue giornate perchè probabilmente era il posto
più caldo dÂ’inverno e che mungeva le mucche, mi si è stretto tutto dentro. È
stato molto forte pensare comÂ’era la sua vita.
Si è sentita straniera o ha trovato affinità con qualcosa durante il
viaggio?
Venivamo da un viaggio di cinque mesi, quindi a contatto con paesi lontani
da noi culturalmente e in quel momento… non so, non fu un viaggio per
conoscere le mie radici. Non è la stessa cosa, le circostanze sono diverse,
mi costa decifrarlo. Ti direi di no, nel senso che non mi identifico con lÂ’
italianità completamente… forse il carattere, per me il più o meno non
esiste, ci sono cose che mi scuotono, che mi scatenano indignazione e questo
può essere lÂ’eredità di mio nonno…non so.
Io vorrei andare in Italia e poterla conoscere fuori dagli itinerari
turistici, ma poterla toccare in unÂ’altro modo, conoscere unÂ’altra Italia.
La lingua italiana le è piaciuta?
Moltissimo, mi piace moltissimo, mi piace la musica italiana. Qualsiasi
musica, quella degli anni Â’70. Quando viaggio e vado in giro una delle cose
che faccio sempre è cercare musica in Italiano.
NDT: (1)- Il Cerro de Montevideo è adiacente alla baia di Montevideo. Un
punto strategico per proteggere il porto durante la colonizzazione delle
Americhe. Sono stati costruiti fin dall'inizio del ventesimo secolo vari
quartieri, la maggior parte abitati da discendenti di immigrati provenienti
da tutta lÂ’Europa: Spagna, Italia, Lituania, Polonia, Russia, Armenia, ecc,
e le strade sono state chiamate con i nomi di questi paesi.
Fonte Cognomi su: www.gens.labo.net
(Oria cognome presente in 51 comuni d`Italia)
(Giordan cognome presente in 112 comuni d`Italia)
(Visentin cognome presente in 745 comuni d`Italia)
Patrizia Marcheselli
Portale dei Lombardi nel Mondo