L’Italia è una repubblica fondata sulle raccomandazioni

di Nunzia Auletta

Le intercettazioni telefoniche non ci svelano nessuna novità, ma ci obbligano a confermare la nostra consapevolezza

Lo scandalo delle intercettazioni è davvero vergognoso, ma non perchè ci svela i vizi nascosti dei nostri politici, ma perchè qualcuno ha pensato di farci credere che ci sia bisogno di 9 mila intercettazioni (pagate da noi), per sapere che la nostra classe dirigente fa della Rai (pagata da noi) l’uso che più le garba, muovendo influenze e raccomandazioni per alimentare le sue fameliche clientele. Politici, attori, starlette, imprenditori, registi, amministratori della cosa pubblica, uomini e donne di cultura (?) si muovono nei più svariati settori in un intreccio bipartisan, orchestrato con cura per escludere noi comuni mortali da una qualunque competizione meritocratica.
Lo scoop (?) dell’Espresso, che ha dedicato la sua copertina di ieri alle intercettazioni fatte nell’ambito delle indagini che coinvolgono Agostino Saccà, direttore di Rai Fiction e il presidente del consiglio in carica, genera un forte sentimento di indignazione.

Non voglio entrare nel merito della legalità o dell’opportunità di diffondere sui media le intercettazioni di indagati, siano essi uomini pubblici o privati. Questo è il tema del giorno su tutti i giornali e sarà argomento di dibattito in Parlamento; ma soprattutto, a mio avviso, è tema delicato di etica dei professionisti dell’informazione che devono affidare alle proprie coscienze quel sottile equilibrio tra il diritto di cronaca ed i diritti di ogni cittadino di non essere messo alla gogna nella piazza pubblica, indipendentemente dai delitti per cui possa essere indagato.

Vorrei, invece, alzare una voce di protesta per un sistema di potere di cui siamo tutti consapevoli vittime ed allo stesso tempo complici, e di cui, in tutta coscienza, non possiamo dirci sorpresi, tanto è radicato nella nostra società. Certo, sappiamo come funzionano le cose, la raccomandazione è un’istituzione nazionale! Bisogna cercare la raccomandazione per essere ammessi ad un corso di laurea, per partecipare ad un concorso, perché un curriculum non venga cestinato senza speranza, perché un figlio sia accettato all’asilo, perché una operazione d’urgenza non debba aspettare mesi…

Nel piegarci alla logica della raccomandazione necessaria, utilizzando parenti, amici in posti chiave, debitori di piccoli e grandi favori, trasformiamo quello che ci spetterebbe di diritto, in graziosa elemosina del potente di turno. Che sia il potente il segretario, il portiere del ministero, il professore di fama o l’uomo politico, il meccanismo è sempre lo stesso: un balletto umiliante in cui con le nostre richieste rafforziamo la percezione errata che la cosa di tutti – la res publica- sia la cosa di pochi.

E alla fine, perché dovremmo sorprenderci se di ritorno da una giornata di ordinario lavoro, nella solita coda di pendolari, sentiamo alla radio le intercettazioni del nostro presidente del consiglio, colui che in maggioranza abbiamo votato per dirigere il nostro paese, palesare la sua soddisfazione per il trattamento riservato alla sue “fanciulle”…non sorpresa, ma certo un’amara sensazione di vergogna…(www.agoramagazine.it)

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