I lombardi? Sono grandi lavoratori!

Patrizia Marcheselli
(Portale dei Lombardi nel Mondo)

I lombardi? Sono grandi lavoratori!

Graciela è professoressa di tedesco e inglese, direttrice della scuola
Leonardo da Vinci di Montevideo e neo segretaria della Direzione del
C.A.S.I.U. (Centro Assistenza Scolastica Italo Uruguayana).
Ci racconta, tutto dÂ’un fiato e senza smettere mai di sorridere, un breve
profilo della sua famiglia paterna e di se stessa.
Ama profondamente il suo lavoro e le sue origini che difende, cura e studia,
ha una famiglia veramente stupenda. Non può pensarsi al di fuori della
cultura italiana.
In casa la televisione è sempre sintonizzata sulla RAI, se si ascolta musica
è in italiano e ovviamente si parla solo italiano. Vivace ed ottimista,
lavoratrice instancabile, non guarda mai lÂ’orologio.
Mi riceve c/o lÂ’ ufficio della sua scuola, le foto del padre e del nonno ci
guardano benevole dalle pareti. Queste le sue parole.

Vuole presentarsi lei?
Certo. Il mio nome si scrive Graciela, in spagnolo, perchè papà diceva che
altrimenti era troppo italiano e non lo pronunciava bene nessuno.
Sono nata a Montevideo il 21 giugno 1954, ma nel mio documento di nascita
sono del 22. Mio zio Natalio, il più grande di tutti gli zii é morto lo
stesso giorno in cui sono nata, cioè il 21, perciò mio padre decise di
cambiare la mia data di nascita.
Ho tre figli maschi: Juan Ignacio di 19 anni, Umberto e Federico che sono
gemelli ne hanno 17. Stanno imparando lÂ’italiano… (pausa)… dovrebbero
parlarlo meglio, lo capiscono perfettamente, certo non lo possono evitare
visto che non risuona che quello a casa nostra, persino mio marito, Juan, ha
dovuto impararlo (ride). Però presto li rimetto in riga (ride). Avendo il
passaporto italiano hanno un dovere chiaro, impararlo.

La sua famiglia…
Mio padre si chiamava Humberto Santino Zanini Abate, Santino perchè era nato
il giorno di Natale e lui mi raccontava sempre del bellissimo paese, così
chiamava lÂ’Italia. Mi parlava delle montagne, dei prati, delle capre e dei
conigli, io penso, credo, che avessero un pezzo di terra, forse una casetta.
Mi raccontava sempre una cosa che ho impresso nella mia mente: di quando mio
nonno lo portava in montagna e da lì gli segnalava il cimitero dicendo:<<
Non portarmi dei fiori, tu fai quello che devi fare adesso, adesso che sono
ancora in vita non dopo >> e mio padre lo raccontava molto spesso.
Arrivarono col bastimento Cristoforo Colombo, non ho avuto la fortuna di
conoscere mio nonno Natalio, nato a Luino, provincia di Varese. Era 28 anni
più vecchio della nonna che si chiamava Graziana Abate, ma qui la chiamavano
Lola.
Lui era vedovo con tre figlie: Irene ed Eusebia, lÂ’unica che ho conosciuto.
Le sue figlie avevano la stessa età di mia nonna. Quindi immaginati mio
nonno sposato con questa donna, troppo giovane, il nonno cercava di
controllarla perchè spendeva molto di più di quello che poteva, non era
tirchio, cercava solo di proteggere lÂ’ economia familiare.
Il nonno era un artista, lavorava moltissimo (male di famiglia) e aveva
fatto molto denaro lavorando.
Si sono sposati a Montevideo e qui sono nati mio zio Natalio (detto Negro),
mia zia Yolanda e papà Umberto. Poco dopo il nonno si trasferì per lavoro a
Buenos Aires dove continuò a lavorare sempre e molto. A Buenos Aires nacque
zia Emilia che tra lÂ’ altro è lÂ’ unica zia vivente.
La nonna aveva un fratello capitano, che viaggiava e un giorno tornato
dallÂ’Europa, avvertì mia nonna che stava per crollare il “marco tedesco”.
Consigliò quindi a mia nonna di cambiare tutto il denaro; ma lei sapeva
benissimo che lo doveva fare senza che mio nonno se ne accorgesse. E così
fece! Credo che nonna non glielo abbia mai detto perchè mio nonno faceva
sempre quello che voleva ed essendo mia nonna molto più giovane forse non
lÂ’ascoltava molto in questo aspetto, aveva un carattere forte e dominante
quindi non avrebbe mai dato ascolto a nessuno.
Comunque ti racconto una scena, sempre sul tema del cambio dei marchi che
sembra tratta da un film: mia zia Yolanda suonava il pianoforte, mio zio, il
Negro cercava di aprire senza farsi vedere il lucchetto del baule, di quei
bauli enormi che si usavano in quel tempo, io ne ho uno a casa mia, mentre
papà prendeva tutti i soldi che poteva per cambiarli e poi rimetterli al suo
posto come se niente fosse successo.
Mio nonno, contava solo i soldi di piccolo taglio capisci? E così sono
riusciti a sua insaputa a cambiare tutti i risparmi del nonno senza che lui
lo sapesse e naturalmente a salvarlo. Poi, come anticipato dal fratello di
nonna arrivò la crisi del marco in Argentina, non ricordo lÂ’ anno e nonno
quasi impazzì pensando di avere perso tutti i suoi soldi, ti puoi immaginare
la sua faccia quando sua moglie e i figli gli dissero la verità.
Le mie zie raccontavano che buttavano dalla finestra i soldi che ormai non
valevano niente, incredibile non credi?
Dopo questo spavento nonno si ammalò, non so se fosse itterizia o
mononucleosi … non so bene, comunque una malattia da stress e quando
arrivò il suo dottore, gli consigliò di andarsene a far un bel viaggio in
Italia, di andare a visitare la sua patria.
Con la sua fortuna salvata fece ciò che il dottore gli aveva consigliato.
I racconti del bastimento che faceva mio padre erano davvero belli… lui e
suo fratello maggiore erano due diavoli, ne facevano di tutti i colori …

Dodici anni in Italia…
A Roma restarono molto di più che per un solo viaggio di piacere. Rimasero
in Italia per ben dodici anni. Perchè naturalmente mio nonno non poteva
prendersi solo una vacanza e basta, cominciò a lavorare e alla grande.
Lavorò al Vaticano come restauratore. Dicono che restaurò anche il piede del
Mosè di Michelangelo e che curò molti altri restauri. Anche in Italia fece
molto denaro.
Mio padre frequentò le scuole elementari e le medie, io ho le pagelle di
papà e quando le leggo mi viene da ridere: << Sufficiente, sufficiente,
sufficiente…>> Yolanda che studiava pianoforte allÂ’ Accademia di Santa
Cecilia dovette suonare per Mussolini, lo ricordo perchè se ne parlava in
casa. E a Roma nacque il minore dei fratelli di mio padre. Abitavano in un
palazzo, di loro proprietà, in Piazza Barberini, a Roma, che fu
completamente distrutto durante la guerra mentre loro ritornavano in
Uruguay.
Se rimanevano in Italia avrebbero perso tutto ed il nonno spese una fortuna
per portare tutti i figli in Uruguay.
Mio padre non tornò più in Italia. Ebbe lÂ’occasione quando venne in Uruguay
il Presidente Gronchi, papà era il suo traduttore perchè quello ufficiale
era rimasto a Buenos Aires. In quella occasione era malato e fece comunque
la traduzione per lui e per Fernandez Crespo. Ti farò vedere le fotografie.
Gronchi lo invitò a ritornare in Italia, ma mia madre non volle.
Mia madre non voleva che parlassi in italiano con papà, che lo studiassi o
che lo capissi, insomma era una donna molto chiusa, mentre mio padre era…
era un santo.
Mamma non parlava italiano e quindi neppure io dovevo parlarlo…
Da piccola io cantavo in italiano, mio padre mi cantava sempre una canzone
napoletana, ricordo la musica ma non le parole, sempre mi cantava quando ero
piccola e senza sapere quello che cantavo, cantavo in italiano.
Per questo ti dicevo di questa mia passione per la lingua.
Grazie a lui ho questo contatto con me stessa, con la mia parte italiana.
Per me le canzoni, anche se non parlavo italiano, erano come conosciute da
sempre. Forse per mio padre la ninna nanna era sempre con canzoni italiane.
Papà oltre a parlare perfettamente lÂ’ italiano, aveva questa capacità
meravigliosa di poter parlare anche dialetti di altre regioni, davvero era
incredibile. Non so come faceva ma imitava i vari accenti regionali.
Durante i dodici anni trascorsi in Italia papà viaggiava in moto visitando
luoghi e città.
Diciamo che se lo poteva permettere anche perchè erano grandi lavoratori,
lavoravano moltissimo. Credo che in generale sia una caratteristica dei
lombardi essere grandi lavoratori.
Le mie zie erano ricamatrici, ricamavano la dote nuziale di molte famiglie
agiate di Montevideo. Quindi Yolanda oltre a dare lezioni di pianoforte si
dedicava anche a questo laboratorio di ricamo e lavoravano sempre molto.

Come si è ripresa le sue origini?
Mi sono ripresa le mie origini, perchè lÂ’essere italiano è un sentimento,
non solo un nome o una nazionalità, capisci? È dentro! È una ispirazione
della mia vita.
È stata una trasmissione orale, il nonno non lÂ’ho conosciuto e solo
attraverso papà ho ereditato la mia italianità, poi lui era traduttore qui
in Uruguay quindi ci fai lÂ’ orecchio. I più italiani tra i fratelli erano
senza dubbio mio padre e mia zia Yolanda, la pianista, che ha sempre
mantenuto contatto con lÂ’Italia.

La libertà di imparare lÂ’italiano…
Il sangue ti trascina e, da grande, feci ciò che da piccola non potevo fare:
studiare lÂ’italiano. Questo ebbe inizio quando ero già professoressa
dÂ’inglese e tedesco. Studiavo lÂ’ italiano con una gioia che non ti dico,
questa gioia non mi ha più abbandonato.
Appena entrata all´Istituto Italiano di Cultura mi sono innamorata della
lingua e continuo ad avere un rapporto molto forte con tutto ciò che
rappresenta l´Italia.
Dopo frequentai diversi corsi di aggiornamento con una professoressa che per
me è stata la migliore e forse, detto fra noi , resterà la migliore per il
rigore e lÂ’ eccellenza, la serietà di come insegnava: Evi Camussi, la mamma
di Alfredo Camussi che è lÂ’attuale Direttore Fiscale del C.A.S.I.U. Anche
loro sono lombardi, credo. Quando stavo imparando lÂ’ italiano scrissi in
Italia alle figlie di una sorella del nonno: Rita e Cherubina della Valle,
che vivevano in un paesino della provincia di Varese. Mi risposero, ero
lÂ’unica parente in Uruguay che poteva comunicare con loro in italiano. Dopo
qualche mese di corrispondenza riuscii ad avere grazie a loro i documenti
anagrafici del nonno, che erano depositati nella parrocchia del paese e così
cominciai la pratica della nazionalità italiana che hanno ereditato anche i
miei figli.

Quali sono i pro e i contro della diffusione della lingua italiana in
Uruguay secondo lei?
È un cammino difficile e con molti ostacoli, questo paese ha una percentuale
altissima di italiani eppure credo che sia una minoranza quella che vuole
migliorare la sua seconda lingua o imparare la lingua dei nonni o dei
genitori. Non so bene il perchè. Forse manca una politica locale che
promuova le origini di coloro che hanno dato vita e corpo a questo paese.
Se penso alla quantità di persone che qui hanno il passaporto italiano e la
piccola percentuale che parla italiano mi sembra quasi ingiusto.
Dovrebbe esserci una diffusione molto più amplia e accessibile della lingua
e della cultura italiana.
Quando ho creato la mia scuola, la Leonardo da Vinci, non ho ricevuto nessun
incentivo dallo stato. Anzi, devi continuamente pagare tasse su tasse ma mai
un incentivo che possa impulsare lÂ’ educazione o la trasmissione culturale,
parlo a livello istituzionale.
Mancano incentivi statali. Manca lo stimolo, i programmi di diffusione e i
programmi educativi.
La nuova Dirigente Scolastica del C.A.S.I.U., la Dott.ssa. Giuliana Balboni,
che è di Bologna, lavorerà su molti fronti. È una persona molto preparata. E
da parte mia, come neo segretaria della Direttiva cercherò di dare il meglio
rispetto a questa istituzione non ho molto da aggiungere al riguardo.
Credo che in generale, in Uruguay, manchi una orientazione sui materiali di
lavoro durante lÂ’insegnamento. Credo nellÂ’organizzazione e nel metodo, un
metodo sicuro ed efficiente di lavoro, credo profondamente nella qualità più
che nella quantità.
Ci vogliono testi di grammatica adatti ai vari livelli, aggiornati se è
possibile, specifici e non materiali frammentari che non risolvono nulla.
Se non sai la grammatica non puoi parlare una lingua e la grammatica non è
unÂ’opinione. È importante tradurre come esercizio linguistico, leggere,
ascoltare, capire ed amare la lingua che si vuole imparare.
Non impari una lingua in un paio di anni , è un progetto dÂ’apprendimento che
ha bisogno di tempo e di impegno. Io non sono una eminenza della lingua
italiana, lo so, ci mancherebbe, però la mia formazione nellÂ’ italiano mi
accompagna sempre e da anni.
Credo che ci dovrebbe essere un programma unificato, voglio dire, quelli di
Canelones dovrebbero avere lo stesso programma di studi di quelli di
Artigas, gli alunni sono diversi ma la lingua è la stessa, la grammatica è
una. Capisci la mia inquietudine?
Che un alunno possa prepararsi bene, sapere la grammatica vuol dire parlare,
scrivere e leggere.

Lei è una imprenditrice, ha influito in questo aspetto la sua italianità?
Guarda, io sono sempre controcorrente, perchè la gente mi guarda e dice: <<
Quella è matta! Quante ore di lavoro? No! Tu sei matta!>>. Questo e altro è
quello che mi dicono. Perchè quando lavoro non penso che ora è, lavoro e
basta. Per me lavorare è normale. Lo faccio con piacere. In questo senso
dico che sono più italiana che uruguaiana, anche per il piacere di come
svolgo il mio lavoro. Per me unÂ’ impegno è un impegno, fino in fondo, cerco
di dare il meglio di me, sempre, mi capisci? Credo profondamente in ciò che
faccio e mi metto in gioco. Lavoro, questo è quello che faccio oltre ad
essere moglie e madre, lavoro sempre e con gioia.

Conosce Italia?
No, purtroppo non ancora. Non ci sono mai stata.
Col cuore si, sempre, col cuore vado sempre in Italia a farmi un giretto.

Per ricevere informazioni sui corsi della Scuola Leonardo da Vinci di
Montevideo scrivere a : glz1249@adinet.com.uy

Patrizia Marcheselli
(Portale dei Lombardi nel Mondo)

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