PARIGI SOTTO L’OCCUPAZIONE E IL TRAN-TRAN QUOTIDIANO

A Parigi sono state esposte molte fotografie della capitale francese occupata dai tedeschi.
È stata molto criticata perché i francesi (vale anche per noi, sia chiaro) sono stati tutti resistenti ed hanno pure vinto la guerra! Potenza di Charles De Gaulle, l'odiato generale (prima dai francesi, durante e dopo dagli alleati che lo consideravano un grande seccatore). Mio padre era a Parigi in quel periodo e la vita scorreva placida, teatri aperti (Jean Paul Sartre potè mettere in scena una sua pièce), molti sorrisi ai tedeschi e nessuna azione di disturbo o di resistenza: solo dal '43 i francesi incominciarono a pensare…al futuro! È forse una ricostruzione approssimativa, però abbastanza veritiera anche per quello che ho letto nei pochi libri che onestamente riportavano la vita in Francia, quella occupata ed a Vichy.
Poco narrati gli episodi brutti (ebrei) e un Paese con pochi eroi.
I francesi ringrazino De Gaulle; noi purtroppo abbiamo avuto Badoglio!

Amedeo Principe , principe.amedeo@hotmail.it

Caro Principe,
Le fotografie di cui le scrive nella sua lettera sono state presentate nell'ambito di una mostra organizzata nelle sale d'esposizione della Biblioteca storica della città di Parigi e intitolata «I parigini sotto l'occupazione». Come ha ricordato Guido Santevecchi in una corrispondenza al Corriere, le immagini sono state scattate da un fotografo, André Zucca, che lavorava in quegli anni per Signal, un bimensile illustrato pubblicato in diverse lingue (vi fu anche una edizione italiana) che i servizi di propaganda del Terzo Reich distribuivano in tutta l'Europa. Le fotografie furono scattate con pellicola Agfa a colori, molto rara in quegli anni, ma, a quanto pare, non vennero mai pubblicate. Quando gli eredi di Zucca vendettero il suo archivio alla città di Parigi (22.000 negativi di cui 6.000 sul periodo della occupazione e 1058 a colori), il materiale venne catalogato e andò ad arricchire il fondo di documentazione della Biblioteca storica. Le 270 fotografie esposte sono quindi il risultato di una scelta.
Ho visto la mostra negli scorsi giorni e comprendo le polemiche che le foto di Zucca hanno suscitato in una parte della stampa francese. Anche se non sempre sappiamo con esattezza quando le singole immagini siano stata scattate, il quadro complessivo è quello di una città tranquilla, ridente, impegnata nelle proprie occupazioni quotidiane e soprattutto nel suoi svaghi. Vi sono i segni della presenza militare tedesca: i reparti della Wehrmacht che sfilano nelle strade, gli ufficiali seduti nei caffè all'aperto, il «Soldaten Kino» (il cinema dei soldati), i cartelli stradali nella lingua dei vincitori. Ma vi è nell'aria il senso della normalità se non addirittura della spensieratezza: donne eleganti, uomini vestiti di tutto punto, ristoranti e caffè affollati e, sui muri delle vie, i manifesti di film appena realizzati con alcuni dei maggiori attori francesi del momento. Era dunque questa Parigi all'epoca dell'occupazione? Non è vero che la Resistenza sia cominciata nel 1943. Il primo episodio parigino fu l'uccisione di una cadetto navale tedesco, Alfons Moser, in una stazione della Metropolitana il 22 agosto 1941, seguito il 3 settembre da un attentato mortale contro un altro ufficiale, che provocò l'esecuzione di tre ostaggi. Ma le fotografie di Zucca autorizzano qualche sospetto sui sentimenti patriottici dei francesi, soprattutto nel periodo che precede i primi rovesci dalle forze tedesche in Africa e in Russia.
Per comprendere il clima di quegli anni occorre ricordare che l'occupazione di Parigi fu assai più lieve di quella di Praga e Varsavia. A dispetto delle rivalità politiche e del sangue versato, i tedeschi hanno sempre avuto una sorta di debolezza per la Francia, per la sua cultura, la sua eleganza intellettuale, i suoi piaceri raffinati. Hitler visitò Parigi per due ore all'alba del 23 giugno 1940 insieme ad Albert Speer e allo scultore Arno Becker. Voleva trarre dal viaggio qualche spunto per i grandi lavori che avrebbero rinnovato le città tedesche dopo la fine della guerra. Il ministro degli Esteri Ribbentrop fece un viaggio a Parigi un mese dopo e constatò che la città era cupa, malinconica, depressa. Convinse il vertice del regime che occorreva favorire il suo ritorno alla normalità. La capitale francese era, fra i bottini di guerra, il più prezioso. Bisognava quindi valorizzarla, esibire al mondo una immagine trionfale e rassicurante della potenza tedesca. Fu questa la ragione per cui venne inviato a Parigi un ambasciatore tedesco, Otto Abetz, che conosceva bene la cultura francese e strinse buoni rapporti con molti intellettuali. Fu questa la ragione per cui venne dato ordine ai soldati tedeschi di salutare la tomba del soldato ignoto quando passavano di fronte all'Arco di Trionfo. Se lei terrà conto di questi fattori, caro Principe, le sarà meno difficile comprendere perché Parigi fosse, sino agli inizi del 1943, un'oasi di apparente normalità. Ho scritto «apparente» perché l'orgoglio francese si era soltanto assopito. E De Gaulle ebbe il grande merito d'incarnarlo.

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