Liberare i talenti per riconquistare competitività 

Abbiamo cominciato la prima giornata di FORUM PA 2008 con l’attenzione alle persone e, come seguendo un imprevedibile filo conduttore, ci troviamo a chiudere questa 19^ edizione con una riflessione sull’importanza dei talenti per sviluppare le potenzialità innovative del Paese. Lo spunto ce lo ha dato il convegno sul VII Programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico dell’Unione Europea, che sarà in vigore fino al 2013, si è parlato infatti della strategia italiana per una nuova competitività e del rapporto tra ricerca, finanza e innovazione.

Una buona occasione di confronto, anche perché la pubblica amministrazione fa parte del gruppo di attori che devono necessariamente partecipare al processo di innovazione del Paese. Lo ha ricordato Ezio Andreta, Commissario dell’Agenzia nazionale per l’innovazione, sottolineando proprio l’importanza della partecipazione dei diversi soggetti alle politiche per la competitività: oltre alla PA, il mondo della ricerca, l’industria, la finanza e la società in generale.

Oggi l’Europa cresce molto meno di altre parti del mondo anche perché presenta un ritardo di tipo culturale: manca cioè quella trasformazione che deve accompagnare il passaggio da un’economia basata sulle risorse a una basata sulla conoscenza. C’è una scarsa utilizzazione, ha ricordato Andreta, della produzione di eccellenza, che non si trasforma in prodotti competitivi; inoltre, pesa molto la competizione dei Paesi emergenti che sono entrati anche loro nella fase di produzione della conoscenza.

Quindi, scarsi investimenti in ricerca e conoscenza sia da parte dei governi che da parte delle industrie (e senza conoscenza non c’è futuro!), scarsa valorizzazione delle risorse umane e, in particolare, di quelle ad alto tasso di istruzione (in Europa il 14% dei laureati è disoccupato), esodo di cervelli, incapacità di trasformare la conoscenza in innovazione. Questi i problemi principali messi sul tappeto della discussione, nel corso della quale si è parlato di una nuova convergenza di attori e strumenti dei diversi Paesi europei verso politiche di innovazione, di scambio delle conoscenze e integrazione delle eccellenze per fare sistema, di investimenti, di formazione per la crescita dell’individuo, di prospettive per i giovani e investimenti sul futuro. Perché puntare sulla ricerca significa mettere in conto che i risultati delle politiche di oggi si vedranno solo tra qualche anno, come ha ricordato Mario Alì, Direttore Generale per le Strategie e lo Sviluppo dell'Internazionalizzazione della Ricerca Scientifica e Tecnologica del Ministero dell'Università e della Ricerca.

“Non si fa innovazione senza liberare i talenti”, tiene a sottolineare Alessandra Perrazzelli, curatrice del convegno, responsabile dell’Ufficio International Affairs del Gruppo Intesa Sanpaolo e Amministratore delegato della società “Intesa Sanpaolo Eurodesk”.
“Il problema fondamentale è ricominciare a investire in educazione e formazione dei giovani”, ci dice nel corso di una breve chiacchierata al termine del convegno. “In Italia siamo passati da una scuola, che aveva sì alcune lacune (per esempio nell’insegnamento delle lingue) ma che preparava comunque i giovani, ad uno scimmiottamento di temi e modelli scolastici di altri Paesi, che in realtà non garantiscono un’educazione e un training portante per i nostri ragazzi”.

“Le persone si formano dai zero ai 18 anni – continua – quindi bisogna innanzitutto reinvestire in educazione. Ci vuole poi generosità e strategia per portare avanti i talenti e occorre, quindi, muoversi in maniera trasversale facendo venire meno gli interessi costituiti che mantengono lo status quo. Penso, ad esempio, alla difficoltà che hanno i nostri giovani a diventare capi, a diventare responsabili. Noi abbiamo una classe che va dai 30 ai 40 anni che non ha chance, sono tutte energie perse che, o vanno fuori dal nostro Paese, o rimangono nell’impossibilità di esprimersi”.
Infine, una nota sul mondo femminile: “Bisogna creare le premesse per inserire sempre più le donne nel mondo del lavoro: questa è una condizione essenziale per liberare i talenti. Le donne possono portare una capacità multitask, che è loro caratteristica peculiare e che diventa fondamentale nella società della conoscenza. Ricordiamo che oggi il cervello non lo si studia più verticalmente, ma come relazione: ciò che conta è il fatto di poter incrociare e mettere in relazione tutte le capacità e le diverse parti che lo compongono”.

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