La Guerra civile spagnola. Guernica e i “martiri”, revisionismo o completezza dell’informazione storica?

di Cristian Ribichesu

Nella prima metà del ventesimo secolo l’Europa conosce direttamente la forza devastante della Prima e Seconda guerra mondiale. Tra i due conflitti scorre un ventennio caratterizzato dal malessere economico e sociale, dagli stessi cambiamenti nel modo di vivere degli europei nel dopo-guerra, dalle ripercussioni del crollo della borsa di New York nel 1929, dagli strascichi di una pace pesante, imposta con il trattato di Versailles del 1919, dai francesi e dagli inglesi alla Germania, dai cambiamenti politici europei, contraddistinti dalla divisione fra governi nazi-fascisti, democratici e governo comunista in U.R.S.S.
Anche in Spagna la vita è difficile. Nonostante un miglioramento della crescita industriale e delle esportazioni dovuto alla neutralità della Spagna durante la Prima guerra mondiale e alle richieste di metalli e armi da parte dei Paesi combattenti, il Paese è arretrato, ha forti differenze sociali e l’economia è prevalentemente agricola. Nel 1923, per paura di ulteriori disordini sociali, la monarchia appoggia il generale M. Primo de Riveira nell’operare un colpo di Stato e instaurare un governo dittatoriale, ma ripristinato il potere costituzionale nel 1930, lo stesso re decide di lasciare la Spagna dopo la vittoria dei repubblicani alle elezioni municipali del 1931. Instaurata la repubblica, questa non risolve i problemi derivati dalla disoccupazione crescente e dalla richiesta delle terre dal proletariato agricolo. Intanto si cerca di limitare l’influenza della Chiesa e dell’esercito nella vita politica spagnola. Nel 1933 le elezioni legislative sono vinte dal partito radicale e da una coalizione di partiti di destra, nel 1934 i repubblicani di sinistra organizzano scioperi per impedire l’ingresso di tre ministri di destra nel Governo e successivamente scoppiano insurrezioni armate degli operai e forti repressioni dei militari.
Nel 1936, una coalizione dei partiti di sinistra con l’appoggio delle organizzazioni anarchiche vince le elezioni, ma nel Paese scosso dalle occupazioni delle terre da parte dei contadini, dagli incendi, saccheggi delle chiese e dei monasteri, dagli scontri fra operai e gruppi paramilitari di sinistra e di destra, il 17 luglio del 1936, dal Marocco insorge il generale F.Franco (1892-1975), che si sposta in Spagna dando inizio a una guerra civile, caratterizzata da violenze e rappresaglie. Franco, nonostante gli accordi di non intervento promossi da Gran Bretagna e Francia, viene aiutato dal governo fascista italiano e da quello nazista tedesco. Il legittimo governo repubblicano spagnolo, invece, riceve l’appoggio dell’U.R.S.S. e delle Brigate internazionali, migliaia di volontari giunti da varie nazioni, e in parte anche italiani. Il conflitto segna la Spagna con enormi distruzioni, un milione di morti, numerosi feriti e mutilati, centinaia di migliaia di fuoriusciti, il 28 marzo del 1939 il generale Franco entra a Madrid e il 1° aprile annuncia la fine del conflitto.
La guerra civile spagnola è cruenta, devastante, ed è il primo conflitto dove si compiono bombardamenti aerei sulle città. Il 26 aprile del 1937 l’aviazione tedesca combattente per l’esercito franchista, per sperimentare gli effetti dei bombardamenti a tappeto, distrugge la cittadina basca di Guernica, situata nel nord della Spagna. Dopo i lanci delle bombe, i caccia tedeschi “completano” il lavoro mitragliando la popolazione civile che fugge. Al poeta Pablo Picasso (1881-1973) viene commissionata un’opera che rappresenti la ferocia e l’assoluta crudeltà dell’attacco alla cittadina basca, un’opera da esporre al padiglione spagnolo dell’Esposizione internazionale di Parigi del 1937. Picasso è un genio, un vero artista, s’immedesima, studia, elabora bozze e nel giro di due mesi crea un quadro di circa tre metri e mezzo per otto (351×782 cm). Quasi bicolore, tra nero, bianco e grigi, con figure deformate, irregolari e spezzate di uomini e animali, con la bocca aperta, forse per lanciare un grido di terrore, come vera rappresentazione del dolore il quadro di Picasso rappresenta l’uomo che soccombe alla follia della guerra. Ma “Guernica”, come viene definito dal segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, il 3 novembre 1998, è un capolavoro politico, e dopo la vittoria di Franco non può arrivare in Spagna. Nel libro “Guernica”, scritto da Gijs Van Hensbergen, il Saggiatore, 2006, indicato fra le letture da alcune facoltà universitarie italiane per l’anno accademico 2007/2008, viene descritta la vita del quadro, la sua nascita, i suoi spostamenti e le sue “influenze”, dal “soggiorno” al MOMA di New York fino al suo rientro, il 10 settembre 1981, in Spagna, esposto prima al Prado e poi al museo Reina Sofia di Madrid.
Ma la guerra civile spagnola conosce anche un’altra strage, analizzata recentemente in un dossier anche dalla rivista storica, di destra, Nova Historica, n°23 anno 6 – 2007, quella legata alla persecuzione religiosa, anti-cattolica e anti-cristiana, iniziata sotto il governo repubblicano spagnolo, dal 1931, compiuta con violenze, persecuzioni, uccisioni dei religiosi, distruzioni degli edifici di culto e accompagnata da un’apposita legislazione che ostacola le attività religiose. Già dall’ottobre del 1934, due anni prima della guerra civile, si ha un primo bilancio negativo con la rivoluzione nelle Asturie: 33 sacerdoti e religiosi trucidati, chiese e simboli religiosi distrutti, la cattedrale di Oviedo bombardata e il palazzo episcopale e del seminario incendiati. Dopo le elezioni del 16 febbraio 1936 la libertà religiosa viene limitata, vengono incendiate e saccheggiate centinaia di chiese, molti sacerdoti sono minacciati e spesso obbligati ad abbandonare le parrocchie, alcuni preti vengono uccisi, aumentano gli incendi, i saccheggi e le profanazioni dei luoghi di culto. Però l’oppressione aumenta con la guerra civile: nello stato di disordine è facile commettere soprusi e atrocità e sono più di 6.000 (6.832?) i sacerdoti e i religiosi assassinati, e in gran parte nel territorio controllato dal governo repubblicano, con uccisioni spesso precedute da torture psicologiche e fisiche e in alcuni casi con profanazioni dei cadaveri.
Non vi è dubbio che uccisioni, soprusi, distruzioni devono sempre essere condannati e non possono avere giustificazioni ideologiche, come del resto non possono essere strumentalizzate, ma se da una parte, per quel che riguarda il bombardamento della cittadina basca di Gernika e la creazione dell’omonima opera d’arte di Picasso, su un campione di sei libri in adozione nelle scuole secondarie di primo grado, tutti i testi (Io nella storia-SEI; Ieri, domani-LOESCHER; Generazioni-LATTES; Storia in primo piano-DE AGOSTINI; Con gli occhi della storia-MURSIA SCUOLA; La storia, l’impronta dell’umanità-ZANICHELLI) riportano una scheda o uno spazio apposito per la strage di Gernika, e altrettanto vero che, dall’altra, di queste solo un’edizione dedica uno spazio apposito in cui si parla anche della persecuzione dei religiosi durante la guerra civile spagnola. Sicuramente bisogna stare attenti davanti ai vari revisionismi storici al servizio della politica di turno, ma almeno nei libri storici bisognerebbe invocare la completezza, anche data dal continuo arricchimento della ricerca.

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