di Andrea Ermano
Lettera di congratulazioni a un amico personale e a un avversario politico. Il presidente della Federazione Socialista Italiana in Svizzera (FSIS), Andrea Ermano, scrive al nuovo governatore del Friuli Venezia-Giulia, Renzo Tondo, dopo la sua vittoria elettorale nelle file del centro-destra: “Tu e io abbiamo condiviso parte importante del nostro tirocinio nell'alveo di un socialismo di nobili ascendenze, autogestionarie e resistenziali: una scuola d'alta montagna, collegata a quella Repubblica libera della Carnia che si formò ad Ampezzo nel 1944 dietro le linee del nemico nazifascista. Io resto fedele ai valori della Giustizia e della Libertà che sono i valori del Socialismo Europeo”.
Caro Renzo, illustre Presidente, desidero congratularmi con Te per l'elezione alla guida della giunta regionale del Friuli Venezia-Giulia. La Tua vittoria — che mi duole in quanto comporta la sconfitta del centro-sinistra, mi pare tuttavia parzialmente positiva giacché segna quanto meno la fine di quell'assurda preclusione che cinque anni fa aveva impedito la Tua candidatura alla medesima carica — impedimento seguito a un veto di Bossi secondo cui un ex esponente del PSI andava a priori escluso da ogni primazia elettorale.
Si trattava di una posizione ingiustamente discriminatoria nei riguardi di chi era stato iscritto partito socialista nonché lesiva dell'autonomia friulana: bel federalismo quello per cui un “senatur” lombardo impone la propria candidata a Trieste! Questo, all'epoca dei fatti, con grande pacatezza, ma non senz'altrettanta chiarezza, avevo fatto presente all'on. Antonione, Tuo predecessore, allora sottosegretario agli Esteri, mentre si trovava in visita presso l'Ambasciata d'Italia qui in Svizzera. L'emigrazione organizzata spezzò allora una lancia a favore di Riccardo Illy, che sconfisse la candidata imposta dalla Lega Nord.
L'on. Antonione se ne risentì un po'. E io certo non me ne pento. Ma rendo merito al centro-destra friulano per avere ora superato quella stupida preclusione. E rendo merito a Te d'aver “incassato” il veto d'allora senza colpi di testa, combattendo la “battaglia interna” ma, prima ancora, combattendo la “battaglia interiore”: non mi par poco in questo desolante panorama da seconda repubblica (o come si chiama adesso), panorama deturpato dalla ricca monnezza generosamente ammassata in ogni senso e in ogni luogo.
Tu e io abbiamo condiviso parte importante del nostro tirocinio e del nostro impegno civile nell'alveo del socialismo carnico di nobili ascendenze, autogestionarie e resistenziali, impersonate da uomini come Riccardo Spinotti, Vittorio Cella, Enzo Moro, Angelo Ermano, Bruno Lepre e tanti altri. Insomma non proprio la scuola quadri dei ragazzi della Fgci, ma pur sempre una scuola di alta montagna, collegata alla prima repubblica Partigiana d'Italia, la Repubblica libera della Carnia, formatasi ad Ampezzo nel 1944 dietro le linee del “Litorale Adriatico”, il sanguinario protettorato-fantoccio istituito dal nemico nazifascista.
L'organo clandestino della “Brigata
Osoppo Friuli”, Anno 1944, numero 2.
Dopo lo scioglimento del PSI nel 1994 Tu hai aderito allo schieramento di centro-destra, che a sua volta aderisce al Partito Popolare Europeo. Sai bene che ho sempre considerato legittima la Tua scelta e che provo pena per la faziosità. Capisco bene che un amministratore eccellente, quale Tu sei, abbia scelto nel 1994 di continuare la propria carriera politica dove gli era stata offerta una reale possibilità in questo senso. Trovo lodevole la coerenza con la quale, dopo la fine del PSI, avendo imboccato la Tua strada, l'hai percorsa con costanza e fermezza d'animo negl'incerti della sorte, che a volte Ti è stata favorevole, a volte avversa.
Sul contenuto politico della questione, però, io continuo a riconoscermi nell'orizzonte del Socalismo Europeo. Dunque, non condivido la Tua collocazione nel centro-destra. E per me, partecipe di un movimento politico che in questi anni ha conosciuto soltanto avversità, rivendico un grado di coerenza non inferiore a nessuno, sebbene esposto al rischio dello sconfinamento nella dabbenaggine.
Forse bisogna essere dei visionari per dichiararsi socialisti nel mentre la cultura politica socialista viene dichiarata morta dal coro dei media italiani. Ma la storia insegna che il socialismo italiano è stato dichiarato morto tante e tante volte. Una dozzina almeno. Però poi ha saputo rinascere, sopravvivendo sempre ai suoi alacri affossatori.
Il socialismo italiano è reo di fedeltà a una forte vocazione europea e internazionale, in un Paese esposto alle sirene del “particulare”, che resta tale anche quando si ammanta di furore universalista, vuoi sovietico, vuoi vaticano, vuoi americano.
Ma solo il socialismo europeo e internazionale può tentare una risposta generale e coerente alle domande di equità sociale e di laicità delle pubbliche istituzioni che emergono dalla realtà contemporanea con bruciante impellenza. Parafrasando Marx bisognerebbe dire che i movimenti sociali hanno sempre prodotto trasformazione del mondo: ora occorre governarla. Occorre una logica di buongoverno aperta alla dimensione necessariamente globale di Pace, possibile solo in armonia con i riferimenti ideali della Giustizia e della Libertà.
Per questa ragione io (che a quei riferimenti ideali credo ancora) ho accettato, undici anni fa, di caricarmi sulle spalle, non più giovanissime, l'onere di coordinare il lavoro politico della Federazione Socialista Italiana in Svizzera, che storicamente costituisce il “Centro estero” del socialismo italiano e ne garantisce la continuità durante le periodiche eclissi attraversate dal Partito in Italia. Si tratta di un impegno ovviamente incompatibile con il mio affetto più profondo, che è l'affetto per la casa in cui sono nato, per il glicine nel mio cortile, per le montagne della mia Carnia, per la mia gente e il mio Comune rustico.
Ma il tempo in cui viviamo è molto più rustico, e all'orizzonte si addensano le nubi di un'enorme sfida dinanzi alla quale la politica è chiamata a fare il proprio dovere, o abdicare.
Per prendere parte a questa sfida due cose sono assolutamente indispensabili: un forte radicamento sociale e una chiara prospettiva internazionale.
Il centro-destra italiano ha conseguito un suo radicamento sociale, per quanto xenofobo-identitario-televisionario, e anche una sua prospettiva internazionale, dal Vaticano a Washington.
Il centro-sinistra italiano — se e quando si rimetterà da questa transizione tuttora incompiuta — dovrà rendersi conto che il proprio radicamento sociale abita anzitutto nelle organizzazioni dei lavoratori, cinicamente abbandonate sull'altare del potere per il potere. Mentre l'unica prospettiva internazionale di una sinistra italiana degna di questo nome non può che collocarsi in quell'Europa laica e riformista che si riconosce nel Socialismo Europeo.
Caro Renzo, illustre Presidente, Tu hai trionfato a Trieste, ma il Tuo non sarà un percorso molto più piacevole di quello che si prospetta a questo vecchio compagno qui a Zurigo, ormai quasi-esule nella condizione che più si addice a un soldato sconfittissimo di un esercito sconfittissimo in tante battaglie. Ma ancora resistente.
Per concludere vorrei dirTi, senza enigmi, come si usa tra amici, quello che penso. E' in corso, tra Partito del Socialismo Europeo e Partito Popolare Europeo, un confronto apertissimo. E la posta in palio riguarda l'uso politico (cosmopolitico, in senso tecnicamente kantiano) che l'Europa vorrà fare di se stessa nella prospettiva di un governo pacifico dell'economia globale e del pluralismo culturale.
L'Italia è una parte importante dell'Europa e la nostra Regione friulana una parte non del tutto trascurabile dell'Italia.
So che come governatore del Friuli Venezia-Giulia farai del Tuo meglio e Ti auguro sinceramente buon lavoro, ma dubito fortissimamemente che il PDL e il PPE rappresentino la strada giusta per il futuro del nostro Paese e del nostro Continente, perciò il mio saluto è — inevitabilmente — quello di un avversario politico. Con franca amicizia.
Presidente della Federazione Socialista Italiana in Svizzera