PENSIERINI DI SOCIALISMO RELIGIOSO

di Andrea Ermano

La questione del rapporto tra socialdemocrazia e religione è balzata in questi giorni agli onori delle cronache in seguito a un breve filmato elettorale del PS dedicato al tema “Gesù, primo socialista della storia”. Verrà diffuso domani nelle Tv italiane. Apriti cielo! Il mite partito del mite Boselli è accusato di “scandalo” per presunta “blasfemia”.
Ma non si capisce perché. In fondo, se esiste una “dottrina sociale cristiana”, lo si dovrà pur ai principii originariamente manifestati nella predicazione dell'Uomo di Nazareth. Nel “Sermone della montagna” emerge per esempio un'idea sostanziale della Giustizia (“Poiché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei…”, Matteo, 5: 20). E questa concezione della Giustizia costituisce il nucleo più caratteristico del pensiero socialista. Perciò è legittimo parlare di Gesù come del primo socialista della storia, cosa che del resto avviene da un paio di secoli a questa parte.
Vabbe' che nel nostro Paese nulla è più inedito della parola scritta, ma il socialismo religioso non rappresenta esattamente una novità. Basti pensare alla “teologia della liberazione”, che però costituisce solo la puntata più recente di una storia ben più lunga. Perché a dichiararsi socialisti non ci sono solo i filosofi di ascendenza marxiana o neo-marxiana. Gli fanno compagnia schiere innumerevoli di rabbini, pastori protestanti, sacerdoti cattolici, intellettuali musulmani ed esponenti di tutte le maggiori religioni del pianeta. Cui andrebbero aggiunti un paio di miliardi di donne e uomini non addottorati in filosofia o teologia, né tutti atei, scettici o agnostici (anche se in questo non ci sarebbe nulla di male, beninteso).
Di ciò avevamo già scritto qualche tempo fa, discutendo i “Valori” esposti nel primo capitolo del “Manifesto per il Pd” elaborato nel 2007 da un “comitato dei dodici saggi”. Il nascente PD — presentandosi come novità epocale nella pur non breve storia d'Italia — proclamò che le idee di libertà, uguaglianza e dignità della persona «hanno le loro radici più profonde nel cristianesimo, nell’illuminismo e nel loro complesso e sofferto rapporto». Formulazione vagamente pomposa su cui uno dei leader della dissidenza diessina Cesare Salvi ebbe gioco facile a ironizzare: «Non basta più riconciliare post-comunisti e post-democristiani, proclamando con quindici anni di ritardo la caduta dei muri del Novecento», chiosò Salvi, «ora l’obiettivo è più ambizioso: riconciliare illuminismo e cristianesimo. Dopo il tentativo di Emanuele Kant, la palla ora passa a Fassino e Rutelli».
Ci chiedemmo, allora, se le idee nuoviste, invocate per transitare il centro-sinistra italiano “oltre” il Novecento (cioè oltre la sinistra, come ha poi spiegato Veltroni a “El Pais”), oltrepassassero per davvero l’orizzonte novecentesco. Ci sembrò che ne ricadessero invece alle spalle. Ed ecco perché.
La riconciliazione tra cristianesimo e illuminismo che veniva collocata nella prospettiva “oltrista” di un partito un po' laico, ma anche un po' clericale, è servita solo allo scopo di indebolire, se non ancora di revocare, l’approdo euro-socialista realizzato dal Pci-Pds dopo la caduta del Muro di Berlino.
Dati i risultati (la caduta del Governo Prodi, lo spostamento a destra dell'asse politico italiano, l'indebolimento del PSE in Europa, la deriva filo-vaticana), fu giusto sarcasmo accostare Kant a Rutelli. Ma va pur ricordato che l’altissima sintesi, in Kant, tra la pietas religiosa e la filosofia dei lumi ha conosciuto poi, anche dopo la morte del sommo filosofo, un suo specifico sviluppo. Che coincide con l'evoluzione del socialismo “umanista”, “etico” e “religioso” (“religioso”, dunque, e non solo “cristiano”, ma quanto meno anche di matrice ebraica).
Oggi si ignora quanta teologia della liberazione ante litteram sia contenuta nella nascita e nella formazione del movimento operaio europeo e internazionale. Chi mostra scandalo per il “Gesù primo socialista” del mite partito del mite Boselli, testimonia in realtà un buco di memoria collettiva.
Eppure, il socialismo religioso, etico e umanista rappresenta un capitolo nobile di una nobile storia. E rinvia a grandi maestri di cultura e umanità, da Hermann Cohen a Emmanuel Levinas, da Leo Ragaz a Ignazio Silone, da Martin Buber a Martin Luther King, da Dorothee Soelle a Casimira Rodriguez e tanti, tanti altri.
Don Minzoni, ad esempio, scriveva già un secolo fa parole illuminanti sulle organizzazioni operaie: «Tutte le sere che ritorno a casa passo dinanzi alla Camera del lavoro» – così nel suo Diario il 22 novembre 1909 – «ogni volta mi assale un sentimento d’invidia: quanto amerei essere là dentro; quanto bramerei d’affratellarmi a questa religione nascente; sentire più da vicino pulsare il cuore di questo organismo che è destinato – qualunque sia il suo atteggiamento odierno – a divenire una religione, e Dio voglia la religione dell’avvenire». Quattordici anni dopo il parroco Giovanni Minzoni, entrato in urto con il potere fascista, venne definito “amico dei sovversivi”. E assassinato dai sicari di Italo Balbo.
Si deve aggiungere che i socialisti — anche quelli non universalmente noti come don Minzoni (o Matteotti, Allende, Palme, Rabin…) — hanno pagato un tributo personale nella lotta contro il fascismo, contro lo stalinismo, per la pace, la giustizia, la solidarietà umana. Quindi, per favore, lasciamo stare categorie come “scandalo” e “blasfemia”, che oltre tutto guarda caso sono quelle stesse categorie che portarono Socrate alla morte per cicuta e Gesù alla crocifissione. Senza dimenticare, in tema di crocifissioni, quanto avvenne nel 71 a.C. lungo la via Appia, dove il proconsole Mario Licinio Crasso fece denudare per spregio e poi uccidere in croce seimila persone: erano seguaci di Spartaco, caduti prigionieri dell'esercito romano dopo essersi (giustamente) ribellati alla schiavitù.
Ma torniamo al tema “socialismo etico e religioso” (sul quale sarebbe bello se Wikipedia offrisse anche in italiano gli articoli disponibili nelle versioni di lingua inglese e tedesca). Questo straordinario movimento di emancipazione culturale e sociale ha trovato la propria espressione programmatica più celebre a Bad Godesberg. Nella città renana la SPD dichiarò in tutta ufficialità che “le radici del socialismo democratico” in Europa si collocano “nell’etica cristiana, nell’umanesimo e nella filosofia classica”. L’esplicito riconoscimento del fattore religioso, non meno che di quello filosofico e umanistico, veniva collocato dentro un’impostazione rigorosamente laica. I socialdemocratici di Bad Godesberg ben si guardavano infatti dal «voler annunciare una verità definitiva», e ciò «non per insipienza o indifferenza verso le visioni del mondo o le verità religiose», ma per autentico rispetto di fronte alle scelte di ciascun singolo, «sulle quali né un partito politico né lo Stato hanno di che sindacare». Fin qui il passaggio centrale del celebre Programma della Spd al primo capitolo (“Valori fondanti del socialismo”). Queste parole risalgono all’anno 1959, nel bel mezzo del Novecento, mezzo secolo fa.
Ora, se ciclicamente in Italia, come abbiamo detto, non c’è nulla che ci appaia tanto inedito quanto un qualche testo già stampato, non si sfugge però a una sensazione di ritardo culturale davvero prostrante. E' bizzarro che nel dibattito politico italiano si depredi uno dei nuclei più specifici del patrimonio ideale del socialismo democratico europeo e poi si pretenda anche di utilizzarlo a mo' d'oggetto contundente totale finale contro il mite partito del mite Boselli.

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