di TOMMASO MERLO
I demagoghi di quello che rimane dell'ex mondo comunista, hanno rispolverato il termine lotta di classe il giorno dopo il tonfo di Prodi. Sono passati dalla moscia arroganza governativa alla ruffianaggine elettorale in poche ore. Cosa che fece allibire anche molti compagni, sul momento. Ma poi le nostalgie degli eterni ex, nel deserto politico moderno, li riportano sempre all'ovile a testa bassa. Si sa, al cuore non si comanda mentre il cervello in politica è un optional.
Del resto nell'era della politica commerciale, basta poco per riciclare le solite facce. E basta rispolverare qualche vecchia parola d'ordine, come lotta di classe appunto, per ravvivare la nostalgia dei compagni sparsi per l'Italia. Quella gente che va svegliata quando c'è da votare e fare opposizione, mentre quando si vince va fatta dormire nell'eterna attesa e sedata con le piccole cose che la politica dell'eterno compromesso al ribasso permette di ottenere.
Il punto è che al governo, la grottesca nomenclatura sinistroide, non ha fatto assolutamente nulla per risolvere ad esempio il dramma della precarietà. O almeno nulla degno di nota. E al di là delle solite scuse, è appunto grottesco che una volta caduto Prodi la stessa nomenclatura parli di lotta di classe e paventi scenari apocalittici da anni settanta. Una presa in giro, un bluff elettoralistico fatto sulla pelle di chi quei problemi drammatici li soffre realmente.
Quando è caduto Prodi, Bertinotti aveva ancora l'agenda zeppa di impegni mondani dove pavoneggiarsi a terza carica dello stato. Passano poche ore, cambia guardaroba e veste i panni del dinosauro cheguevaro paladino dei poveri e dei precari. Una virata ridicola che solo cortigiani come il povero Giordano, poteva accettare. Del resto Bertinotti è di vecchia scuola e la sua piccola casta di rifondaroli se l'è costruita bene, mattone per mattone.
Le cose sono precipitate quando Veltroni ha deciso di togliersi dai piedi quei rognosi di comunisti che nel tentativo di sembrare coerenti con se stessi hanno superato perfino il limite del ridicolo. Vanno al governo guidati da un ex democristiano, firmando un programma truffa e poi mandano i Ministri in piazza a protestare contro se stessi. Salvare la poltrona e salvare la base, è tutta qui l'essenza politica dell'era Bertinotti, dopo anni di chiacchiere possiamo dirlo.
Ebbene, la sinistra dopo anni di ciarlatame tecnocratico non è stata nemmeno capace di mettere insieme i suoi cocci ed è di fatto ancora una cosa incompiuta. La sua esperienza governativa tanto attesa è stata un fallimento totale piena di contraddizioni e priva di risultati concreti degni di nota. E oggi, come nulla fosse, si ripresenta agli elettori guidata dalla stessa nomenclatura e dal solito vecchio Bertinotti. La solita ariafritta, o meglio, la Sa.