di MARCO BASTI
Scriveva il nostro direttore emerito, nella sua Finestra della settimana scorsa, in risposta a un connazionale di La Plata che sul Corriere della Sera aveva manifestato la sua opposizione al voto degli italiani all’estero, una posizione sostenuta in questi anni con evidente convincimento dal reponsabile della sezione di lettere dei lettori del quotidiano milanese Sergio Romano, che il voto degli italiani all’estero è non solo un sacrosanto diritto, ma è anche un nostro dovere.
Un nostro dovere perché, ci diceva il dott. Basti, da quando c’è il voto, da quando ci sono i nostri rappresentanti al Parlamento italiano, qualcosa è cominciato a cambiare e quindi è da sperare che ci saranno altre novità, quando i 18 che saranno eletti in questa nuova tornata elettorale, arriveranno a Roma, avendo tra l’altro, almeno una parte di loro, aperto una strada, avendo fatto già il necessario periodo di rodaggio, di conoscenza della situazione, del terreno, dei palazzi romani.
Si tratta quindi di far valere un nostro diritto perché c’è la possibilità che la realtà degli italiani all’estero venga meglio conosciuta in Italia e da quella conoscenza ci possano essere sviluppi positivi, sia per noi, sia per l’Italia, sia anche, per i Paesi che ci accolgono.
C’è inoltre un’altra ragione per la quale sarebbe irresponsabile disperdere il nostro voto. Una ragione che abbiamo sottolineato tante altre volte e che ha a che vedere con la nostra visibilità.
Infatti, il voto è anche un censimento per noi italiani all’estero. Votando dimostriamo quanti siamo, dimostriamo che vogliamo mantenere un legame stretto con l’Italia e segnaliamo chi sono i nostri interlocutori.
Dimostrare quanti siamo e che vogliamo mantenere un rapporto stretto con l’Italia, perché italiani ci sono quasi in ogni angolo del pianeta mondo, ma più precisa sarà la fotografia di questa presenza, maggiore sarà l’esattezza nella determinazione delle politiche che ci riguardano. La nostra comunità dell’Argentina, che è tra le piu numerose tra quelle residenti all’estero, ha sempre conquistato primati di partecipazione, proprio perché è una comunità che si sente molto legata all’Italia, pur se si trova a dodicimila chilometri da Roma e nonostante la antica presenza in Argentina. Quindi parafrasando il “padre” del voto degli italiani all’estero, l’ex minstro Tremaglia, votate chi volete ma votate.
Votare inoltre serve a segnalare a Roma chi sono i nostri interlocutori. E in questo senso, la collettività italiana organizzata, ha già dato prova, nelle precedenti elezioni, di voler essere rappresentata da chi partecipa attivamente alla vita della nostra collettività, che almeno in Argentina si svolge fondamentalmente attraverso le centinaia di associazioni che ci siamo dati in oltre un secolo e mezzo di presenza al Plata.
Questo non per partigianismo, non per spirito settario, non per sentimenti di ghetto, come ha sostenuto qualcuno in Italia. Tutt’altro. Si tratta proprio del contrario. Dato che come comunità democratica dà spazio a tutte le idee politiche ma si mantiene unita, non vuole incolonnarsi dietro a partiti che poi in Italia vedono la politica solo come l’esclusione dell’altra parte.
E inoltre perché difficilmente chi non partecipa alla vita della nostra comunità (e che dire di chi, addirittura, non parla una parola d’italiano, come qualche candidato al Senato nella lista del Pdl) può conoscerla, capirla, essere al corrente delle sue problematiche, delle sue attese e delle sue proposte. Come difficile è capire per chi da anni si batte per la diffusione della cultura italiana in Argentina, con scarso sostegno dell’Italia, come è il caso di molte nostre associazioni, che il Partito Democratico abbia scelto come slogan “siamo Very italian people”. In altre parole, difficilmente un paracadutista sarebbe in grado di rappresentarci.
Ci sono ancora gli echi degli scandali delle precedenti elezioni, quando furono denunciati brogli con prove o testimonianze con pacchi di buste elettorali in Europa, negli Stati Uniti e in Australia. (I problemi nella Ripartizione America Meridionale, hanno riguardato la lista dell’Unione e si sarebbero registrati a Roma durante lo scrutinio).
Per cui riprendendo quanto dichiarato dal sen. Luigi Pallaro, ispirato forse da questa settimana di Passione: “Non vendete il vostro voto per trenta denari. Il nostro voto è frutto del lavoro, dei sacrifici e delle battaglie di decenni. Non disperdetelo. Non accettate il gioco di alcuni che credono che mandando i “punteros” nelle nostre case possono comprare le buste elettorali. Stringete forte al vostro cuore quella busta che tanti sacrifici ci è costata.”
Votiamo, facciamolo con responsabilità. E’ un nostro dovere, è un nostro diritto, è una nostra necessità.
MARCO BASTI
marcobasti@tribunaitaliana.com.ar