I due prigionieri

Massimo Mastrogregori
I due prigionieri
Gramsci, Moro e la storia del Novecento italiano
Milano, Marietti, 2008, 368 p.

Il 28 marzo esce in libreria un interessante libro di Massimo Mastrogregori sulle figure di Antonio Gramsci e di Aldo Moro, nato dalle lezioni tenute durante i corsi di storia della storiografia all'Università La Sapienza di Roma. Questo studio abbandona definitivamente l'ambito giudiziario, politico e scandalistico, per cui ci si chiede se Gramsci sia stato avvelenato dai comunisti italiani (come, ad esempio, ha scritto qualche mese fa sul Corriere della Sera Melograni) oppure se le Br abbiano fatto tutto da sole o fossero dirette da una centrale estera (come ha scritto Liucci sul Sole24Ore).
È scritto da un filologo-storico che ha spremuto le fonti disponibili, poche, e ha usato il metodo comparativo: l'idea è quella di mettere a frutto una esperienza di prigionia durata 11 anni, come quella di Gramsci, per capire anche la prigionia dei 55 giorni di Moro. È l'idea cosiddetta delle vite parallele. La “spremitura” delle fonti – considerate come tutt'altro che trasparenti – permette al lettore di conoscere i due personaggi, il contesto in cui sono vissuti, che cosa hanno cercato di fare in carcere e che Italia hanno disegnato nei loro scritti dalla prigione.
Non ci sono scoop, ma c'è l'idea che dai dati già noti sia possibile illuminare le cose in un'ottica nuova. Per Gramsci, ad esempio, si può citare il ruolo svolto da Togliatti nell'usare il prigioniero per manovre di politica culturale, anche durante la prigionia (cap. XVIII). Per Moro, invece, una nuova impostazione del problema delle lettere (Moro che paga un prezzo per avviare una trattativa, accettando di vestire i panni di un personaggio rancoroso e accondiscendente, cap. XVII); la lettura del memoriale su Piazza Fontana (cap. XIV) è forse la parte che contiene maggiori novità, mostrando la complessità delle manovre, in Italia e all'estero, fatte in un momento di acuta crisi politica e l'esaurimento dell'esperimento del centrosinistra, grazie anche alla consultazione delle carte conservate nell'Archivio del Quirinale.
Contrasta alcune idées reçues: che sia possibile capire qualcosa del passato senza spremere le fonti, limitandosi a riprodurre i conflitti che si sono svolti nel passato, e che sia possibile ascoltare la voce dei testimoni, trascrivendola semplicemente. La comparazione con la storia di Gramsci sottrae quella di Moro all'attualità e le mette entrambe in una prospettiva storica: in questo senso, è interessante, per esempio, la parte, molto nuova, che “smonta” il mito del linguaggio incomprensibile di Moro (cap. IX).
La controversia, insomma, è nel negare la controversia giudiziaria, politica e scandalistica: sono binari morti, che attraggono l'attenzione, ma sono senza alcun costrutto. Bisogna negare la legittimità di quelle domande per capire realmente qualcosa di quello che è avvenuto.

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