di TOMMASO MERLO
Veltroni si smarca dal governo dell'Unione e annuncia che quello del Pd «sarà un governo molto diverso dal governo Prodi che era frutto di una coalizione eterogenea». Benissimo, ma diverso in cosa? Nel numero di partiti che lo sostengono l'abbiamo capito, in qualche sfumatura del programma, pure. Tutto qui? Basta davvero cosi poco per voltare pagina? La domanda se la deve essere posta anche Veltroni che da quando è partita la campagna elettorale ha messo in campo un vasto reportorio di colpi di scena per convincere delusi e incerti che il suo Pd è un progetto innovativo. Colpi dettati dall'esigenza di mettere alle spalle l'esperienza governativa appena tramontata e dare sfogo all'aria pesante che da tempo avvolge tutto ciò che è politica nel Paese. I sondaggi premiano solo in parte la spolverata americana veltroniana, e molti sembrano ancora titubare quasi si chiedessero: “se Veltroni riuscisse nel miracolo di battere il settantenne Berlusconi al quinto giro di giostra, cosa realmente potrà cambiare nella politica italiana?” E su un punto in particolare si concentrano i dubbi sulla forza rinnovatrice dell'ex sindaco di Roma: le risorse umane. Veltroni sarà circondato dalla stessa identica classe dirigente ex Ds e Margherita che regge le sorti dei riformisti-cattolici italiani da decenni. Si tratta di persone che hanno speso una vita intera inseguendo diligenti le svariate metamorfosi della DC e del PCI. E dopo un processo lungo e travagliato li hanno abbandonati per aderire al Partitio democratico. Dirigenti e militanti che al di là dei contenitori, rappresentano una cultura politica precisa e radicata, un modo di intendere e fare politica, meccanismi, logiche. Una cultura che si concretizza nel modo di ragionare e comportarsi delle singole persone nel momento in cui fanno politica. Ebbene, se l'obiettivo è cambiare quella cultura politica non si può prescindere dal ricambio delle persone che rappresentano quella cultura. Non c'è altra via che il ricambio generazionale, ma quello vero, e cioè una nuova generazione rappresentante una nuova cultura politica che si sostituisce alla precedente. Tutto il resto è marketing elettorale. Compreso i giovani messi come capolista qua e là da Veltroni. Diverso sarebbe stato se Veltroni avesse escluso dalle candidature chi è già stato eletto per due legislature. In questo modo avrebbe costretto il suo partito a mandare in pensione la vecchia guardia. Un'operazione che però avrebbe forse sommerso lo stesso Veltroni. Ed è proprio questo il punto, mentre Veltroni mette in campo tutta la sua creatività elettorale per soddisfare la fame di nuovo, alle sue spalle schiere di dalemiani, di prodiani e di chissà quant'altro attendono silenziosi il momento di entrare in scena. E sarà solo allora che si comprenderà realmente the Veltroni deal.