Recensione al libro di D.A. Schon, Formare il professionista riflessivo, Angeli, 2006
L’autore pone una distinzione tra due divergenti tipologie di professionisti:
risolutori di problemi strumentali, secondo un vecchio stampo professionale e artefici, creativi e risolutivi del proprio agire, come sia auspicabile il nuovo professionista. Il primo tipo di professionista è dotato di una serie di competenze delle quali, all’occorrenza, fa un uso pratico. Al secondo viene chiesto un ripensamento e una totale ridefinizione della propria professione in senso educativo. Quest’ultimo ha una visione dell’educazione non solo empiricamente tecnica, ma soprattutto artistica in quanto la sua conoscenza teorica non resta relegata e impigliata in schemi prefissati. Quel tipo di sapere risulterebbe essere la base dalla quale non transigere per la propria formazione primaria. Questa base deve essere arricchita da una visione artistica del proprio sapere e particolarmente per come lo si deve trasmettere e applicare. Questa visione artistica si palesa come concezione della conoscenza che crea e favorisce in chi la pratica una formazione favorente la contemporaneità dell’insegnamento e dell’apprendimento. Questo atteggiamento verso la conoscenza presuppone per la diade insegnamento e apprendimento un continuo aggiornarsi nell’ambito della ricerca educativa e un conseguente rivedere dove necessario il rimettersi in discussione. L’invito con questo comportamento del rimettersi in discussione non va rivolto soltanto ai professionisti in genere e agli insegnanti in particolare, ma contemporaneamente alle istituzioni dello stato per la propria competenza e a tutte le istituzioni sociali globalmente. La lettura di questo saggio si consiglia agli studenti sin dall’ordine delle scuole superiori. L’autore rivolgendosi ai professionisti complessivamente, giustamente li interroga con tono provocatorio rispetto a come intendono perseguire la propria funzione, ossia se con il vecchio metodo o il nuovo. Risulta chiaro a questo punto che solo il professionista e ancor più il pedagogo e il pedagogista non possono da soli farsi carico di tale portentosa ed encomiabile trasformazione dell’apprendere e dell’insegnare. Si dovrà necessariamente rivedere tutto il vasto settore dell’editoria conseguente a tale rivisitazione o revisione pedagogica. Queste ultime considerazioni potrebbero sembrare provocatorie per quanti sono stati invitati a rivedere i personali tipi di conoscenza e le diverse metodologie educative. L’autore generosamente espone la personale esperienza che ha dato i risultati voluti. Ci si augura implicitamente che molti altri professionisti intraprendano tale metodo a beneficio di tutti. E’ consapevole altresì dalle difficoltà che si incontrano confidare nella soddisfazione che compenserà chi volesse cimentarsi in proposito nella vocazione che molti insegnanti coltivano per la propria missione.