Deputati e biobanche chiedono liberalizzazione raccolta staminali cordonali

La parola d'ordine e' 'liberalizzare' per fermare l'emigrazione di oltre cinquemila cordoni ombelicali che ogni anno si rivolgono alle biobanche straniere per la conservazione autologa delle cellule staminali cordonali. E' la battaglia condotta da Donatella Poretti, deputata della Rosa nel Pugno e segretario della commissione Affari sociali della Camera, che in una conferenza stampa a Montecitorio il 20 dicembre ha spiegato lo stato dell'arte in materia e promosso la nascita di una rete delle biobanche per la conservazione autologa che chiedono di poter operare liberamente nel nostro Paese.
'I dati dimostrano una sconfitta dello Stato, visto che rispetto alle nascite solo lo 0,46 per cento delle donne dona le staminali del cordone per uso eterologo e non sappiamo quanto per mancanza di volonta' e informazione e quanto per inadeguatezza delle strutture'. Di fronte all'insuccesso di alcune iniziative legislative per consentire anche in Italia la conservazione autologa (per se stessi e per i familiari) 'bisogna ripartire, anche perche' le staminali da cordone non creano alcun problema etico. Non e' ammissibile che finiscano nei rifiuti, ma e' evidente che per la raccolta il solo sistema pubblico non e' sufficiente'.
L'appello a fare network e' accolto con favore dalle numerose aziende presenti alla conferenza stampa. 'E' una grande occasione per creare il caso e portarlo davanti a un giudice”, dice Luca Marini, ex vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica e presidente del centro studi bio-giuridici Ecsel, 'visto che e' evidente l'incompatibilita' della normativa italiana rispetto a quella comunitaria'.
E le aziende specializzate nella conservazione delle staminali placentari, quelle del cordone ombelicale, presenti alla conferenza stampa, accusano il Centro nazionale trapianti, guidato da Alessandro Nanni Costa, di “disinformazione”, di creare una “barriera” per le donne che vogliano conservare il proprio cordone per uso autologo”. “Abbiamo grossi problemi col Centro nazionale trapianti”, dice Italo Tripoti, direttore generale FutureHealth.
Che vuole portare il proprio cordone all'estero, infatti, deve effettuare un counselling con il Centro: un colloquio, anche telefonico, per accertare che i futuri genitori siano a conoscenza delle possiblita' offerte dalla conservazione autologa del cordone e della possibilita' di donarlo per scopi solidaristici ad una banca pubblica. “Ho scritto una lettera al direttore Costa: le mamme vengono scoraggiate. C'e' un ostruzionismo fortissimo, una vera barriera”.
Dai rappresentanti delle altre aziende parole assonanti: “La situazione e' terribile, c'e' un problema enorme -denuncia Stefano Grossi, consulente scientifico Cryo-Save Italia- piu' che counselling, e' una forca caudina. Le donne non vengono informate, ma scoraggiate”. Insomma, taglia secco, quella del Cnt “e' disinformazione”. Maria Sole Rodriguez, direttrice di Cord Blood Italy: “i clienti ci raccontano di counselling durante i quali si sentono a disagio, nei quali si cerca di convincerli che fano qualcosa di sbagliato”. Francesco Zinno, consulente scientifico Ims-Stemcellsmedicalservice: “Dovrebbero fornire un'informazione chiara: ma dire che, dopo 20 anni, le cellule non sono piu' utilizzabili, significa fare disinformazione”.

“Facciamo un lavoro previsto dalla legge. Secondo un meccanismo open, trasparente, controllabile e verificabile”. Cosi' Alessandro Nanni Costa, presidente del Centro nazionale trapianti. “Se qualcuno vuole vedere come funziona puo' chiamare il numero del counselling e verificare”.

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