Come in “Prova d'orchestra”, straordinario film di Fellini, ciascuno dei protagonisti del confronto sulla legge elettorale suona per conto proprio, secondo uno spartito sconosciuto agli altri. Il risultato è un rumore fastidioso che tutto sovrasta. Le proposte di modifica dell'attuale meccanismo elettorale fioccano con il passare dei minuti e durano lo spazio d'un mattino per essere seppellite dalle critiche e subito dimenticate.
Sono tante e troppo diverse perché si possa arrivare a una sintesi ed evitare il referendum che appare, a questo punto, la sola strada davvero percorribile anche se il suo esito non porterà la chiarezza attesa dagli italiani.
Il doppio turno alla francese evocato da Franceschini funziona in Francia e produce una corsa non verso il centro – come dimostra l'inconsistente presenza dei centristi di Bayrou – ma verso i partiti maggioritari, di centro o di sinistra. La questione è politica: che il modello sia tedesco o francese o spagnolo ha scarsa rilevanza ai fini della governabilità di un Paese. Il punto è come costruire due grandi partiti di respiro nazionale capaci di governare il sistema politico e fra loro alternativi. In Francia, Germania e Spagna – cioè in tre paesi con tre diversi sistemi elettorali – ci sono due grandi partiti-architrave attorno ai quali ruota tutto il sistema politico. Tutto il resto è fuffa, è ordinaria bottega.