Kenya nel caos, almeno 200 i morti

Dall’inviato del Corriere della Sera

NAIROBI – Sono poco meno di 200 i morti accertati in Kenya per gli scontri tra polizia e manifestanti che contestano l’elezione del presidente Mwai Kibaki. Poco meno della metà ha perso la vita nella capitale Nairobi. Ma scontri con vittime si sono registrati anche nella città portuale di Mombasa, Eldoret, Nakuru, Kagamega e poi a Kisumu, capitale dell’aerea dove sono maggioritari i luo e le altre etnie che sostengono lo sfidante, Raila Amolo Odinga, giudicato perdente dalla commissione elettorale con uno scarto minimo di voti (4.584.721 per Kibaki contro 4.352.993 per Odinga).

ITALIANI BLOCCATI – I numerosi turisti italiani giunti sulla costa keniota per festeggiare il capodanno sono di fatto bloccati. Tra loro il ministro Giovanna Melandri, ospite a Watamu. Gli aeroporti di Malindi e di Mombasa (in quest’ultima si sono registrati violenti scontri con una decina di morti) sono di fatto chiusi. Tutti i voli, tranne uno, sono stati cancellati. L’aeroporto internazionale Jomo Kenyatta è fantasma. All’ufficio informazioni avvisano che molti voli da e per l’Europa sono stati cancellati e a Mombasa e Malindi non si può volare. In difficoltà anche il viceministro degli esteri Bobo Craxi che è ospite a Kilifi sulla costa.

CITTA' FANTASMA – Nairobi è una città fantasma. Le strade sono deserte e il centro è completamente vuoto. Solo gli angoli sono presidiati da gruppi di poliziotti, anche a cavallo, in assetto antisommossa: scudi, elmetti e giubbotti antiproiettile. Poco lontano autobotti con gli idranti pronti. I pochi negozi aperti sono stati presi d’assalto in mattinata dalla gente che in pochi minuti ha comprato tutto quanto è commestibile. «Non si era mai vista la capitale così – ha commentato il presentatore della KTN (Kenyan Television network), che ha aperto il telegiornale della sera -. Il Kenya ha una tradizione democratica, non è consuetudine avere la polizia in strada».

COMUNICAZIONI BLOCCATE – Kibera, dove domenica mattina c’è stata una battaglia campale tra manifestanti e polizia con un bilancio di una quarantina di morti, è isolata, «No go zone» dicono qui cioè zona dove non si può entrare. Le strade d’acceso sono interrotte da posti di blocco eretti con auto e minibus rovesciati. Le autorità hanno staccato la corrente, l’acqua e di fatto i telefoni: gli apparecchi non si possono caricare e quindi sono inutilizzabili. Kibera è abitata soprattutto da luo, luia, akama, machacos, digo, mitikenda bajuni, e altre etnie ma tutte schierate con Raila Odinga. Pochi i kikuyu, la tribù di Mwai Kibaki, ben protetti dalla polizia per evitare linciaggi. «Ho chiesto ai miei sostenitori di non toccare i kikuyu – ha sostenuto Raila Odinga parlando con il Corriere -. Non dobbiamo trasformare una battaglia per la democrazia in uno scontro tribale».

CALMA APPARENTE NEGLI SLUM – All’avvicinarsi della mezzanotte che segna la fine del 2007, negli slum di Nairobi teatro degli scontri, tutto è calmo, anche se la tensione si taglia con il coltello: «Non ci sarà pace in questo Paese finché Kibaki non riconoscerà la sconfitta ieri sera – minaccia Anthony, incontrato tra i militanti che stanno presidiando uno dei posti di blocco –. Non faremo entrare la polizia qui dentro. Kibaki ha scippato la vittoria». Accanto a lui una giovane donna, Janet, snocciola una serie di cifre per spiegare come in alcune circoscrizioni siano stati forniti risultati che al momento della proclamazione ufficiale sono stati modificati a vantaggio del presidente uscente. Sembrano molto informati gli abitanti di quello che viene considerato lo slum più grande di tutta l’Africa. Gente povera che vive in baracche e tuguri, ma che mostra di avere una grande sensibilità politica e soprattutto è assai informata: «Come tanti altri, la scorsa volta ho votato per Kibaki, ma lui ci ha tradito – spiega Janet –. Non ha combattuto la corruzione come aveva detto. Anzi l’ha resa dilagante. Per avere questa vittoria ha comprato anche la commissione elettorale e i giudici».

BUSH RITIRA LE CONGRATULAZIONI A KIBAKI – Raila domenica ha incontrato gli ambasciatori dell’Unione Europea ma alla loro richiesta di riconoscere i risultati e di parlare con Kibaki ha detto no: «Se gli parlo lo riconosco. Invece il vincitore sono io«, ha spiegato. L’attivissimo ambasciatore tedesco Walter Lindner sta cercando una soluzione che permetta di uscire dall’empasse. Raila ha chiamato a raccolta i suoi sostenitori per una manifestazione pacifica giovedì: «Chiederemo tutti i permessi necessari alla polizia», ha annunciato. E la diplomazia lo aiuterà ad ottenerli. Infine da registrare il voltafaccia degli Stati Uniti. Bush che si era affrettato a congratularsi con Kibaki, ha ritirato le congratulazioni. «Ci sono troppo evidenze di irregolarità», hanno commentato al Dipartimento di Stato. Ma non gli fate almeno gli auguri? «Non facciamo gli auguri a nessuno». Ha risposto secco un funzionario.

Massimo A. Alberizzi
malberizzi@corriere.it

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