di Felice Besostri
Leggendo l’intervista del leader di Rifondazione al quotidiano Repubblica, mi sono chiesto se il Presidente della Camera fosse la stessa persona, che avevo ascoltato pochi giorni prima, alla fine di novembre, al convegno su Francesco De Martino a Palazzo Giustiniani.
Senza dubbio Bertinotti era stato, in quell'occasione, il migliore tra i politici invitati e di De Martino sembrava aver accolto i tratti essenziali. De Martino credeva nell’unità della sinistra e nell’attualità del socialismo: questo dovrebbe bastare per costruire anche in Italia quel grande partito di una sinistra larga e plurale, di cui si sente la drammatica assenza. De Martino, peraltro, a volte con sofferenza, fu sempre coerentemente a favore di una sinistra di governo. Con il suo percorso politico ed intellettuale visse le diverse culture e contraddizioni della sinistra, dal Partito d’Azione al PSI fino al gruppo parlamentare dei DS nel Senato della Repubblica.
Se oggi la sinistra è convinta che gli attuali modelli di sviluppo danneggino la maggioranza della popolazione mondiale ed addirittura minaccino la stessa sopravvivenza dell’umanità, vedi disastro ambientale prossimo venturo, allora è chiaro che la sinistra deve conquistare (democraticamente) il potere e attuare da una posizione di forza, cioè al governo del maggior numero di paesi, i suoi programmi per il benessere delle classi popolari e per la salvaguardia dell’umanità.
Una sinistra, che abbia coniugato fuer ewig socialismo e libertà, deve avere la convinzione di farsi capire dalla maggioranza dei cittadini, perché ne interpreta al meglio le aspirazioni e viene incontro ai suoi bisogni. In altre parole, per usare un’espressione di moda, la sinistra deve avere una “vocazione maggioritaria”, cioè aspirare a governare con suoi propri esponenti ai vertici delle istituzioni.
Tutt'altrimenti, il programma delineato da Fausto Bertinotti condurrebbe la sinistra all’opposizione permanente, da dove potrà fungere talvolta da ruota di scorta del PD (quandi si tratta di salvare l’Italia da Berlusconi e dalla destra), altrimenti resterebbe un manipolo di irriducibili antagonisti del capitalismo, confinati nella sterile testimonianza di un mondo migliore.
In un caso, come nell’altro, si prefigura una sinistra funzionale alle esigenze del PD, sia che sia costretto ad allearsi con la sinistra sia che intenda sperimentare alleanze e convergenze di nuovo conio o addirittura di unità nazionale.
Con la formazione del PD si riteneva che si aprissero nuovi spazi a sinistra, si è aperta invece una voragine, che ha inghiottito le speranze di rinnovamento.
La sfida con il PD si vince con proposte realistiche di uno sviluppo più giusto ed equilibrato, nonché più rispettoso dell’ambiente, cioè sfidandolo sul terreno dell’innovazione e non su quello di nostalgie conservatrici. Una sinistra che voglia una diversa politica economica non può non avere un rapporto con il movimento sindacale nel suo complesso: non c’è in Europa una forza di sinistra, che abbia un rapporto privilegiato con una federazione di categoria e con la minoranza di uno dei tre sindacati. Non esiste la possibilità di creare una sinistra larga e plurale, se la discriminante è costituita dall’adesione e dalla partecipazione alla manifestazione del 20 ottobre, chi non c’era è di destra? Un nemico del popolo? Un traditore della classe operaia?
Bertinotti con la sua intervista si colloca in pieno, per le prospettive che apre, nella teoria e nella pratica delle due sinistre: una riformista e l’altra antagonista, cioè continua a perpetuare l’errore che ha ci condotti ad essere la sinistra più debole e frammentata d’Europa. Se la Cosa Rossa è la sinistra antagonista, quale formazione rappresenterebbe la sinistra riformista? Il Partito Democratico? Scherziamo?! La Costituente Socialista? Meglio, ma troppo poco!
Ripenso ora con maggiore attenzione al discorso di Bertinotti su De Martino e mi torna alla mente il passaggio in cui il presidente della Camera evocava i sacrifici del segretario socialista per salvaguardare l’unità del PSI… Basta mettere Rifondazione al posto di PSI e si capisce la svolta di Bertinotti e la sua rinuncia ad essere il punto di riferimento di tutta la sinistra italiana. Si può rinunciare alla violenza e ripudiare lo stalinismo, ma il PARTITO, quello viene prima di tutto!(ADL)