“Tolleranza zero”

di Vincenzo Andraous*

Avevo quattordici anni da due giorni durante quel mio primo arresto: la famiglia, la scuola, il quartiere, erano scomparsi di fronte alle porte chiuse del carcere.
Si, avevo quattordici anni e l’immaturità di un adolescente; dallo scippo, alla rapina, al sangue, il tragitto è stato breve: quanto lo spazio di uno sparo…..
E’ sciocco criticare una proposta attraverso un pregiudizio, o peggio ideologizzando un percorso, eppure, in quei paesi, dove appunto a dodici anni sei imputabile, quindi vai in carcere, aumenta l’urto e il fastidio per interi quartieri suddivisi in gangs di giovani guerrieri, un piccolo esercito di adolescenti divenuti carne da macello, e di fatto esclusi e ghettizzati.
A dodici anni non puoi comprendere neppure di essere al mondo, della tua esistenza deleghi altri, dai genitori, all’estraneo improvvisamente più vicino.
Di chi le colpe, di chi le responsabilità? Non è il caso di usare il pallottoliere per disegnare somme e detrazioni, la sociologia, ma ancor di più la criminologia, hanno ampiamente illustrato il “perché” dei cadaveri disseminati all’intorno.
A tutt’oggi il carcere è ritenuto un contenitore effimero, è ciò sottende l’annullamento del suo contenuto, non solo umano, ma riguardante anche la sua funzione, sì, di afflizione, di salvaguardia della collettività, di incapacitamento a reiterare i reati, ma anche e soprattutto di ripristino della legalità, di rispetto della dignità personale e altrui, dove l’uomo abbia il dovere di riparare alle proprie azioni e lacerazioni, ma insieme al diritto di poter sperare in una rinascita.
Sembra che non esistano strutture alternative al carcere per i minori, erroneamente ho sentito parlare di inesistenti binari rieducativi, quando invece a mio parere, non c’è nulla da rieducare in chi non ha mai avuto un vero accompagnamento educativo.
Penso alla Comunità “Casa del Giovane” di don Franco Tassone a Pavia, ai minori nei suoi laboratori, di nazionalità diverse, estrazioni disparate, con problematiche diverse, familiari, scolastiche, ambientali, ma tutti ragazzi alla ricerca della propria identità nel riconoscimento dei ruoli all’intorno.
Una comunità dove l’investimento forte è per la promozione umana, nella sua capacità di consegnare senso pedagogico a un’accoglienza che non ha solo istanza assistenziale, bensì di vera e propria formazione della persona.
Forse a questi ragazzi spinti in avanti, al frontale dell’urto dialettico e fisico, che senza desiderio di rallentare, affermano di non aver paura della morte, è il caso di controbattere con una pedagogia esperienzale: voi non avete paura della morte, avete paura della vita, perché non esiste “il caso”, esistono le scelte.

Tutor e responsabile centro servizi interni *
comunita' casa del giovane
via Lo monaco 43 Pavia

tel. 348-3313386

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