LA POLITICA ITALIANA VISTA DALL’ AMERICA
Si faccia in modo che i nuovi parlamentari abbiano i requisiti
HOUSTON, TEXAS – Ancora un’altra trasmissione televisiva su RAI International e questa volta sul solito argomento trito e ritrito della fedina penale dei politici italiani eletti al parlamento. C’e’ da domandarsi a cosa servano i paragoni con la Francia dove sarebbero quattro soltanto invece di quasi venti i politici che hanno avuto problemi giudiziari di qualche tipo, a cosa serva anche riesumare veri e propri sopravvissuti a tangentopoli tanto per sentirsi dire che il voto popolare è il primo segno di vera democrazia e che basta essere stati premiati dall’alto gradimento della gente.
Tutte battaglie di retroguardia da parte di chi mette assieme servizi come questo e destinati a lasciare il tempo che trovano. Queste trasmissioni non fanno altro che scatenare maggiormente l’istinto incontenibile di rivolta del cittadino comune in un paese dilapidato da una classe politica con molti superprivilegiati che, dall’alto del loro Olimpo, danno a vedere di sapere poco o nulla della plebe che ora è insoddisfatta e richiede a gran voce un vero cambiamento.
Dopo il Vaffa Day di Grillo e dei suoi non si potrà fare più finta che tutto vada a gonfie vele e, d’altra parte, le stesse risse continue nella coalizione di governo vanificherebbero il tentativo di rianimazione di un malato comatoso e che non accenna affatto a riprendersi. Bisognerà decidere seriamente, quindi, se si vuole cambiare l’Italia partendo dalla riqualificazione della sua classe politica o se si vuole cercare ancora una volta di prendere per i fondelli le masse lasciando stare tutto esattamente come prima ed, in tal caso, le preoccupazioni nutrite dal Presidente Napolitano per le note inchieste di Catanzaro, servirebbero a poco o a nulla.
Se la decisione fosse quella del primo tipo, allora bisognerebbe partire subito dal chiedersi chi è un uomo politico e quali qualifiche dovrebbe avere per potersi candidare nelle elezioni politiche. Chi ponesse questa domanda alla maggioranza dei politici, quasi certamente, si sentirebbe rispondere che un politico non è altro che un semplice cittadino che ha deciso d’intraprendere la missione di lavorare per il bene comune e di servire gli altri. Risposta che in teoria non fa una grinza e che è più che giusta ma con la quale c’e’ solo il problema che poi chi è eletto dovrebbe fare veramente quello che ha promesso. In ogni modo, da quanto è emerso da tempo e non solo dalle schiere dell’antipolitica, è evidente che tra gli Italiani ci sono molte obiezioni all’idea che ciò sia vero per ogni uomo politico che oggi occupa una poltrona in uno dei due rami del parlamento.
E’ forse l’argomento delle qualifiche che i politici dovrebbero avere per poter operare bene una volta eletti quello che, invece, varrebbe la pena di considerare più attentamente e più da vicino.
Probabilmente, si dovrebbe partire proprio dal vagliare opportunamente l’affermazione d’alcuni parlamentari secondo i quali avere il favore popolare è più che sufficiente e basta. Un’affermazione tutta da riconsiderare alla luce dell’impatto che ha in molte zone del Belpaese il voto di scambio che, come evidenziano inequivocabilmente le indagini di Catanzaro, e’ diventato ormai quasi una norma e la modalità preferita dal crimine organizzato per fare eleggere chi difenderà i propri interessi. Assieme a questo primo aspetto anche il fatto che, in molti casi, i cittadini non scelgono direttamente i loro rappresentanti ma che li ricevono invece dall’alto, dai partiti politici. In ogni caso, se si ritiene onestamente che i politici non sono per nulla diversi da qualsiasi altro impiegato dello stato allora, anche per loro, dovrebbero essere richiesti, prima che si facciano avanti per partecipare alle elezioni in forma passiva, precisi requisiti di qualifica, con livelli di professionalità sufficientemente alti perché, una volta eletti, siano in grado di far bene il loro lavoro rappresentando in patria e fuori di essa tutto il popolo italiano.
Molti dei critici del sistema attuale stanno indirizzando la loro attenzione verso i precedenti penali e la moralità dei politici e ciò e’ certamente importantissimo ed indispensabile. Nessuno vorrebbe vedere eletto come parlamentare un condannato per corruzione sapendo già, che per fare il suo lavoro, questi dovrà venire a contatto con lobbisti e rappresentanti dei gruppi di potere che lavorano non nell’interesse della collettività ma solo per quello di una parte molto ristretta dell’elettorato. C’e’ da ritenere, quindi, che la fedina penale immacolata non sia la sola qualifica che dovrebbe richiedersi a chi si fa avanti per essere eletto.
E’ innegabile, infatti, che ci sono altre qualifiche e requisiti, non meno importanti, che dovrebbero tenersi pure in considerazione e richiedersi affinché un cittadino possa intraprendere il “cursus honorum” entrando a fare parte del sistema politico della Repubblica italiana.
La prima fra queste, e non è un’idea tanto peregrina, è una preparazione scolastica di tipo generale adeguata ed una formazione politica fornita da corsi universitari specifici ed in grado di certificare che chi vi s’iscrive, e riesce a giungere al conseguimento del titolo finale, è in grado di fare bene il proprio mestiere, dando agli elettori una certa fiducia e la consapevolezza che la barca avrà al timone un timoniere che sa guidarla.
Chi dovesse ritenere un’idea del genere strampalata ed incomprensibile, potrebbe andare indietro nel tempo e rivedere il noto episodio riguardante i parlamentari italiani che, all’arrivo d’alcuni parlamentari eletti all’estero, si fecero beffe dell’uso poco corretto della lingua italiana da parte d’alcuni dei loro colleghi oriundi anche se regolarmente eletti.
E’ semplicemente inconcepibile ed assurdo, infatti, che un requisito fondamentale quale la buona conoscenza della lingua italiana che è richiesta pure dai comuni italiani nei concorsi per operatori ecologici, addetti alla rimozione della spazzatura, non sia invece richiesto a chi, per tutto il corso del proprio mandato, dovrà comunicare efficacemente con gli elettori presentando poi a sua volta le loro istanze al parlamento.
La questione, per andare senza indugi al nocciolo del problema, è molto semplice: se si vuole migliorare l’Italia bisogna migliorare la sua classe politica e per farlo si deve pretendere che gli aspiranti a quella carica abbiano almeno, democraticamente, gli stessi requisiti che si richiedono al resto della popolazione e per incarichi di molto minore importanza.
Se per altre professioni si richiedono, quindi, un’istruzione di livello adeguato all’incarico, ottimo profilo professionale e morale, “robusta e sana costituzione” e quant’altro, per lo meno le stesse qualifiche si dovrebbero pretendere anche da parte degli aspiranti parlamentari. Non far ciò equivarrebbe solo a continuare a mantenere i privilegi contro i quali si scagliano ora, ed a ragione, Grillo ed un numero sempre crescente di cittadini che sono insoddisfatti dell’evidente inefficienza e della mancanza di professionalità di chi dovrebbe operare efficacemente al loro servizio. A questo punto, quello che occorre veramente, non è dunque un nuovo trucco dell’illusionista, un cambio d’etichetta o la creazione d’altre sigle e d’altri partiti ma la sostituzione dei politici vecchi e sforniti delle qualifiche necessarie con politici nuovi scelti solo in base al criterio del merito e che siano pagati esattamente per quello che effettivamente meritano.
E’ evidente, infatti, e tutti quanti sono in grado di capirlo, che il vero e radicale cambiamento, che è promesso a gran voce dal governo, si potrà avere soltanto quando, visto il fallimento del vecchio sistema, si deciderà una volta per tutte d’abbandonare il solito andazzo, mettendo sul banco di prova idee e sistemi diversi che possano rivelarsi quelli giusti per l’effettiva soluzione dei gravi problemi del paese.