8 settembre 2007, oltre trecentomila italiani, dalle sette del mattino, fanno la fila nelle piazze italiane e in alcune grandi città all’estero per firmare una proposta di legge da depositare in Parlamento. Tre i punti di cui tanto si è discusso in questo mese: no ai condannati in parlamento, no a più di due legislature, no al voto indiretto che non permette di scegliere il proprio rappresentante. Uno scopo di questa giornata è quello di raggiungere almeno 50.000 firme. Ebbene, quando ormai si sono superate le 300.000 firme, ci si deve fermare: non ci sono più moduli.
L’iniziativa del Vaffa-Day è nata attraverso Internet, dai frequentatori del blog di Beppe Grillo, (unico italiano fra i 100 blog più influenti del mondo), che da anni cercano le verità che in TV, e nell’informazione pubblica in generale, non trovano. Da anni studenti, lavoratori precari, disoccupati, ma anche scrittori, economisti e pensionati raccontano attraverso le pagine virtuali, le difficoltà delle proprie vite, tutte diverse e ognuna importante, tutte pubblicate e condivise, raccolte da Beppe Grillo che, da un’irrefrenabile voglia dei suoi lettori di dire basta, ha deciso di aiutare tutti quegli italiani a rendere manifesto alla classe politica il proprio malcontento.
Nei giorni a seguire l’8 settembre, quelle che in ex-Birmania verrebbero definite Tv di regime, hanno appena accennato a quanto accaduto, ma la bomba era ancora all’inizio della sua miccia e dopo qualche giorno il caso è esploso.
Incoscienti sotto certi aspetti, molti esponenti della politica italiana, che hanno additato Grillo senza rendersi conto che allontanavano ancora di più i propri elettori, promotori dell’iniziativa la quale non era stata annunciata da alcun mezzo di comunicazione, se non dalla Rete. Difatti, in un’Italia che pare aver rimosso la propria memoria storica e alienato la propria capacità di ragionare, i cittadini che hanno deciso di far sentire la propria voce, facendo politica vera (dal greco πολιτικÏŒς, “relativo al cittadino”) sono stati accusati di professare antipolitica. La partecipazione del popolo è stata tradotta in politichese ed è diventata populismo, così come la sete di giustizia che di colpo è stata tramutata in giustizialismo. Poveri coloro che hanno deciso di fare i nomi dei ladri, invece di dire che sono“tutti ladri”: essi, infatti, sono stati additati come qualunquisti. Il popolo che decide sia giunto il momento di riprendere il potere assegnato a chi, eletto secondo i principi della costituzione, non rispetta i patti, è accusato di voler portare alla demagogia, e cioè la distruzione della democrazia (che però, in greco, vuol dire “potere al popolo”). Degenerazione, dunque, ma dell’uso della lingua italiana.
La casta, che nello Zingarelli minore è riportata come “il gruppo di persone che hanno o pretendono il godimento esclusivo di certi diritti”, ha avuto paura e ha risposto, al popolo che ha fame e chiede il pane, di ripiegare sulle brioches.
I politici italiani avrebbero potuto evitare, forse, di rispondere e attaccare Beppe Grillo, il quale sorride e dice che non ce lo vede proprio Brown che si mette a parlare con Mister Bean, ma avrebbero sicuramente dovuto parlare agli italiani, cercando un po’ di fierezza nel fatto che sono a capo di un popolo, o almeno una parte, che chiede e pretende ancora la legalità, il superamento dei partiti che attualmente vengono visti solo come strateghi di poltrone da assegnare ai propri prescelti e di leggi da preparare per i propri amici, che si è forse stancato di vedere ogni giorno le stesse facce, da almeno 20 anni, che dicono sempre le stesse cose, e fanno sempre gli interessi di…chissà.
E forse, si spera, siamo ancora all’inizio.