Giulio “l’emigrante” (così si firma alle volte), l’amico Giulio che non conosco personalmente, ma che non posso fare almeno di ritenere tale, un amico, giacché da un paio d’anni a questa parte mi ha inviato dalla Germania ben 31 lettere scritte a macchina (si è disfatto del computer), nell’ultima di queste mi scrive, tra l’altro: «L’istinto di sopravvivenza spinge la maggior parte degli uomini e donne ad accettare qualsiasi tipo di “lavoro”, che gli viene offerto in cambio della fame o della falsa speranza che da schiavi diligenti si possa guadagnare la libertà». Gli ho risposto che sono d’accordo: una moltitudine di bambini, donne e uomini sono private della libertà da un numero di persone esiguo a confronto. Ed è vero che il denaro rende molto più facile la vita ai “padroni”. C’è, però, una magra consolazione: le persone ricche e potenti sono spesso schiave della loro ingordigia, della sete incontenibile di potere e di denaro, e temono un’inesorabile padrona, più di quanto la temano gli schiavi: “sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare”.
Attilio Doni