Il ministro degli Esteri Massimo D’Alema rispolvera l’antica arte della provocazione politica nella quale è un maestro. Ma noi non abbocchiamo. Se c’è una persona nervosa non è sicuramente Berlusconi. Nervoso e preoccupato ci sembra invece D’Alema, candidato – ricordiamo – solo grazie a una deroga e mandato a cercare consensi fra la monnezza del suo sodale Antonio Bassolino.
Si calmi D’Alema. Non abbia fretta. Abbia la pazienza di attendere la sera del 14 aprile prima di dire se i sondaggi di Berlusconi sono veri o falsi. Dalle urne uscirà l’unico vero sondaggio e per D’Alema sarà amaro. Dopo aver devastato insieme a Prodi l’economia e aver ridotto all’indigenza alcuni milioni di italiani, D’Alema si candida ora a rilanciare l’economia. Ma dove è finito il senso del pudore che un tempo insegnavano a Botteghe Oscure? D’Alema è di una impudenza senza eguali, quale non è permessa neppure a un politico come lui che ha attraversato tutte le stagioni del comunismo e dell’anticomunismo, del filo-socialismo e dell’antisocialismo più becero, recitando tutte le parti in commedia come neanche Fregoli avrebbe saputo fare. D’Alema è un uomo stanco e senza ideali, ammesso che ne abbia mai avuti in vita sua.