APPELLO AL PAESE (parla alla gente)

del MOVIMENTO POLITICO dei CITTADINI

Il campo dove le diverse lobbies/partiti si misurano, nonostante l’impegno politico e la correttezza morale di tante persone che ancora vi credono, è ora un luogo virtuale, un teatrino della politica, dove i problemi di donne e uomini reali non riescono ad entrare, dove l’agenda politica è dettata da stampa e TV (di proprietà di grandi banche e gruppi finanziari) e dove la regola d’oro è quella di non mettere in discussione i veri interessi, e gli strumenti di potere, delle classi economiche dominanti.
Nella voragine del preesistente scollamento tra i problemi di tante persone ed i rituali con cui il ceto politico governa partiti ed istituzioni, sono ora entrate anche molte elettrici ed elettori dell’Unione, giu-stamente delusi dalle scelte compiute dal nuovo Governo che ha rapidamente dimenticato gli impegni presi con gli elettori e con il paese.
L’apprensione vissuta da tanti cittadini, per un crescente peggioramento della loro qualità della vita (e per la consapevolezza che gli arretramenti su pace, disarmo, ambiente, Welfare, diritti e previdenza sociale stanno determineranno condizioni ancora peggiori per i loro figli e nipoti), ha prodotto diffuse paure, scoramenti e “riflusso politico e sociale”, ma sta anche facendo emergere una più vasta sensibili-tà e capacità critica sulla gravità della situazione.

– La diffusa irresponsabilità nelle scelte produttive, energetiche ed urbanistiche, che i partiti hanno fatto, e continuano a fare nelle istituzioni, tenendo al centro il profitto di pochi e non il bene comune (di cui è tanta parte l’equilibrio ambientale), è comune ad altri governi e caste politiche di diverse parti d’Europa e del mondo; ciò mette a repentaglio la vita e la salute di milioni di cittadini, consuma e di-strugge le risorse biologiche e già oggi (e ancor più in futuro) richiederà ingenti risorse pubbliche per tentare di bonificare siti, ripotabilizzare falde, rinaturalizzare aree compromesse da dissennate attività industriali, dalla speculazione edilizia e dalla mafia dei rifiuti.
– Negli ultimi 25 anni i tassi di interesse (costo del denaro) sono stati costantemente superiori ai tassi di inflazione. Con ciò si è prodotto un costante e massiccio spostamento di capitali dalla produzione (imprese e salari) alla finanza (e alle relative rendite).
Il “sostegno allo sviluppo”, da parte dei vari Governi (non solo italiani, visto che la “scuola di Franco-forte” accomuna Banca d’Italia e Banca Europea alle politiche finanziarie dei Chicago Boys d’oltreoceano), fingendo di ignorare l’avvenuta articolazione tra economia reale ed “economia di car-ta” (finanziarizzazione), ha così privilegiato il profitto “a mezzo di moneta”. Tale illusoria ideologia economica ha fatto proseliti tra gli imprenditori «fannulloni», quelli che non investono i loro profitti nell’innovazione tecnologica, nel rispetto dei diritti dei lavoratori e nella riduzione dell’impatto am-bientale (come prevede la nostra Costituzione quando assegna alle imprese un “fine sociale”) ma li di-rottano verso le speculazioni immobiliari o verso i paradisi fiscali. Ma l’illusione che la ricchezza ge-neri di per sé ricchezza, ha vinto anche dentro il ceto politico (tutto) adagiatosi nella convinzione che il problema sociale non sia più “cosa, come e dove produrre”, ma sia ormai solo quello di lasciar fare al mercato e occuparsi, poi, di una «giusta redistribuzione», per altro da decenni disattesa.
– La criminalità organizzata prospera in almeno 4 regioni meridionali, ma nessuno può ignorare che in molte città del centro e del nord Italia, questa abbia sviluppato rapporti con la criminalità locale (droga, prostituzione, ricettazione…) e fruttuosi contatti con forze economiche, politiche ed istituzio-nali, investendo in attività immobiliari, economiche e finanziarie.
– I poteri locali, dalla fine degli anni ‘80, con una sorta di presidenzialismo mascherato, sono stati concentrati nelle mani di Sindaci, Presidenti di Provincia e Governatori regionali, sottraendo democra-zia, partecipazione e controllo agli stessi Assessori e Consiglieri; figurarsi quanta democrazia è rimasta ai singoli cittadini.
– I servizi pubblici hanno dapprima subito un processo di “appropriazione partitica”, per poi essere sottratti al controllo pubblico, attraverso la trasformazione in SPA, e infine integralmente privatizzati, senza garanzie su costi e qualità dei servizi (rovesciando lo spirito dell’Art. 43 della Costituzione che prevede l’acquisizione pubblica dei servizi di interesse pubblico gestiti da privati).
– Con i 12 punti del Prodi-bis le finte aperture ai movimenti, sono diventate nette chiusure, nono-stante fosse proprio sulle loro spalle (pace, lavoro, informazione, giustizia, moralità, ambiente, trasporti e scuola) che le smarrite truppe dell’Ulivo erano uscite dalla palude in cui le avevano cacciate le delu-denti esperienze dei governi di centro sinistra post prodiani (D’Alema, Amato, Rutelli).
– Il convergente impegno bipolare (del polo di centro-destra e di quello di centro-sinistra), sulla “necessaria” riduzione dei troppi partiti, sul bisogno di inventare “voti finti” da assegnarsi in caso di re-sponso elettorale paritario e sulla necessità di introdurre una nuova legge con soglia di sbarramento al 5% (al Senato, il Referendum Ulivo-AN, prevede l’8%), è un furto di democrazia, un “cratos” contro “demos”, e mira a tenere preventivamente fuori dal Parlamento, attraverso una sorta di legge elettorale “Erode”, eventuali neonati partiti politici che potrebbero crescere pericolosamente “non dipendenti” dalle classi dominanti.
– “Mani pulite” rivelò l’esistenza di malcostume e corruzione ad alto livello, con forti diramazioni in alcuni livelli medio alti; ora va peggio, molto peggio. Nessuno si stupisce più di sapere della grossa ditta di costruzioni o dell’impresa immobiliare che, per ipotecare le future scelte urbanistiche, “sostie-ne” un candidato Sindaco, non trascurando di “aiutare” il suo partito e quelli “alleati”. Dopo le immobi-liari, a foraggiare la casta politico-amministrativa, con il codazzo di salmerie cooperativistiche (bian-che, rosse e gialle) e “tecnici consenzienti”, seguono: le società delle turbogas, quelle degli inceneritori, dei rigassificatori, delle cave, quelle che vogliono acquistare servizi pubblici, che vogliono contratti e convenzioni per le residenze per anziani, per corsi di formazione, ecc. ecc..
– Tutti i dipendenti (o dirigenti, pubblici e privati, docenti e ricercatori universitari, tecnici dei setto-ri ambientali e sanitari; ma capita anche ad imprenditori onesti) sanno dei silenzi e dei forzati assensi che si debbono dare alle scelte del potere, senza i quali non si ottengono assunzioni, incarichi, finan-ziamenti per studi o ricerche, nomine, promozioni, ecc. ecc.
– I partiti ridotti a strumenti di potere governati da oligarchie interne, attirano le forze peggiori (quando va bene i carrieristi) e allontanano quelle migliori, mentre la giustificata sfiducia nei loro con-fronti sta alimentando le fila dell’antipolitica e del qualunquismo, tanto cari a chi non vuole modificare lo stato delle cose presenti.

E’ dal ritorno all’impegno culturale, sociale e politico di migliaia e migliaia di donne e di uo-mini, e soprattutto dalla partecipazione di tanti ragazzi e ragazze, che abbiano spinta ideale e va-lori morali ed etici, che si può cominciare a risalire.
E’ dal sapere accumulato dallo studio critico dei problemi, da parte di movimenti, centri culturali e di iniziativa sociale, da donne e uomini di scienza e di cultura (essendo ormai i partiti dei meri gruppi di potere e avendo totalmente perso la funzione di “intellettuale collettivo”), che in Italia si può aprire una nuova stagione politica che metta al centro il bene comune, l’interesse del paese (che è quello delle persone e non quello della grande finanza, né quello delle lobby e delle caste che stanno alla sua logi-ca).
Noi chiamiamo a raccolta tutte le donne e gli uomini che siano già consapevoli della gravità della situazione e dell’urgenza di una nuova ripartenza, in Italia ed in Europa, per dare vita ad un soggetto politico nuovo, libero dagli intrecci clientelari, dai meccanismi del voto di scambio e dall’abuso delle risorse pubbliche, che pratichi metodi democratici nel definire le proprie opzioni, che dica quello che fa e faccia quello che dice.
Questo soggetto politico nuovo è necessario ed urgente, ed è ora possibile costruirlo.
Noi guardiamo con interesse e con fiducia ai tanti segnali positivi che vanno prendendo corpo nel paese, alle spinte sociali e culturali, alla gente che rialza la testa e non accetta le ingiustizie, mentre, ovviamente, non abbiamo nessuna fiducia nelle operazioni di facciata, politiciste e gattopardesche, in atto nel centro-destra e nel centro-sinistra.
Uno strumento politico nuovo serve ai cittadini per confrontare e sviluppare le esperienze di demo-crazia partecipata, per unire le varie conoscenze ed esperienze in un progetto di rinnovamento vero del-la società, per sostituire l’attuale ceto politico e non farsi clonare e inglobare dal sistema degli attuali partiti.
Fondatori del soggetto politico nuovo, che proponiamo ed a cui intendiamo concorrere, saranno tut-ti coloro che, indipendentemente dalle loro visioni ideologiche o dalle precedenti esperienze partitiche, avvertono la gravità della situazione italiana e l’impossibilità di affrontarla affidandosi agli stessi partiti che l’hanno prodotta.
L’obiettivo che, nei tempi brevi, ci proponiamo non è quello di far cadere il Governo Prodi, ma di collocarci in posizione di autonomia politica rispetto ai suoi errori ed alle sue scelte sbagliate, contri-buendo come MPC alla costruzione del soggetto politico nuovo, entro le elezioni Europee del 2009.

Ma sin da ora, per rendere esplicita la rottura con la casta della politica, dobbiamo porre al centro il fatto che il nostro programma generale è la Costituzione Repubblicana (aggiornandola in rapporto ai progressi della scienza sulla decisiva importanza della salvaguardia ambientale e sul potere e ruolo oggi acquisito dall’informazione).
La nostra Costituzione affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine econo-mico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno svi-luppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.

La nostra Costituzione parte dal ruolo e dai diritti delle lavoratrici e dei lavoratori ma riconosce e valorizza anche le imprese che operano con “fini sociali”; e noi vogliamo qui ribadire con chiarezza che l’imprenditore che paga le tasse, che rispetta i diritti dei lavoratori, la loro sicurezza e la loro salute, che investe nel miglioramento della qualità della produzione e nella possibile riduzione del suo impatto ambientale è un nostro alleato ed una risorsa vitale per il bene comune del paese.
La scuola, l’istruzione ed il sapere sono gli strumenti necessari ad un popolo per assicurare capacità critica e reale partecipazione alle scelte (quindi democrazia), ma il sapere è anche la condizione per compiere scelte lungimiranti e correggere gli errori fatti. Per questo, ora come in passato, chi punta a conservare il potere si prefigge di imbrigliare il sapere, di limitare la fruizione di scuola e università e di rendere elitari l’arte e la cultura.
Puntando ad una irriducibile lotta agli sprechi di denaro pubblico possiamo contribuire al risana-mento morale della vita politica e togliere l’acqua in cui nuotano e si alimentano il ceto politico nazio-nale, le signorie politiche locali ed il loro diffuso sistema di vassallaggio, ormai esteso ad ogni ganglio vitale del paese; ma è anche il modo, unitamente alla lotta all’evasione ed all’elusione fiscale, per repe-rire le risorse necessarie per combattere le ingiustizie sociali e per garantire un sereno futuro al nostro paese ed al suo popolo.
Attuare la nostra Costituzione vuole anche dire, in politica estera, ridare dignità e sovranità nazio-nale alla nostra terra, a cominciare dal superamento delle servitù militari straniere e dal porre fine alle guerre di sterminio e di occupazione di altri popoli e di altre patrie, in cui l’Italia è oggi stata trascinata da una classe politica che ha piegato l’impianto pacifista della nostra Costituzione agli interessi dei po-tenti della terra.

Chi vuole salvaguardare e portare avanti il meglio della esperienza politica e dell’impegno so-ciale e culturale di partiti e correnti di pensiero che in passato seppero interpretare i reali bisogni di milioni di italiani (dando loro spessore morale ed etico e innestandoli in un quadro di interesse generale), non può ignorare l’urgenza di porre un argine all’attuale degrado. La strada che noi indichiamo alle migliori forze del paese è quella di uscire dalle rispettive trincee e spendersi in campo aperto, in un sereno confronto sulle scelte da compiere e sulle cose da fare per rompere le pastoie che bloccano le migliori energie del paese e lo stanno facendo regredire.
Bisogna uscire dal teatrino della politica e dalla gabbia del politicismo partitico, e dobbiamo farlo: ripensando i concetti di “sviluppo”, di “competizione sociale”, di “qualità e senso della vi-ta”, di “sicurezza”, di “sovranità nazionale”; cercando di recuperare l’armonia tra l’uomo e l’ambiente, tra le persone e la comunità in cui vivono; stabilendo l’utilizzo “pubblico” delle risor-se pubbliche; attuando lo spirito libertario e solidaristico della nostra Costituzione.

Monia Benini

coordinatrice nazionale MPC

Fernando Rossi

portavoce nazionale MPC

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