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Farmaci biosimilari, in Toscana oltre 11 mln euro da reinvestire

Farmaci biosimilari, in Toscana oltre 11 mln euro da reinvestire

Roma – La previsione del risparmio per il Servizio Sanitario Regionale in Toscana derivante dalla scadenza dei brevetti dei farmaci biologici sarà pari a oltre 11 milioni di euro al 2023. La stima emerge da uno studio condotto da Cergas SDA Bocconi (Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale), realizzato con il contributo non condizionante di Sandoz, che ha analizzato gli effetti sul mercato della competizione generata dai biosimilari (ovvero farmaci biologici a base dello stesso principio attivo del farmaco biologico di riferimento e che hanno dimostrato avere profilo di qualità, efficacia e sicurezza simile, immessi sul mercato alla scadenza brevettuale del farmaco biologico di riferimento).

Lo studio è parte di un ampio progetto che coinvolge Toscana, Campania e Veneto, e che mira a rispondere a una domanda precisa: “quante risorse potranno essere liberate dalle scadenze brevettuali dei farmaci biologici nei prossimi anni e come reinvestire al meglio queste risorse, con una particolare attenzione alle esigenze dei malati reumatici?”. Di questo si è discusso nel corso di un incontro virtuale promosso da Sandoz: un confronto tra clinici, referenti regionali e di area vasta del governo dell’assistenza farmaceutica e rappresentanti delle associazioni malati reumatici, in cui sono stati presentati I risultati dello studio di Cergas SDA Bocconi.

Sono state condivise diverse possibili opportunità di reinvestimento delle risorse, con l’obiettivo di identificare un percorso strutturato, basato sui dati e sull’analisi delle priorità. “Le risorse potrebbero essere utilizzate per ampliare il trattamento con farmaci biologici anche a quei pazienti che, pur essendo eleggibili al trattamento con biologici, attualmente sono curati con farmaci tradizionali per un problema di costo della terapia. Le risorse potrebbero essere reinvestite per migliorare il percorso del paziente, qualora questo rappresenti, più che il costo della terapia, il problema per l’accesso, a cominciare dalla diagnosi precoce della malattia e dal referral ai centri specialistici. Oppure, se non vi fosse un problema di accesso ai farmaci interessati dalla scadenze brevettuali, le risorse potrebbero essere reinvestite nel finanziamento di terapie a valore aggiunto per il sistema sanitario e che non accedono ai fondi ad hoc per i farmaci innovativi – spiega il Prof. Claudio Jommi, Docente della SDA Bocconi e referente scientifico del progetto Cergas – La nostra survey pubblicata sul GaBI Journal mostra che diverse aziende sanitarie effettuano stime di impatto delle scadenze brevettuali di biologici, ma poche definiscono in maniera strutturata le modalità di reinvestimento a partire dati disponibili. I numeri che abbiamo elaborato in Campania mostrano come la percentuale dei pazienti affetti da artrite reumatoide eleggibili al trattamento ma non trattati con farmaci biologici è compresa tra il 7,9% e il 14,9%”.

 

“L’analisi presentata è pionieristica e porta dati molto interessanti su cui ragionare – sottolinea il Prof. Bruno Frediani, Ordinario di Reumatologia presso il Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuroscienze dell’Università degli Studi di Siena – Per il prossimo futuro sarebbe importante osservare i diversi comportamenti dei medici nelle diverse realtà. Nel nostro centro si fa un controllo molto stretto del paziente con artrite reumatoide, per capire quando è il momento di modificare il trattamento e passare da un farmaco tradizionale a uno biologico, ma non è così ovunque: a volte I pazienti vengono rimandati per i controlli a sei mesi o addirittura a un anno. Questo può portare a una persistenza del trattamento con un farmaco tradizionale come il metotrexato, o a un ricorso eccessivo al cortisone, come indica anche questo studio. Oggi abbiamo invece la possibilità di adottare una terapia sequenziale e se possibile programmata, non fatta ‘a occhio’. Per questo, sarebbe molto utile disporre di un registro interoperabile tra tutti i centri della Regione”.

Per quanto riguarda la Toscana, a partire dalle serie storiche dei dati di consumo e spesa per farmaci biologici a brevetto scaduto o in scadenza entro il 2022, è stato elaborato un modello previsionale, molecola per molecola, dell’impatto che l’avvicinarsi della scadenza ha sul mercato nel corso degli anni. Nell’arco di 4 anni dalla scadenza emerge una riduzione del costo unitario di circa il -13,3% per il primo anno, del -34% per il secondo, del -6,1% per il terzo e del -14,2% per il quarto. Le prossime scadenze brevettuali e il lancio di biosimilari dovrebbero liberare risorse per un ammontare crescente da circa 220mila euro nel 2021 (pari allo 0,4% della spesa prevista in assenza di biosimilari) e fino a 11,4 milioni di euro nel 2023 (pari al 21,9% della spesa prevista in assenza di biosimilari).

 

Lo studio condotto da Cergas SDA Bocconi ha inoltre evidenziato che lo shift verso i biosimilari e la riduzione dei prezzi sono stati più rapidi negli ultimi anni rispetto al passato. “Negli ultimi anni è aumentata la fiducia nelle terapie con i biosimilari, come dimostra il rapido aumento dell’utilizzo – commenta il Dott. Fabio Lena, Direttore Dipartimento del Farmaco presso azienda USL Toscana Sud Est – Sarebbe importante riuscire a fare una programmazione sulla base di queste nuove considerazioni economiche, che sono puntuali e corrette, e a mio avviso ritengo necessario impiegare parte delle risorse liberate per allargare la platea dei pazienti con artrite reumatoide trattati con farmaci biologici. Ma non solo: è assolutamente necessario investire per creare una rete di centri e per garantire una maggiore presenza di specialisti reumatologi sul territorio”.

“Sentiamo parlare di reinvestimento delle risorse liberate dalla scadenza dei brevetti dei farmaci biologici da oltre 6 anni, ma ad oggi abbiamo visto ben poco, non solo in Toscana – dice Silvia Tonolo, Presidente di ANMAR Onlus – Associazione Nazionale Malati Reumatici – Un’area su cui è necessario lavorare molto è quella della diagnosi precoce: un’alta percentuale di pazienti non ha accesso ai farmaci biologici perché non viene intercettata o perché si perde nel percorso di cura”.

“È fondamentale analizzare con tutti i portatori di interesse del sistema salute quali sono le priorità su cui intervenire e misurare nel medio termine l’impatto delle decisioni assunte – conclude Enrica Tornielli, Head of Pharmaceutical Affairs –

Proprio per questo Sandoz favorisce il confronto tra istituzioni, clinici e pazienti, come quelli già promossi in Toscana e Campania. Un confronto che parte da analisi di scenario, come quella dello studio SDA Bocconi, affinché la pratica clinica e le decisioni della politica sanitaria siano sempre evidence based”.

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