Alcuni Appunti di percorso ….

Alcuni Appunti di percorso ….

 

 

La catastrofe ha cambiato in nostro modo di pensare? Sicuramente ha influito su molti comportamenti. Ma è evidente come non abbia avuto la funzione catartica e purificatrice che molti si auguravano. E non ci spingerà verso un tempo migliore. La falsificazione continua del pensiero scientifico, la crisi delle ideologie politiche, il condizionamento dei mass media, il vuoto dei social, continuano a far parte della nostra dimensione esistenziale. La crescita di alcune discipline maggiormente legate allo sviluppo tecnologico, alla finanza, all’economia, ha creato un sistema di pensieri non strutturato per essere continuativo, non fondato sulla necessità, non essenziale. Tutto questo, nel giro di poco più di mezzo secolo ci ha cambiato la testa. Possiamo ancora dire che siamo ciò che pensiamo O non succede il contrario, e cioè  che ormai siamo noi ad essere pensati? Le idee di persona, di  libertà, di democrazia, di etica, di felicità, di bellezza, hanno smarrito il proprio significato autentico e fanno parte di un vuoto formalismo comunicativo. Le stesse parole del quotidiano hanno un senso diverso. La pandemia è l’occasione, dunque, per una riflessione in qualche modo filosofica, totalizzante, necessariamente critica, su come siamo e come pensiamo, e come probabilmente continueremo a pensare anche quando la catastrofe sarà finita. Perciò, questo non è soltanto un libro – uno dei tanti – sulla pandemia. Piuttosto, continua il discorso critico sull’”immediatismo” e sulla società del nowness, iniziato dall’autore con Adessità, il tempo della provvisorietà e del transito (2017)

Davanti all’indecisione del pensiero scientifico, alla crisi evidente delle ideologie politiche, al condizionamento dei mass media, al vuoto dei social, nell’ultimo tratto del ’900 e nel nuovo millennio, la pandemia ci suggerisce, piuttosto, una riflessione in qualche modo filosofica, totalizzante, necessariamente critica. Nell’era del nowness è una occasione unica, da non sprecare. Tutti sappiamo bene che l’ambiente è ferito a morte; siamo coscienti delle mutazioni biologiche dei nostri corpi; tutti facciamo uso di tecnologie sempre più nuove che rendono problematici i rapporti interpersonali; tutti subiamo le conseguenze di rivoluzioni economiche non più solo cicliche, ma quotidiane. La crescita di alcune discipline maggiormente legate allo sviluppo tecnologico, alla finanza, all’economia, ha creato un sistema di pensieri non strutturato per essere continuativo, non fondato sulla necessità, non essenziale. Le idee di persona, di  libertà, di democrazia, di etica, di felicità, di bellezza, hanno smarrito il proprio significato autentico e fanno parte di un vuoto formalismo comunicativo. Tuttavia, siamo distratti e complici davanti alla mutazione devastante del nostro modo di pensare.  Intanto, è  evidente come la catastrofe non abbia avuto la funzione catartica e purificatrice che molti si auguravano. E non ci spingerà verso un tempo migliore. Perciò, questo non è soltanto un libro – uno dei tanti – sulla pandemia; è piuttosto un libro sulla catastrofe dal punto di vista del pensiero. Che ci invita a pensare al pensiero. Possiamo ancora dire che siamo ciò che pensiamo” O non succede ormai il contrario, e cioè  che ormai siamo noi ad essere pensati?

La catastrofe è materia complessa. E la sua interpretazione non può essere affidata ad alcune discipline maggiormente legate allo sviluppo tecnologico, alla finanza, all’economia, figlie di un sistema di pensieri non strutturato per essere continuativo, non fondato sulla necessità, non essenziale. Davanti alla crisi evidente del pensiero scientifico e politico, al condizionamento dei mass media, al vuoto dei social, iniziati nell’ultimo tratto del ’900, la pandemia ci obbliga, piuttosto, ad una riflessione in qualche modo filosofica, totalizzante, necessariamente critica. Tutti sappiamo bene che l’ambiente è ferito a morte, siamo coscienti delle mutazioni biologiche dei nostri corpi; tutti facciamo uso di tecnologie sempre più nuove che rendono problematici i rapporti interpersonali; tutti subiamo le conseguenze di rivoluzioni economiche non più solo cicliche, ma quotidiane. Le idee di persona, di  libertà, di democrazia, di etica, di felicità, di bellezza, hanno smarrito il proprio significato autentico e fanno parte di un vuoto formalismo comunicativo. Ma tutti siamo complici di tutto questo. E mentre è  ormai è evidente come la catastrofe non abbia avuto la funzione catartica e purificatrice che molti si auguravano e non ci spingerà verso un tempo migliore, bisogna guardare alla catastrofe dal punto di vista del pensiero, libero da ogni preconcetto. Pensare al pensiero, o piuttosto, scoprire come invece siamo noi ad essere pensati …. Nell’era del nowness è una occasione unica, da non sprecare.

 

 

 

Le idee di persona, di  libertà, di democrazia, di etica, di felicità, di bellezza, hanno smarrito il proprio significato autentico e fanno parte di un vuoto formalismo comunicativo.

Davanti al condizionamento dei mass media, al vuoto dei social, alla crisi delle ideologie, iniziata nell’ultimo tratto del ’900, la pandemia ci obbliga ad una riflessione in qualche modo filosofica, totalizzante, necessariamente critica. Ed è una occasione da non sottovalutare, ha fatto da contrappeso la crescita di alcune scienze maggiormente legate allo sviluppo tecnologico, alla finanza, all’economia. E prevale un tipo di pensiero non strutturato per essere continuativo, non fondato sulla necessità, non essenziale. Tutti siamo a conoscenza delle influenze dell’ambiente, spesso ferito a morte, delle mutazioni biologiche dei nostri corpi; tutti facciamo uso di tecnologie sempre più nuove che semplificano la quotidianità, ma rendono problematici i rapporti interpersonali; tutti subiamo le conseguenze di rivoluzioni economiche non più solo cicliche, ma quotidiane. Ed è evidente come la catastrofe non abbia avuto la funzione catartica e purificatrice che molti si auguravano. E dunque, bisogna fermarsi –lo  dice Plotino – e rifare a ritroso un bel tratto di strada, e dal punto più basso, girarsi e risalire fino alla cima.”

 

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