L’invecchiamento della popolazione italiana, il mutato contesto socio-epidemiologico, l’aumento delle fragilità e l’insorgenza di multi-patologie rendono sempre più necessaria la riorganizzazione dell’assistenza territoriale. Anche a seguito della pandemia da SARS.CoV2 – che ha messo a nudo le reali criticità del sistema sanitario – si è resa sempre più evidente e centrale l’importanza delle cure di prossimità e dell’integrazione tra ospedale e territorio anche grazie all’utilizzo dei sistemi di sanità digitale e della telemedicina. Il domicilio del paziente diviene in questo scenario un ambito non più di “fastidiosa complessità” ma privilegiato e interconnesso per quella “continuità di cure di qualità” di cui è stato riscontrato l’estremo bisogno proprio nel pieno dell’emergenza pandemica, luogo dove la persona e il suo più vicino caregiver diventano attori rilevanti del processo di presa in carico. Non a caso anche il Pnrr ha delineato in una delle sue “misure”, la M6C1 un investimento di 4miliardi di euro in “Cure domiciliari e telemedicina” per coordinare i servizi domiciliary e sviluppare coerenti interfaccia con ospedali e con le reti di emergenza-urgenza.
Tutte le ampie tematiche del domicilio inteso come sfida contemporanea della qualità assistenziale sono al centro del workshop “La casa come primo luogo di cura. Proattività, prossimità, prevenzione” (10-11 novembre 2021, Aula Magna, Università della Tuscia, Viterbo) un evento della Asl di Viterbo in collaborazione con l’Università della Tuscia e la Regione Lazio.
Ubertini (Unitus): ritroviamo la capacità di ascoltare gli esperti
La qualità dell’aria indoor incide su salute, serve consapevolezza su materiali
Roma – “Gli ingredienti per progettare e riqualificare gli edifici esistenti e nuove città ci sono, sia per competenze che per consapevolezza, questi elementi ci sono anche nella politica. Penso al 110% che sta producendo una distorsione importante, sia per materiali che mancano, sia per I costi che lievitano. Questo, ad esempio, è stato un intervento che andava inquadrato meglio, anche rispetto alle classi energetiche. C’è una tendenza globale a considerare più l’aspetto normativo che quello pratico effettivo, per eccessiva burocrazia. I cittadini, al tempo stesso, non hanno ancora una completa consapevolezza, dovremmo ritrovare la capacità di selezionare e ascoltare gli esperti, un fenomeno che come ricercatori soffriamo molto e che si ripercuote su tanti ambiti di studio e scientifici”. A dirlo è Stefano Ubertini, Magnifico Rettore dell’università della Tuscia, nel suo intervento ‘La qualità dell’abitare come elemento di salute per il benessere della persona’, nell’ambito della due giorni ‘La casa come luogo di cura’ organizzata dall’Asl di Viterbo e ospitata nell’aula magna universitaria.
“Quando parliamo di qualità dell’abitare- prosegue Ubertini- dobbiamo considerare fattori endogeni ed esogeni, che sono correlati, tanto che non si prescinde dagli uni per considerare gli altri. Partiamo dalla qualità dell’aria indoor, passiamo almeno il 90% negli ambienti chiusi. Cè poi il design che impatta anche sulla salute psicologica- sottolinea il Magnifico Rettore- così come c’è il fattore luce. La qualità dell’aria indoor a volte può essere cinque volte più inquinata di quella outdoor, l’Oms lo ha segnalato più volte. Su questo ci sono una serie di elementi interni a cui va prestata attenzione- puntualizza- come i materiali di costruzione e le vernici delle pareti, ma anche I prodotti per la pulizia domestica.
“Un altro aspetto da considerare è il riscaldamento a metano- prosegue Ubertini- che deve diventare una extrema ratio, come un back-up, e non una fonte di riscaldamento primaria, privilegiando invece i condizionatori a pompa di calore che sono meno impattanti. La ventilazione meccanica in questo senso, soprattutto per i luoghi pubblici al chiuso, è l’ideale sia per salubrità che per facilità di utilizzo per riscaldamento. Dobbiamo andare verso l’uso di risorse sostenibili- ribadisce Ubertini- la tecnologia ci offre oggi soluzioni importanti per monitorare la qualità dell’aria, pensando anche a un intervento legislativo per obbligare il cittadino a dotarsene: sulla quantità e qualità dei consumi, con gli indicatori Kpi, che diversi studi dimostrano di migliorare I comportamenti d’uso dell’utenza”.
Per Ubertini, che è ordinario di Macchine e sistemi per l’energia e l’ambiente, “in questo contesto c’è da considerare anche l’aspetto della rigenerazione urbana, su cui sta intervenendo il legislatore. Dobbiamo però avere il coraggio di ricostruire subito- osserva il Rettore- laddove sono presenti rischi seri come la fragilità strutturale di fronte agli eventi sismici. Il tema della mobilità è inoltre un fattore correlato alla qualità dell’abitare, imprescindibile- afferma- dovremmo pensare ad una mobilità integrata costituita dalla mobilità a piedi, in bicicletta, le auto elettriche, la mobilità collettiva con corse non fisse che risolverebbe diversi problemi. Dobbiamo insomma pensare ad una mobilità Smart perchè la qualità della vita- ricorda in conclusione Ubertini- dipende anche da come le persone si muovono e hanno accesso ai luoghi del proprio interesse, della propria esistenza”.
Davoli (dep Regione Lazio): stratificare rischio per bisogni salute
“Problema grande divieto imposto da garante privacy”
“Ogni territorio può conoscere la stratificazione del rischio nella popolazione della regione attraverso le cronicità e la qualità dell’assistenza. In Regione Lazio valutiamo a livello di distretto, di Asl e di azienda, la complessità clinica della patologia e nel caso di Viterbo misuriamo 300mila persone con multicronicità, con co-morbidità, e a rischio morte nei prossimi cinque anni. La stratificazione è utile per capire quali priorità vogliamo darci e possiamo farlo con una valutazione complessiva che tenga conto delle cronicità, del consumo dei farmaci, dell’indice di complessità, I Lse/istruzione, la composizione della famiglia, l’esposizione ad ambientali. Lo stato di salute del cittadino non dipende solo dal sistema sanitario, ma dal livello economico, sociale e culturale perché la popolazione più svantaggiata si ammala di più essendo soggetta a più fattori di rischio”. E’ Marina Davoli, direttrice del dipartimento di epidemiologia della regione Lazio, a spiegare il senso della stratificazione del rischio e della necessità di un modello condiviso nella valutazione dei bisogni assistenziali del territorio, nell’ambito della due giorni ‘La casa come luogo di cura’ organizzato dall’Asl di Viterbo, nell’aula magna dell’Università della Tuscia.
“I punti di forza di questo sistema- prosegue Davoli- sono l’integrazione delle informazioni e dei dati tra i vari enti locali e i livelli di assistenza, i sistemi informativi che corrono veloci, ma non tutti. Abbiamo però un problema grande rappresentato dal divieto di fare la stratificazione del rischio imposto dal Garante della privacy. La valutazione degli interventi, quindi, va fatta su alcuni indicatori ma va costruito un sistema che tenga conto dell’assistenza territoriale da più punti di vista, non solo sulla possibilità di ospedalizzazione perchè il Covid ce lo ha insegnato: tante ospedalizzazioni non significano diversificazione dell’assistenza e soddisfacimento del bisogno di assistenza dei pazienti”, avverte la direttrice.
“Un paziente diabetico– prosegue- che si ospedalizza per le complicanze ha un problema che viene da lontano. La stratificazione del rischio ci permette di valutare i bisogni di salute sul territorio, in termine di management ma anche di case management perchè abbiamo bisogno di sapere la vulnerabilità sociale, il livello di multicronicità. Ma resta sullo sfondo il tema della privacy, ovvero l’impossibilità di scandagliare il livello di dettaglio sulla stratificazione”, chiosa Davoli.
Bellentani (Ministero della salute): con legge bilancio si affronterà tema privacy
“E’ necessario che chi lavora sul territorio esca dal contenitore unico, la stratificazione del rischio della popolazione ci dice che possiamo identificare dei target di intervento per azioni mirate. Il garante della privacy, l’altro grande tema, ci sta facendo ‘neri’, con la legge di bilancio si affronterà la questione; stiamo lavorando affinché ci sia una linea generale a livello nazionale per la stratificazione ai fini della salute. Dobbiamo chiederci, per esempio, chi è il soggetto fragile, con una valutazione multidimensionale; cercheremo di creare un gruppo di livello nazionale per costruire il percorso graduale sulla valutazione multidimensionale”. Lo afferma Maria Donata Bellentani, direttrice dell’ufficio II del ministero della Salute, Direzione e programmazione sanitaria, nell’ambito della due giorni ‘La casa come luogo di cura’, organizzata dall’Asl di Viterbo, presso l’aula magna dell’università della Tuscia.
Stumbo (Laziocrea): non deve essere il paziente a muoversi ma i dati
“Trovare giusto equilibrio tra mondo fisico e digitale. medicina deve essere predittiva”
“Per la prima volta questo Paese ha messo al centro un piano programmatico chiaro, sulla base del Pnrr, e per la prima volta sta lavorando al progetto prima di partire. Finora abbiamo ragionato alla luce della mancanza di operatività e di dati asettici, ora invece partiamo dal paziente e dai dati che si contaminano e si muovono, proprio perchè non deve essere il paziente che si muove ma la medicina che deve essere predittiva, che anticipa i bisogni, che studia con i dati. I dati devono venire prima, non come esito finale, ma come premessa per capire e agire”. Lo afferma Maurizio Stumbo, direttore dei sistemi informativi di LazioCrea, nell’intervento ‘L’evoluzione dei sistemi informativi territoriali’, nell’ambito della due giorni ‘La casa come luogo di cura’, organizzato dall’Asl di Viterbo, presso l’università della Tuscia.
“Per realizzare il fascicolo sanitario– spiega Stumbo- il Pnrr si baserà su una piattaforma unica che mette in contatto l’assistito con l’assistenza territoriale, indipendentemente se il paziente si trova nel luogo di residenza. Due elementi che mi sono molto cari, su cui agiremo: trovare il giusto equilibrio tra mondo fisico e mondo digitale, questa deve essere l’innnovazione. La televisita, per esempio è fondamentale, lo abbiamo visto con il Covid, ma il luogo fisico deve rimanere centrale. Poi c’è il dato ibrido che significa un’informazione che scorre, si contamina e restituisce il contesto di vita del paziente. Se pensiamo alla campagna vaccinale- osserva Stumbo- quello che ci ha permesso di avviare la prenotazione della dose in pochi secondi è dovuto alla capacità di aver intessuto un’assistenza territoriale importante, in cui i dati hanno lavorato non come esito finale ma come punto di partenza”, conclude il direttore di LazioCrea. |