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Il racconto degli scontri da Beirut

“Siamo impauriti da ciò che può succedere”
Il racconto da Beirut del nostro collaboratore
Fadi, collaboratore di Pro Terra Sancta a Beirut, racconta gli scontri che hanno interessato ieri la capitale libanese. La manifestazione dei partiti sciiti di Hezbollah e di Amal contro Tarek Bitar si è mutata in una careficina con sette morti e oltre 30 feriti. La paura torna a stringere il Libano.

Gentili colleghi,

la crisi politica e sociale del Libano ha registrato un peggioramento drammatico.

Il collaboratore di Pro Terra Sancta a Beirut Fadi, racconta cosa è accaduto nella giornata di ieri: “Ieri a Beirut Hezbollah e Amal, i due partiti sciiti di maggioranza in Libano, hanno organizzato una protesta per le vie della capitale”. Le due organizzazioni politiche chiedono da tempo la rimozione di Tarek Bitar, commissario d’inchiesta per l’esplosione del porto di Beirut del 4 agosto 2020. Bitar non va a genio alla classe politica libanese, perché non vuole subire le pressioni politiche, ma conduce le indagini con integrità.

Il clima è teso: “Sono cominciate le indagini per i fatti del 4 agosto 2020, ma molti giudici non hanno potuto far nulla per le pressioni politiche. Questo giudice, che si chiama Tarek Bitar, non sta retrocedendo. Vuole continuare ad investigare, e ha chiesto a tre ex-ministri di venire ad un interrogatorio. E questi hanno rifiutato. Tutti e tre vengono da Hezbollah o da Amal, che sono i grossi partiti sciiti”.

Al rifiuto di presentarsi all’interrogatorio da parte dei tre deputati, è seguita l’organizzazione, sempre da parte di Hezbollah ed Amal, di una manifestazione di piazza.

Qualcosa, però, va storto: “doveva essere una manifestazione pacifica, ma loro sono scesi con le armi”, dice Fadi.

La tensione innescata dai manifestanti si è alzata: “I militanti di Hezbollah e di Amal hanno deciso di passare uno storico Checkpoint tra i quartieri cristiani e quelli musulmani. E vi si sono recati con le loro armi. Ovviamente il partito cristiano era pronto per quest’evenienza ed avevano dei cecchini sui tetti. Non appena queste persone da Amal e Hezbollah hanno dimostrato di voler andare lì armi in pugno, sono state colpite dal fuoco”.
Così sono cominciati gli scontri di piazza Tayyoune, conclusi, apparentemente, in breve tempo, tanto che Fadi riferisce che “ora tutto è tranquillo a Beirut”.

Ma la paura è tutt’ora tangibile; anzi, conclude Fadi: “Siamo impauriti da quello che può succedere in qualunque momento, perché Hezbollah e Amal hanno perso sette soldati ieri. E noi siamo impauriti dal fatto che vogliano tornare indietro un’altra volta”.

A questo link, potete trovare immagini in esclusiva delle proteste e degli scontri di piazza Tayyoune.
La crisi istituzionale in Libano

Nei giorni scorsi abbiamo assistito al precipitare della situazione in Libano. Dopo il definitivo tracollo del sistema finanziario, la crisi energetica ha portato il Paese a vivere un black-out di 48 ore. Ospedali, uffici pubblici, servizi sono stati resi inutilizzabili da un momento all’altro.

Ieri sono scoppiati scontri a fuoco a Beirut, in piazza Tayyoune, che hanno portato, per ora, il bilancio a sette morti e 30 feriti. Intorno alle ore 11 locali (le 10 italiane) alcuni cecchini hanno aperto il fuoco sui manifestanti dei due partiti Amal ed Hezbollah, entrambi gruppi di maggioranza ed afferenti dell’Islam sciita. Amal ed Hezbollah erano scesi in piazza per manifestare contro Tarek Bitar, giudice preposto all’inchiesta sullo scoppio del porto del 4 agosto 2020, accusato di stare politicizzando il processo per colpire gli esponenti delle due organizzazioni politiche.

Bitar, 47 anni, è da tempo al centro di una grossa polemica, per la gestione delle indagini sull’esplosione del porto di Beirut. Il giudice non ha infatti risparmiato inchieste sugli esponenti della classe politica, tanto che il 3 ottobre scorso tre deputati, Nouhad Machnouk, Ali Hassan Khalil e Ghazi Zeaïter, hanno presentato domanda alla Corte d’appello civile di Beirut perché Bitar venisse rimosso dal suo incarico. L’organo ha rigettato l’istanza dei tre parlamentari e Bitar è stato mantenuto in carica.

Il tema dell’adeguatezza e della possibilità per Bitar di svolgere appropriatamente il proprio compito rischia di spezzare il Libano in due.

I familiari delle vittime dell’esplosione del 4 agosto considerano il giudice la sola speranza di ottenere verità e giustizia in un sistema politico corrotto e ormai al collasso.

I politici, ed in modo particolare Hezbollah ed Amal, vedono in Bitar un pericoloso battitore libero, a loro avviso pronto a dare l’ultima spallata alla politica libanese, per connivenza con interessi stranieri.

Pro Terra Sancta assiste la popolazione libanese da anni. Scopri come a questo link.

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