L’AVV. MASSIMO OTTOLENGHI ED IL DISPIACERE DI CAPIRLO DECENNI DOPO…
Negli anni 60 circa, a seguito di un mio trasferimento per lavoro a Torino da parte della banca in cui lavoravo, ho avuto la fortuna di conoscere l’avv. Massimo Ottolenghi. Lì per lì, mi è sembrata una persona anziana come tante altre che, ad un certo punto della loro esistenza, hanno bisogno di mettere sul piatto la loro esperienza di vita vissuta ma, non capendolo allora in toto forse per la mia giovane età, non facevo altro che ascoltare, talvolta lambendo, se non superando, i limiti della mia pazienza. A distanza di anni, lui allora ne aveva sicuramente il doppio dei miei (egli è deceduto ad oltre cento anni di età, solo qualche anno fa), mi rendo oggi conto della mia precarietà nel recepire ciò che mi stava dicendo sui vari contesti esistenziali da lui vissuti come partigiano, scrittore, avvocato e tante altre professioni, ma soprattutto mi torna alla mente la sua grande voglia di mettere a profitto la sua esperienza in favore delle nuove generazioni, anche attraverso un libricino di poche pagine da lui scritto prima di morire, a titolo “ Ribellarsi è giusto”.
Chissà perché, ma questa sua voglia l’ho fatta interamente mia, sia pur nella consapevolezza dei miei limiti. Mi par di poter dire purtroppo, e con grande dispiacere, che oggi i validi insegnamenti di Ottolenghi, non possano più essere messi a frutto in quanto, questa nostra società, non possiede più l’humus, non solo per farli crescere, ma neanche per farli nascere.
Il progresso infatti, ma anche le pandemie, hanno ulteriormente reso pregiudizio ai bioritmi, alle coscienze, alla cultura, alla tranquillità, alla quiete sociale: l’uomo si sta incattivendo progressivamente giorno dopo giorno e la cattiveria, è noto, è frutto dell’ignoranza di cui vorrei proprio parlare succintamente, aggiungendomi al pensiero di Ottolenghi che, a mio modo di recepire, oggi dovrebbe sfortunatamente capire ciò che, per altri contesti, allora non capivo io, dichiarando, Massimo Ottolenghi, una sua evidente ed amara sconfitta.
Oggi infatti, come ci si potrebbe ribellare? Dove si potrebbe trovare il target su cui ribellarsi? Da dove si potrebbe cominciare? A chi si potrebbe indirizzare qualche istanza? C’è la forza per ribellarsi? I giovani dove sono, se non ammassati nelle discoteche o in vari assembramenti alla faccia del Covid, fatte salve le poche eccezioni? Ma soprattutto dove sta la forza di ribellarsi se lo spirito propulsore sembra morto e sepolto? Chi ha voglia di intraprendere? E che dire della fame, della delinquenza, della malavitosità crescente? E della politica che, non soltanto a mio parere, opera in un fac-simile di completa teatralità, come certi scienziati della sanità che, giorno dopo giorno, appaiono nella varie emittenti televisive, anche a pagamento?
Ci accorgiamo di queste cose o continuiamo ad assuefarci alle stesse sino a farle diventare vere?
Ormai da tempo dico che il mondo deve affrontare con coraggio uno scossone traumatico per mettere tutto, o quasi, in discussione in quanto, lo ripeto per il caso che non ce ne fossimo ancora accorti abbastanza, il clima modificato dal cosiddetto progresso, sarà la nostra morte a breve ove non si ponga subito rimedio.
Vedo già la mia Venezia tutta sott’acqua, e ciò alla faccia delle paratie mobili, alias Mose, che sono servite solo al business, anche di certi delinquenti dai colletti bianchi.
E’ inutile nasconderci dietro ad un dito o mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi di fronte ad un problema ormai mondiale che non ha soluzioni se non quelle riconducibili alla ragione.
Non vorrei peccare di superbia, anche se la mia età sembra avermi insegnato qualcosa e potrebbe offrirmi titolo per una parola in più, ma mi par di poter dire con cognizione di causa che la precarietà culturale degli Italiani, se vuoi anche messa a tacere per vari motivi, in primis per la politica, presenta limiti intollerabili in un’era storica che invece, grazie a questo nostro progresso, paradossalmente dovrebbe e potrebbe determinare una serena tranquillità esistenziale per tutti.
Ribelliamoci, e questa volta mi aggiungo io alle parole di Ottolenghi attualizzandole al momento storico che stiamo vivendo, di fronte a certa politica, a certi giornalismi, all’ignoranza diffusa, a certa magistratura, al denaro, alla mala distribuzione della ricchezza, a certe barzellette come quelle che riguardano un ex-premier, il quale, dopo essersi sottoposto ad un lifting per ringiovanire di una ventina di anni (come appena letto sulla stampa) non vuol presentarsi nei tribunali per i processi che lo riguardano, vergognosamente supportato da certificazione medica compiacente (?), ma vuole andare a Bruxelles per il vertice PPE. Come dire: malattia ad libitum, a seconda della convenienza, tanto da farmi avere un transfert verso Uccio De Santis…
E mi fermo qui, perché, continuando, potrei incorrere in un inopportuno nervosismo di fronte a tanta sconcertante sceneggiatura politica!
Arnaldo De Porti
Belluno-Feltre