Site icon archivio di politicamentecorretto.com

X Mese Mondiale Alzheimer: uno studio rivela che l’impatto del Covid-19 può accelerare i sintomi della demenza

Female home caregiver talking with senior woman, sitting in living room and listening to her carefully.

X Mese Mondiale Alzheimer: uno studio rivela che l’impatto del Covid-19 può accelerare i sintomi della demenza

 

 

Nel mondo ogni 3 secondi una persona sviluppa una forma di demenza: attualmente sono 55 milioni le persone colpite, destinate a diventare 139 entro il 2050.

Federazione Alzheimer Italia aderisce all’appello di Alzheimer’s Disease International

a finanziare la ricerca sul legame tra Covid-19 e demenza

 

 

L’impatto neurologico dell’infezione da Covid-19 sul cervello può aumentare la probabilità che una persona sviluppi una forma di demenza, ma anche accelerare i sintomi e peggiorare le condizioni della malattia. È quanto afferma una recente ricerca presentata all’edizione 2021 dell’Alzheimer Association International Conference, che rileva una stretta correlazione tra Covid-19 e demenza.

La Federazione Alzheimer Italia si fa portavoce in Italia dell’appello che il suo partner internazionale Alzheimer’s Disease International (ADI) lancia a governi e istituti di ricerca perché venga data priorità assoluta proprio al finanziamento della ricerca per indagare e approfondire il legame tra Covid-19 e demenza. Con settembre prende il via in tutto il mondo il X Mese Mondiale Alzheimer che quest’anno ha come focus l’invito ad approfondire la conoscenza della demenza, con la campagna #KnowDementia #KnowAlzheimers: alla luce anche delle nuove ricerche diventano infatti ancora più essenziali la diagnosi precoce e la corretta informazione su quali possono essere i segnali premonitori e i sintomi della malattia.

Uno studio che gli esperti ritengono necessario per prepararsi ad affrontare la crescita esponenziale dei casi di demenza nel mondo: attualmente si parla di 55 milioni di persone, ma si stima che il numero sia destinato ad aumentare a 78 entro il 2030 fino a 139 milioni entro il 2050 (dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità). Gli esperti mettono in guardia sul fatto che se nel breve periodo i tassi della demenza potranno registrare una diminuzione legata all’elevato numero di decessi che la pandemia ha causato tra le persone con demenza (le stime parlano di un range di morti tra il 25 e il 45% e di una mortalità di 2,6 volte maggiore per le persone con demenza rispetto ai coetanei) a lungo termine i casi sono destinati ad aumentare proprio a causa dell’impatto del Covid-19.

Commenta Gabriella Salvini Porro, presidente Federazione Alzheimer Italia: “Quando è scoppiata l’emergenza sanitaria noi di Federazione Alzheimer Italia abbiamo lanciato l’allarme sulla necessità di tutelare i diritti dei cittadini più fragili, tra cui le persone con demenza: i recenti studi sull’impatto che il Covid-19 ha avuto e avrà sulla malattia ci confermano che è ancora necessario tenere alta l’attenzione. Auspichiamo che il Mese Mondiale sia l’occasione per puntare i riflettori sulla demenza e condividiamo l’appello di ADI affinché le Istituzioni investano risorse su questa ricerca ma anche sull’assistenza, perché le persone con demenza e le loro famiglie non possono essere lasciate sole. È solo unendo le forze che possono raggiungere risultati importanti”.

 

La Federazione Alzheimer Italia aderisce dunque all’appello lanciato da Alzheimer’s Disease International perché venga finanziata con urgenza la ricerca per valutare l’impatto a lungo termine dell’infezione SARS-CoV-2 sulle persone con demenza. Il Comitato Consultivo Medico e Scientifico (MSAP) di ADI, composto da 75 esperti provenienti da tutto il mondo, ha già istituito un gruppo di lavoro per formulare azioni e consigli su come agire.

 

A preoccupare medici e ricercatori sono in particolare i sintomi neurologici del cosiddetto “long Covid”, come la perdita del gusto e dell’olfatto, i problemi cognitivi come la “nebbia del cervello” e le difficoltà con la concentrazione, la memoria, il pensiero e il linguaggio. Il virus è infatti in grado di causare danni molto seri al cervello, quali coagulazioni, disfunzione immunitaria e iperattivazione, infiammazioni e infezioni virali dirette attraverso le vie olfattive. Le prime ricerche concordano nel ritenere questo danno cerebrale una conseguenza diretta non tanto dell’invasione del cervello da parte del virus, quanto dell’infiammazione che ne consegue.

 

Anna Tagliabue

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

Exit mobile version