AFGHANISTAN DOPO IL CAMBIO DI BANDIERA
A Kabul lo scorso 11 settembre 2021 (proprio l’11 settembre, tragica memoria degli attentati!) è avvenuto l’alzabandiera dei talebani. Ha segnato l’avvio formale del governo con provvedimenti e divieti ritenuti inaccettabili, tra cui lezioni separate e hijab per le donne nelle università afghane, e della nuova condizione femminile molto si continua in Occidente a parlare condannando. “Non permetteremo che ragazzi e ragazze studino assieme –ha detto il ministro talebano dell’istruzione Abdul Baqi Haqqani – non consentiremo una educazione congiunta”. Così quel che era stato in prima istanza promesso (mantenimento di determinati diritti alle donne, tra cui la possibilità di lavorare, di svolgere professioni ritenute “maschili”) viene disatteso. E il portavoce talebano Sayed Zekrullah Hashim al giornalista di “Tolo News” Natiq Malikzada che gli chiede dell’assenza di donne nel nuovo esecutivo risponde: “Una donna non può fare il ministro… non è necessario che le donne facciano parte del governo, devono fare figli… Le quattro donne che protestano nelle strade non rappresentano le donne dell’Afghanistan. Le donne dell’Afghanistan sono quelle che danno figli al nostro popolo e che li educano secondo i valori dell’Islam”. Il cambio della bandiera dello Stato afghano con quella del governo talebano (versetto del Corano su fondo bianco) ha segnato, come in tutti i cambi avvenuti nella storia di ogni popolo, un mutamento, non sempre è positivo, a volte si rivela foriero di molti problemi, nel nostro tempo sono anche globali, quindi con maggiori difficoltà di risoluzione. D’accordo in molti su un’uscita di scena dall’Afghanistan degli Usa non ben programmata, pertanto con conseguenze inaccettabili, soprattutto per la linea portata avanti dai talebani di nuova generazione, più dura rispetto a quella dei talebani che hanno sperimentato il tempo del precedente dominio. Comunque la situazione si fa sempre più difficile per tutti gli afghani, si sta scivolando verso la fame con il venir meno degli aiuti finanziari. E’ per questo che i talebani chiedono agli Stati che venga riconosciuto il loro governo, l’hanno chiesto anche all’Italia, cui propongono pure di adoperarsi alla ricostruzione a sue spese della base italiana, dopo averla proprio essi distrutta. Situazione molto ingarbugliata perché Usa, Francia e Uk, pur non riconoscendo, mantengono relazioni formali per scongiurare minacce terroristiche, puntando anche sugli effetti del congelamento degli aiuti finanziari. Ma tutto si ritorce poi a svantaggio dei diritti umani, con violenze su quanti protestano, con repressioni ed esecuzioni. Intanto la sospensione degli aiuti da parte dell’Occidente dà spazio a Russia, già presente in Afghanistan nel passato, a Pakistan e Turchia con ambizioni remote, alla Cina che ovunque tesse mire economiche, e tutto ciò conviene ai talebani anche per allontanare l’immagine terroristica. La maggior parte è infatti convinta che i talebani sono terroristi, fa eccezione il già Presidente del Consiglio dei Ministri Massimo D’Alema che segue Giuseppe Conte, pure ex Presidente, definendoli non terroristi ma “movimento fondamentalista, violento e intollerabile per i comportamenti contro le donne e contro le minoranze”. E c’è chi si augura che i talebani abbiano la capacità di tenere il governo perché l’alternativa sarebbe la guerra civile nella quale verrebbero coinvolti tutti gli afghani, anche gli stessi talebani dato che ci sono fazioni spesso in disaccordo. La democrazia non è l’optimum ma si rivela una possibilità di vita migliore, mentre ogni forma dittatoriale è certezza di una vita peggiore.
Antonietta Benagiano