In questi giorni di solitudine gli italiani sono scossi e senza parole per la crisi sanitaria ed economica che imperversa e stanno ritornando in auge discorsi corrosivi per la solidarietà sociale e la comune umanità. La nostra società sembra spaccarsi su temi che in verità non hanno valore dal punto di vista pratico. Ci si distingue solo in base all’aderenza o meno alle normative “anti contagio”: vaccino sì vaccino no, lockdown si lockdown no, green pass sì green pass no…
Il 12 settembre 2021, dopo una passeggiata ecologista, ne parlavo con un amico medico di Treia ed il dialogo aperto, malgrado le iniziali differenze di vedute sul come affrontare l’emergenza, ha poi trovato una sintesi ed un’intesa sul fatto che non possiamo esimerci dall’appartenere alla stessa comunità. No solo quella umana, ma quella di tutte le specie del pianeta, piante e minerali compresi.
Dobbiamo superare la tendenza alla separazione e allo scollamento sociale, che soprattutto sui social divengono più evidenti mentre la comunità sembra aver perso la capacità di esprimere solidarietà e collaborazione.
Ciò avviene persino fra coabitanti di una piccola comunità, sembra quasi che oggi inequivocabilmente ci si percepisca alieni l’un l’altro. Il “diverso” è addirittura visto come un dinamitardo e questo comporta uno scontro continuo fra le parti. Come si può in tal modo costruire una società umana decente? Mentre non si riconosce più nemmeno un membro della famiglia come nostro proprio, se non si adegua alle nostre convinzioni, come possiamo accettare ed accogliere chi magari è “estraneo”, un oriundo, un ospite, un appartenente ad una altra parrocchia, che non la pensa come noi?
Eppure se il concetto di comune appartenenza alla Terra, divenisse una realtà, la coesione sociale sarebbe un dato acquisito e risolutore.
Stiamo riducendo il nostro pianeta ad un cimitero, seguendo un’idea di benessere che non tiene conto degli altri, di tutti gli altri, ignorando la distruzione delle risorse, l’inquinamento causato alla Terra per il nostro egoismo, eppure non consideriamo le malattie che ne conseguono e continuiamo a distruggere, usando metodi scientifici non ecologici, illudendoci di fare il bene della collettività.
A questo proposito consiglio l’ascolto di questa conferenza del prof. Stefano Mancuso sui danni da noi causati che ci si ritorcono contro: https://www.facebook.com/sapiensfestival/videos/823716398305937
Ma andiamo avanti con l’analisi. Questo sembra il tempo dello spezzettamento. In ogni parte d’Europa (e del mondo) si assiste ad un processo di frantumazione della solidarietà umana con forme esacerbate di distinzione, non solo per motivi salutistici, ma anche religiosi, ideologici o di status. Qual’è la motivazione di questo sgretolamento? Blocchi monolitici di potere economico e politico sembrano voler prendere il sopravvento globale ma si stanno sbriciolando sulle macerie da loro stessi provocate sul pianeta. La società umana si dibatte nella forsennata ricerca di una nuova identità e modus vivendi, riuscirà a sopravvivere a se stessa?
Con l’avvento della “virtualizzazione” forzata, in seguito alla separazione derivante dalla lotta al contagio, sono cambiati i modi di lavoro e di socializzazione. Nuove entità, basate sulla produttività amorfa, stanno prendendo il sopravvento, mentre le forze sociali sane percuotono le mura (senza porte) di una apparente legalità democratica che più non regge le sorti della nazione.
Gli umani, nel tentativo di uniformarsi alle direttive “superiori”, hanno perso invero il senso della dignità e del rispetto per la diversità. Ancora ed ancora si distingue e si giudica. Non però nella pianificazione economica e sociale saldamente in mano a pochi “esperti”…
Ritengo comunque che per una opposta tendenza compensativa succederà che questa “separazione” sfocerà necessariamente in un ri-accostamento interiore e dell’uomo verso l’uomo. In fondo quanto possiamo separarci da noi stessi senza perire? Lo yin e lo yang son forze che si alternano e si compensano, nessuna delle due può prendere un definitivo sopravvento. Ecco perciò che l’allontanamento diviene avvicinamento… La vita è elastica e non può andare in una sola direzione.
Ora sorge la necessità di nuove forme di equilibrio, più radicate nella coscienza della comune appartenenza alla vita. Un avvicinamento alla coscienza universale.
Infatti il senso di comune appartenenza porta alla condivisione dell’evento vita, ad atteggiamenti simbiotici e ad uno stato di coscienza collettiva. L’evoluzione spirituale richiede che le persone si riconoscano nella comune appartenenza alla vita. Separazione è solo un concetto per giustificare degli “indirizzi” personalistici ed egoici, è una frattura radicale che spacca il mondo e l’essere in due.
La capacità di coabitare nel “condominio terra”, sta nella capacità di rapportarsi al luogo in cui si vive in sintonia con l’esistente. L’uomo, la specie umana nella sua totalità, e l’ambiente vitale sono un’entità indivisibile.
Perciò il passo primo da compiere, per il “Ritorno a Casa”, è l’accettazione delle differenze, viste come fatti caratteriali che al massimo (in caso di persistente negligenza morale) possono essere ‘curate’ allo stesso modo di una idiosincrasia/malattia interna. L’uomo ha bisogno di riconoscersi ‘unico’ nella sua individualità, che assomiglia ad un cristallo di neve nella massa di neve, ma nella coscienza di appartenere all’unica specie umana. Non passerà molto tempo -mi auguro- che le divisioni artificiali operate dalla mente speculativa scompariranno completamente ed al loro posto subentrerà un nuovo spirito di fratellanza, partendo dal presupposto delle reali somiglianze e della coesistenza pacifica. Queste somiglianze, in una società sempre più vicina, renderanno l’uomo capace di capire il suo prossimo, in piena libertà, e di amarlo come realmente merita. Tutti abitanti dello stesso pianeta, tutti a casa!
Paolo D’Arpini
Fonte: https://paolodarpini.blogspot.com/2021/09/la-comune-appartenenza-alla-matrice.html