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“Bioregionalism and Sustainable Economy” – “Bioregionalismo ed Economia Sostenibile”

Il racconto che segue è stato pubblicato sull’ultimo numero del Bullettin, l’organo del Circolo Vegetariano VVTT, che uscì in forma di “brochure” in occasione dell’incontro della Rete Bioregionale Italiana, tenuto a Calcata (nel Tempio della Spiritualità della Natura e nella sala Consiliare del Comune) dal 9 all’11 maggio del 2003. Il tema trattato era: “Bioregionalismo ed Economia Sostenibile”

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La vecchia sede del Circolo Vegetariano VV.TT. di Calcata

Testo:
Strettamente parlando, da un punto di vista delle finalità, la spiritualità laica e l’ecologia profonda affondano il loro esistere nella coscienza. L’uomo si è interrogato sulle forze della natura e sulla vita e questo interrogarsi ha prodotto la spiritualità, l’ecologia profonda è un approfondimento in senso materiale di questa ricerca. Entrambi gli approcci partono dall’esistente, dal modo di percepire noi stessi e la realtà che ci circonda, il primo è un approccio in senso metafisico mentre il secondo prende in esame il fisico ma non v’è differenza fra i due aspetti se non nel modo descrittivo.

Nell’ecologia profonda come nella spiritualità naturale si sottintende un ’quid’ che impregna le trame della vita. Tale ’quid’ è stato descritto come sorgente di tutte le cose, indipendentemente dal chiamarlo ’spirito’ o ’forza vitale’. Dall’interrogarsi iniziale siamo giunti a tutte le filosofie gnostiche, alle religioni d’oriente come pure alle grandi religioni monoteiste in cui, sia pur con angolazioni differenti, si inneggia al grande mistero della vita, questa è anche l’esigenza dell’ecologia che sempre tiene in conto il delicato equilibrio dell’insieme delle manifestazioni vitali. Spesso mi son trovato a descrivere l’esigenza di estrinsecazione spirituale dell’uomo come la nascita della prima virtualizzazione. Attraverso il pensiero e la speculazione intellettuale è infatti sorta la virtualità, l’immaginare, il presupporre vero sulla base di un pensiero (di un credere) e questa proiezione, una ’vis’ umana specifica, è forse presente anche nel resto dei viventi, chissà? Ad esempio nelle teorie del karma si descrive la vita individuale degli esseri come un percorso evolutivo che parte da una scintilla dell’intelligenza che poi si differenzia in miriadi di forme, a volte contrapposte, che son però strettamente collegate l’una a l’altra ed in continua ascesa verso la stessa finalità. Una unità questa che non è mai venuta meno anche durante il cosiddetto “percorso karmico” ma per via dell’illusione, ovvero la virtualità del pensiero, appare disgiunta ed imperfetta (e quindi perfettibile?). L’ecologia profonda, dal punto di vista materiale, è un aiuto a capire che non c’è nel contesto generale della vita un dietro od un avanti che non sia strettamente consequenziale, che non compartecipi della stess a sostanza di base e che perciò è impossibile scindere, pena l’estinzione stessa della vita.

Ed ora una domanda: come faremmo a vivere su questa Terra se tutti decidessimo di ritirarci in eremitaggio, di ritornare alla terra come si dice in gergo, senza immediatamente sconvolgere, distruggere definitivamente, il già precario equilibrio di questo pianeta? La Terra ospita ormai diversi miliardi di persone, perlopiù riunite in aree urbane, è pur vero che parecchie specie animali sono in netta diminuzione ma per contro molte di quelle addomesticate dall’uomo (essenzialmente per scopi voluttuari o di carenza affettiva) superano in numero gli umani stessi e come gli umani che vivono nelle città anch’essi son concentrati in grandi allevamenti. Se ognuno di noi dovesse andare a vivere in campagna, immaginando una società egualitaria, avremmo forse a disposizione non più di duecento metri di terreno a testa senza contare le zone desertiche, i ghiacciai, le alte montagne, se in più volessimo portare con noi anche i nostri “pets” dovremmo dividere quel piccolo spazio con cani e gatti, se poi volessimo mangiar carne dovremmo dividere ulteriormente la nostra casa con pecore, mucche, conigli, maiali, etc. Si fa presto ad immaginare la calca che si verrebbe a creare nei nostri duecento metri quadrati di terra, non solo ma come potremmo produrre in quel piccolo orticello abbastanza cibo per tutti i membri della nostra personale comunità rurale? Va da sé che questa tipo di scelta è impensabile per la massa come pure, per altre ragioni persino più serie, è impensabile che la vita possa continuare a lungo sul pianeta se continuiamo a sfruttare le risorse per soddisfare le esigenze di consumo parossistico dei grandi agglomerati urbani.

I lemming, quel popolo di roditori che in caso di sovraffollamento periodicamente emigrano in massa, avrebbero già intrapreso il loro viaggio finale (che come tutti sappiamo finisce nelle gelide acque del mare del nord) per riequilibrare la natura. In parte un tale comportamento autodistruttivo sta avvenendo anche nella nostra società, con l’aumento delle guerre, dei suicidi, delle perversioni, della stupidità. Ma non è ancora sufficiente a trovare quell’equilibrio naturale di sopravvivenza e questo perché l’uomo ha l’arroganza di ritenersi un essere “superiore” alle altre specie e perciò ogni soluzione deve comprendere la continuazione del gioco attualmente in programma e cioè la fissità della nostra specie come dominante.

Ma a questo punto re-inserisco il concetto di “spiritualità naturale o laica”. A dire il vero questa spiritualità non può assomigliare punto alla precedente spiritualità religiosa ma deve necessariamente tener conto del contesto vitale in se stesso, ovvero dell’ecologia. Una spiritualità ecologica in cui non si perseguano scopi immaginari (paradisi, inferni, etc.) ma in cui ci si occupi esclusivamente del presente stato dell’esistenza. Una presa di coscienza ’individuale’ di come è possibile il riequilibrio al contesto della vita senza ritenere che la nostra sia una funzione di controllo, di dominio (o di sudditanza ad una ipotetica divinità altra). Ognuno di noi dovrebbe già da ora affrontare il suo personale corso di sopravvivenza sapendo che tutto quello che noi rubiamo oggi dovrà sicuramente essere pagato domani, questo nel caso del sovrappiù, mentre se il nostro respirare, mangiare, vivere rientra nell’insieme del vivere, respirare, mangiare di ogni altro essere vivente potremmo finalmente goderci la vita, senza aver colpe da espiare, senza dover abbandonare il nostro modo di vita urbanizzato e fortemente sociale che -evidentemente- salvo il famoso riequilibrio di cui abbiamo detto, ha contribuito alla fioritura di questa bellissima nostra specie.

In questa fase della storia millenaria dell’uomo abbiamo privilegiato il secondario, il superfluo, a scapito del primario, ovvero il cibo, l’acqua, l’aria. E’ importante per noi esseri umani integrati analizzare le ragioni di questo sviamento. Uno sviamento che senz’altro è stato necessario per scoprire il valore di tesi astratte come l’arte, la scrittura, l’estetica, l’etica, ma che non può continuare ad occupare tutto lo spazio possibile del nostro esistere. Ad esempio dobbiamo essere consapevoli dello sforzo e del significato profondo insito nella ricerca e produzione del nostro cibo quotidiano.

Descrivo ora l’excursus storico sulla nostra evoluzione. La storia dell’uomo è molto semplice e rispecchia i quattro mutamenti fondamentali della vita. L’uomo nella sua corsa evolutiva compie quattro salti stagionali. All’inizio egli succhia il latte, alla base del latte c’è la verdura e la carne e ciò diviene il suo cibo, poi ancora oltre c’è la terra ed ecco l’uomo che la divora ma oltre la terra c’è lo spirito e l’uomo nutrendosi di “spirito” completa un altro ciclo di spirale nella scala dell’evoluzione. Questa simbologia può essere tradotta così: il latte rappresenta il momento in cui l’umanità si pone reverente verso la nutrice, la natura, che lo accudisce e lo sostiene nel suo grembo (potremmo dire che corrisponde al momento del “paradiso terrestre”); subentra poi la capacità di auto-sostenersi e di ricorrere a tecnologie appropriate per ricavare da se stessi il nutrimento (corrisponde al momento della fondazione patriarcale); ecco quindi il momento del massimo sviluppo tecnologico e sociale in cui l’uomo tende a divorare, a consumare, persino la terra che lo sostiene (il momento della decadenza consumistica e dell’idolatria scientifico religiosa); infine viene il momento della coscienza indifferenziata, l’uomo vien toccato dallo “spirito” si compenetra in esso e ritrova la sua unità primigenia (corrisponde al quid originario, alla consapevolezza di Sé), il ciclo si ripete passo dopo passo. E’ evidente che questo momento storico è segnato da un grande sbalzo fra il massimo del materialismo ideologico o religioso a quello di un ritorno alla consapevolezza non duale.

Come possiamo affrontare condizioni o contingenze apparentemente diametralmente opposte? Innanzi tutto c’è da considerare una cosa: la spinta evolutiva nell’uomo non è indotta da ideologie di massa, il pensiero di massa serve solo al mantenimento della compattezza psicofisica della specie, l’indice del cambiamento è sempre e solo rappresentato da forme pensiero, pseudopodi, che si irradiano verso possibili sbocchi evolutivi, questi pseudopodi non rappresentano che una piccolissima percentuale della massa, si tratta di minoranze….. Le due minoranze attualmente in antitesi, nel “programma” di sviluppo dell’intelligenza umana, son rappresentate da una parte dall’accentramento individuale del potere (lobby ideologiche ed economiche auto-foraggianti) e dall’altra da una rete smagliata di piccole persone che emanano forme pensiero collegate al tutto (una sorta di sincretismo universale).Questi cicli o percorsi storici si manifestano allo stesso tempo sia nell’arco di una sola vita individuale che in stagioni o onde storiche, ere cosmiche. Mi sembra che questo momento di transizione, fra una condizione e l’altra dell’umano, sia dedicato all’aspetto distruttivo di ogni sovrastruttura di pensiero, un azzeramento dei canoni precostituiti. Infatti oggi come non mai la pulsione verso l’uscita dagli schemi fissati provoca uno stato sismico mentale (scossoni psichici) al corpo-massa dell’umanità. Basterebbe sapere che, come avviene nel processo realizzativo del sé, ogni singola cellula del corpo sociale umano deve essere toccata e deve essere in grado di percepire individualmente la reale possibilità evolutiva in corso. E mentre la tendenza egocentrica agisce sulla massa con meccanismi di aggregazione forzata (vedi la massificazione informativa) al contrario “l’aumento” della coscienza avviene sui piani emotivi individuali. Dobbiamo essere consapevoli di ciò quando, come precursori, proponiamo un indirizzo bioregionale che non potrà certamente usare i mezzi della controparte ma deve comunque comprenderli organicamente e da lì evolversi. Solo così può sciogliersi il senso di differenza e la coscienza può ri-trovare il suo spazio. L’interno dell’uomo è ancora tutto un mondo da esplorare ma anche l’esterno è altrettanto infinito ed inconoscibile. Per questo si ripropone sempre la via di mezzo, la moderazione, come unica strada possibile per la continuità della specie. La consapevolezza non-duale integra non divide. E’ per questo che nell’ecologia del profondo e nella spiritualità laica si narra del ritorno alla Terra, ascoltandone il suo messaggio, pervenendo così a quell’integrazione con essa. Godendo della silenziosa gioia di vita, qui e d ora. Una gioia che non ha costrutto, nessuna causa, nessun meccanismo da soddisfare, nessun possesso, solo è…. Si chiama esistenza.

Ma attenzione… tale visione non ipotizza il ritorno al primitivismo bensì individua nelle attuali condizioni della società avanzata l’occasione di un riequilibrio. La continuità della nostra società, in quanto specie umana, richiede una chiave evolutiva, una comprensione globale, per mezzo della quale aprire la nostra mente alla consapevolezza di condividere con l’intero pianeta (forse sarebbe meglio dire con l’universo) l’esperienza vita. Questa è la scienza dell’inscindibilità della vita. Ne consegue che anche l’economia umana può e deve tener conto di questa visione per avviare un progresso tecnologico che non si contrapponga ma che sia in sintonia con i processi vitali. La scienza e la tecnologia in ogni campo di applicazione dovranno rispondere alla domanda: “E’ ciò ecologicamente e spiritualmente compatibile?” I macchinari, le fonti energetiche, lo smaltimento dei sottoprodotti, come pure la socialità e la cultura, dovranno essere realizzati in termini di sostenibilità. Se questo stimolo si manifesta nella mente umana allora sarà necessario un rapido processo di riconversione e riqualificazione industriale ed agricola che già di per se stesso sarà in grado di sostenere l’economia. Infatti la sola “riconversione ecologica” favorirà il superamento dell’attuale stato di “enpasse” impartendo grande spinta allo sviluppo economico e sociale. Una grande rivoluzione comprendente il nostro far pace con il pianeta e con gli esseri viventi che lo abitano.

Paolo D’Arpini

Rete Bioregionale Italiana – bioregionalismo.treia@gmail.com

Fonte: https://bioregionalismo.blogspot.com/2021/08/bioregionalism-and-sustainable-economy.html

English reddition:

The following story was published in the latest issue of the Bullettin, the organ of the Vegetarian Circle VV.TT., which came out in the form of a “brochure” on the occasion of the meeting of the Italian Bioregional Network, held in Calcata (in the Temple of Spirituality of Nature and in the Council Chamber of the Municipality) from 9 to 11 May 2003. The topic was: “Bioregionalism and Sustainable Economy”

Text:

Strictly speaking, from a point of view of purposes, secular spirituality and profound ecology sink their existence into consciousness. Man has questioned himself about the forces of nature and about life and this questioning has produced spirituality, profound ecology is a deepening in a material sense of this research. Both approaches start from the existing, from the way of perceiving ourselves and the reality that surrounds us, the first is an approach in a metaphysical sense while the second examines the physical but there is no difference between the two aspects except in the descriptive way.

In deep ecology, as in natural spirituality, there is an implied ‘something’ that impregnates the plots of life. This ‘quid’ has been described as the source of all things, regardless of whether we call it ‘spirit’ or ‘life force’. From the initial questioning we have come to all the Gnostic philosophies, to the religions of the East as well as to the great monotheistic religions in which, albeit from different angles, the great mystery of life is praised, this is also the requirement of ecology that always takes into account the delicate balance of all vital manifestations. I have often found myself describing man’s need for spiritual expression as the birth of the first virtualization. Through thought and intellectual speculation virtuality, imagining, assuming true on the basis of a thought (of a belief) has arisen and this projection, a specific human ‘vis’, is perhaps also present in the rest of the living, maybe? For example, in the theories of karma, the individual life of beings is described as an evolutionary path that starts from a spark of intelligence which then differs into myriads of forms, sometimes opposed, which are however closely linked to each other. and in continuous ascent towards the same purpose. This unity that has never failed even during the so-called “karmic path” but due to illusion, or the virtuality of thought, appears disjointed and imperfect (and therefore perfectible?). From the material point of view, profound ecology is an aid to understanding that there is no back or forth in the general context of life that is not strictly consequential, that does not share the same basic substance and therefore is impossible to separate, on pain of the extinction of life itself.

And now a question: how would we live on this Earth if we all decided to retire as a hermitage, to return to earth as they say in the jargon, without immediately upsetting, definitively destroying, the already precarious balance of this planet? The Earth is now home to several billion people, mostly gathered in urban areas, it is true that several animal species are in sharp decline but on the other hand many of those domesticated by man (essentially for purposes of pleasure or emotional deficiency) exceed in number the humans themselves and like humans living in cities they too are concentrated in large farms. If each of us were to go to live in the countryside, imagining an egalitarian society, we would perhaps have no more than two hundred meters of land available each without counting the desert areas, glaciers, high mountains, if we also wanted to bring with us our “pets” we should share that small space with dogs and cats, then if we wanted to eat meat we should further divide our house with sheep, cows, rabbits, pigs, etc. It is easy to imagine the throng that would be created in our two hundred square meters of land, not only but how could we produce enough food in that small garden for all the members of our personal rural community? It goes without saying that this type of choice is unthinkable for the masses as well as, for other even more serious reasons, it is unthinkable that life can continue for a long time on the planet if we continue to exploit resources to meet the paroxysmal consumption needs of large urban agglomerations.

The lemmings, that people of rodents that in case of overcrowding periodically emigrate en masse, have already embarked on their final journey (which, as we all know, ends up in the icy waters of the North Sea) to rebalance nature. In part, such self-destructive behavior is also taking place in our society, with the increase in wars, suicides, perversions, and stupidity. But it is still not enough to find that natural balance of survival and this is because man has the arrogance to consider himself a being “superior” to other species and therefore every solution must include the continuation of the game currently in the program and that is the fixity of our species as dominant.

But at this point I re-insert the concept of “natural or secular spirituality”. To tell the truth, this spirituality cannot at all resemble the previous religious spirituality but must necessarily take into account the vital context in itself, that is, ecology. An ecological spirituality in which imaginary purposes are not pursued (paradises, hells, etc.) but in which one deals exclusively with the present state of existence. An ‘individual’ awareness of how it is possible to rebalance the context of life without believing that ours is a function of control, domination (or subjection to a hypothetical divinity other). Each of us should from now on face his personal survival course knowing that everything we steal today will surely have to be paid tomorrow, this in the case of the surplus, while if our breathing, eating, living is part of the whole of living, breathing, eating every other living being we could finally enjoy life, without having sins to atone, without having to abandon our urbanized and highly social way of life which – obviously – except for the famous rebalancing we have mentioned, has contributed to the flowering of this beautiful species of ours.

In this phase of man’s millennial history, we have privileged the secondary, the superfluous, to the detriment of the primary, namely food, water, air. It is important for us integrated human beings to analyze the reasons for this diversion. A misdirection that was undoubtedly necessary to discover the value of abstract theses such as art, writing, aesthetics, ethics, but which cannot continue to occupy all the possible space of our existence. For example, we must be aware of the effort and the profound meaning inherent in the research and production of our daily food.

I now describe the historical excursus on our evolution. The history of man is very simple and reflects the four fundamental changes in life. Man in his evolutionary race makes four seasonal leaps. At the beginning he sucks the milk, at the base of the milk there are vegetables and meat and this becomes his food, then still beyond there is the earth and here is the man who devours it but beyond the earth there is the spirit and man feeding on “spirit” completes another cycle of spiral in the ladder of evolution. This symbology can be translated as follows: milk represents the moment in which humanity places itself reverent towards the nurse, nature, who takes care of it and supports it in its womb (we could say that it corresponds to the moment of “earthly paradise”); then takes over the ability to self-sustain and to resort to appropriate technologies to derive nourishment from oneself (corresponds to the moment of the patriarchal foundation); therefore, here is the moment of maximum technological and social development in which man tends to devour, to consume, even the earth that supports him (the moment of consumerist decadence and of scientific religious idolatry); finally, the moment of undifferentiated consciousness comes, man is touched by the “spirit”, penetrates it and finds his primal unity (corresponds to the original quid, to self-awareness), the cycle is repeated step by step. It is evident that this historical moment is marked by a great leap between the height of ideological or religious materialism and that of a return to non-dual awareness.

How can we deal with apparently diametrically opposed conditions or contingencies? First of all there is one thing to consider: the evolutionary drive in man is not induced by mass ideologies, mass thought serves only to maintain the psychophysical compactness of the species, the index of change is always and only represented by forms thought, pseudopodia, which radiate towards possible evolutionary outlets, these pseudopodia represent only a very small percentage of the mass, they are minorities … .. The two minorities currently in antithesis, in the “program” of development of human intelligence, are represented on the one hand by the individual centralization of power (self-foraging ideological and economic lobbies) and on the other by a sneaky network of small people who emanate thought forms connected to the whole (a sort of universal syncretism). they manifest at the same time both in the span of a single individual life and in seasons or historical waves, cosmic eras. It seems to me that this moment of transition, between one human condition and another, is dedicated to the destructive aspect of every superstructure of thought, a zeroing of pre-established canons. In fact, today as never before, the drive to get out of the established patterns causes a seismic state of mind (psychic shocks) to the body-mass of humanity. It would be enough to know that, as happens in the self-realization process, every single cell of the human social body must be touched and must be able to individually perceive the real evolutionary possibility in progress. And while the egocentric tendency acts on the mass with mechanisms of forced aggregation (see information standardization), on the contrary, the “increase” of consciousness takes place on individual emotional levels. We must be aware of this when, as precursors, we propose a bioregional approach that certainly cannot use the counterpart’s means but must nevertheless understand them organically and evolve from there. Only in this way can the sense of difference dissolve and consciousness can re-find its space. The inside of man is still a whole world to explore but also the outside is just as infinite and unknowable. For this reason, the middle way is always proposed, moderation, as the only possible way for the continuity of the species. Integral non-dual awareness does not divide. It is for this reason that in the ecology of the depths and in secular spirituality the return to the Earth is told, listening to its message, thus reaching that integration with it. Enjoying the silent joy of life, here and now. A joy that has no construct, no cause, no mechanism to satisfy, no possession, only it is…. It is called existence.

But beware … this vision does not hypothesize a return to primitivism but rather identifies the opportunity for a rebalancing in the current conditions of advanced society. The continuity of our society, as a human species, requires an evolutionary key, a global understanding, through which to open our mind to the awareness of sharing with the entire planet (perhaps it would be better to say with the universe) the experience life. This is the science of the inseparability of life. It follows that even the human economy can and must take this vision into account in order to initiate a technological progress that is not opposed but is in tune with life processes. Science and technology in every field of application will have to answer the question: “Is this ecologically and spiritually compatible?” The machinery, the energy sources, the disposal of by-products, as well as the sociability and culture, must be made in terms of sustainability. If this stimulus manifests itself in the human mind, then a rapid process of industrial and agricultural reconversion and requalification will be required, which in itself will be able to support the economy. In fact, the “ecological reconversion” alone will favor the overcoming of the current state of “enpasse”, giving a great boost to economic and social development. A great revolution including our making peace with the planet and with the living beings that inhabit it.

Paolo D’Arpini

Italian Bioregional Network – bioregionalismo.treia@gmail.com

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