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LA VITA FRAGILE PUO’SOMMERGERE IL NEGATIVO

LA VITA FRAGILE PUO’SOMMERGERE IL NEGATIVO

XXI secolo: difficoltà con la nuova moneta, intellettuali che fanno i girotondi sulle piazze, contingenti militari mandati come nostro contributo alla esportazione della democrazia, colpi di coda del terrorismo brigatista con l’uccisione di Marco Biagi, schianto di un monomotore svizzero contro il grattacielo Pirelli di Milano, infanticidi che riempiono la cronaca, delitti e corruzione di ogni sorta. In crescendo nei successivi anni le tragedie, soggettive e collettive, quasi a rimpiangere quel Novecento che di eventi drammatici ne annovera tanti.                                                     E trasformazioni epocali: sempre più cose cominciano ormai a dipendere da noi, salute e speranza di vita, oppure lo spazio e anche il clima, e intanto digitalizzazione e internet dominano producendo nuove diseguaglianze. E, al chiudersi del secondo decennio di un millennio che sembra non far sperare granché di buono, un virus di provenienza ancora incerta invade, è potentissimo nel colpire in ogni parte del globo i presuntuosi esseri.                                                                                            L’umanità è ovunque costretta al lockdown, blocca la vita, quella che era la normalità della vita, pur negli infiniti aspetti di anormalità. Alcuni cominciano a capire che non tutto dipende da noi, in quanto siamo poi noi a dipendere dalle cose che abbiamo reso dipendenti da noi. Ciò non vuol dire, però, che si impari la lezione: i mortali non pensano di essere mortali, quindi non imparano neppure dalle pandemie.                                                                  Si riapre alfine, ma la cosiddetta spada di Damocle, nonostante l’impegno vaccinale, ancora pende su tutti: il virus invisibile qua e là rimbalza mutando forma, ricompare, infetta mostrando ovunque il suo potere invincibile.                                                                            Cerebra  in schizzo: esseri umani sempre più “arance meccaniche” pronte ad esplodere, e il cimitero del buon senso s’allarga a dismisura tra incertezze e paura.                                                               Vinti? No! Nell’eterna lotta tra vita e morte è sempre la prima a cantare poi il peana, al pari delle età passate torna a vincere, si veste di cultura e d’arte, e di esse l’Italia abbonda. Gran fermento per la ripartenza di ogni attività, a iniziare dallo sport, da mostre e centri culturali volti quest’anno a celebrare anche il settimo centenario della morte di Dante Alighieri, e poi spettacoli e iniziative in ogni campo, di tutto un mondo che è anche divertissement. Scompare il silenzio assordante di dolore, la vita s’ammanta della bellezza della creazione che tutt’attorno avvolge, di quella dagli stessi esseri umani creata nel corso dei millenni.                                                                                             Nonostante tutto, la vita ritorna ad essere vita, è sì di una difettosità ancor più difettosa a causa di ciò che ha subito, anche del pensiero che ha abbandonato il rigore, entrando in uno sconvolgimento che è opposizione al precedente umanesimo, eppure proprio con esso può avviarsi al possibile recuperando il concreto attraverso il virtuale.                                                                                                                          Secondo Michel Serres, il novantenne saggista membro dell’”Académie Française” autore de “Il mancino zoppo” (prima edizione 2016), l’essere pensante non può fermarsi, continua ad avanzare anche se oggi pensa senza rigore. Ha abbandonato il metodo, procede sì di traverso, un po’ sghembo, zoppo quindi e mancino, ma con la stessa possibilità di inventare sé stesso nel futuro. Essere nel mondo con mancinismo e zoppia è per Serres l’unica possibilità che abbiamo oggi di proseguire, e non è detto che manchi l’estro. Ce lo dice chi ha percorso tanti decenni, chi meditando molto è giunto alla convinzione che dal metodo non nasca niente di risolutivo, che valga molto questa età ch’egli definisce “dolce” perché impara a pensare come i fiumi e le turbolenze, gli oceani, le correnti marine… le burrasche e le bonacce, le nuvole e i venti. Una volta il sapere si divideva o si classificava per continenti, mentre ora si mescola e fluttua come i mari inclassificabili, le cui molecole fanno continuamente il giro del mondo; ogni goccia proviene da tutte le acque, e va verso di loro; ogni pensiero scaturisce da tutte le parti, e vi ritorna.                                                                             La vita fragile può forse imparare a sommergere il negativo.

 

Antonietta Benagiano

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