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Lettera aperta al ministro della Salute, on. Roberto Speranza

Lettera aperta al ministro della Salute, on. Roberto Speranza

 

 

Preg.mo on. Ministro della Salute,

 

 

dallo scorso gennaio è in vigore la seconda legge Calabria sulla sanità calabrese, ad oggi inattuata. Nelle prossime ore si riunirà il Tavolo interministeriale di verifica del Piano di rientro dal disavanzo sanitario calabrese. Sarà una seduta priva di senso, perché il commissario alla Sanità regionale e i due sub-commissari che lo affiancano non hanno ancora adottato il Programma operativo di prosecuzione del Piano di rientro e non si capisce che cosa stiano aspettando in proposito. Perciò non potranno essere sbloccati i 60 milioni che per il 2021 il governo ha stanziato in favore della Calabria, finalizzati ad assumere in via straordinaria e rapida i medici, gli infermieri e gli Oss di cui ospedali e Territori hanno bisogno come il pane.

Nella stessa legge Calabria c’è una norma molto chiara. Essa impone la decadenza dei commissari aziendali che entro 90 giorni dalla nomina non abbiano approvato i bilanci degli anni scorsi. Di conseguenza, alcuni di loro sono già decaduti e vanno avanti, a quanto pare, in virtù di una lettera del suo capo di segreteria, Ministro. Anche mio figlio, che è un bambino, sa che una lettera non può scavalcare una legge.

Da ciò si evince che il governo perde tempo, crea confusione e non vuole accertare le reali situazioni di bilancio delle aziende del Servizio sanitario calabrese. I fatti contano più delle parole. Accertare le perdite di bilancio significa anche colpire i responsabili di sprechi, disordini e conti sballati, che non possono restare impuniti. Ed è evidente che questo accertamento non possono farlo coloro che negli anni hanno prodotto buchi, disastri e problemi contabili, peraltro più volte evidenziati dalla Corte dei conti.

Ho l’impressione che il governo utilizzi come paravento, se non come capri espiatori, i commissari aziendali che ha nominato di recente. A costoro non si poteva né si può chiedere di approvare bilanci che non sono stati mai chiusi in quattro, cinque, sei, sette, otto anni. L’Asp di Reggio Calabria non è l’unica azienda sanitaria ad avere simili difficoltà, che sono sistemiche. E mi dica lei, Ministro, con tutti questi bilanci arretrati come si può riorganizzare e programmare i servizi. Davvero scherziamo?

Il governo sa benissimo che non può pretendere ulteriori esborsi dai calabresi, i quali già pagano la loro quota salatissima di compartecipazione, ma per colpe e servizi che non hanno. Quindi l’andazzo è innegabile: tirate a campare, in attesa che passi la nottata, nella distrazione generale dell’estate.

Urge immediatamente modificare quella norma sulla decadenza dei commissari aziendali. Inoltre, tramite soggetto terzo bisogna accertare lo stato dei bilanci degli ospedali e delle aziende sanitarie della Calabria. E a riguardo i soldi ci sono. Al contrario, il persistente teatro politico non porterà alcun beneficio e, con il rischio di una nuova ondata del Covid, peggiorerà i servizi, farà aumentare l’emigrazione sanitaria e manderà il sistema in tilt.

Non dica che non gliel’avevo detto: lei ha il dovere morale e istituzionale di intervenire e di far cessare l’immobilismo dominante, anche per sbloccare i 60 milioni che il governo ha stanziato per le assunzioni a tempo indeterminato.

Lei sa bene, onorevole Ministro, che negli ospedali calabresi si va avanti a prestazioni aggiuntive, che si stanno ripescando i medici pensionati, che i costi pubblici aumentano e che diversi reparti ospedalieri, come la Pediatria di Corigliano, rischiano la chiusura per mancanza di personale.

Stavolta mi aspetto una sua risposta nei fatti, perché la Calabria non può più essere trattata come terra di confine o come serbatoio di voti, come luogo irrecuperabile, come regione di baratti di potere, come girone infernale dantesco.

Nella speranza che lei si attivi e che le mie parole la scuotano, la saluto con rispetto e non le nascondo la mia sofferenza personale per come, da cittadini calabresi, veniamo dimenticati e abbandonati dal governo dei cosiddetti «migliori».

Francesco Sapia

deputato della Repubblica

 

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